Ebola: è davvero necessaria la quarantena?.
Di Chiara Palmerini.
Per il chirurgo Paolo Setti Carraro e l’ostetricaChiara Maretti il ritorno in “libertà” è avvenuto mercoledì: dopo 21 giorni in isolamento, i due operatori rientrati dalla Sierra Leone sono tornati alla vita normale. A Vicenza, l’attacco cardiaco e il ricovero in un normale reparto di cardiologia di uno dei militari americani in quarantena nella caserma di Vicenza è stata l’occasione per sollevare dubbi e polemiche: violato l’isolamento? I medici che curano l’uomo corrono rischi? La questione della quarantena per gli operatori sanitari di ritorno dai paesi in cui è in corso l’epidemia di Ebola pone problemi inediti su cui si è creata una gran confusione.
In teoria, la quarantena non è necessaria, né richiesta. La circolare del Ministero della Salute in materia di gestione di Ebola parla chiaro: per i “contatti”, le persone che siano state esposte negli ultimi 21 giorni a un caso probabile o confermato di Ebola, ci sono tre livelli di rischio. Il più basso è quello delle persone che hanno condiviso uno spazio confinato con un malato di Ebola, per esempio i passeggeri di un aereo su cui viaggiava un malato, senza aver toccato il suo sangue o materiale biologico. Oppure gli operatori sanitari che hanno avuto a che fare con pazienti indossando gli equipaggiamenti di protezione, quelle che ci siamo abituati a vedere nelle immagini. Per i contatti a basso rischio, tra cui rientrano medici e infermieri, non è prevista nessuna misura particolare, a parte le informazioni sui sintomi della malattia (che ovviamente i medici hanno già ben presente per conto loro) e la raccomandazione di non prendere farmaci che potrebbero eventualmente mascherare un inizio di febbre (paracetamolo per un mal di testa, tanto per dire).
A dire il vero, un rapporto tecnico dello European Centre for Disease Prevention and Control di fine ottobre classifica gli operatori sanitari che hanno lavorato con pazienti di Ebola come adalto rischio, data l’esposizione continuativa al virus. Su come gestire i loro casi, però, si limita a dire che l’isolamento volontario o imposto è da prendere in considerazione solo per i casi “molto ad alto rischio”.
Confinati in casa.
Fin qui la teoria. Nella pratica, però, è capitato che a persone come il medico di Emergency rientrato in Val d’Aosta dalla Sierra Leone, (che non ha voluto rilasciare dichiarazioni sull’argomento) sia stata imposta la quarantena a casa. Sia Emergency sia Medici Senza Frontiere, le due organizzazioni che in questo momento hanno il maggior numero di operatori sanitari dall’Italia nei paesi colpiti dall’epidemia, stanno cercando di capire come regolarsi. "La nostra posizione è chiara: bisogna farci guidare dalla scienza, non dalla paura, men che meno da strumentalizzazioni politiche" dice aPanorama.itCecilia Strada, presidente di Emergency. "Ci sono cose ovvie che però, a quanto pare, è necessario ripetere: la salute del personale e delle loro famiglie, oltre che del resto delle persone, è la nostra priorità. Siamo i primi a non sottovalutare il problema".
A tutti gli operatori sanitari che lasciano i paesi dove è in corso l’epidemia e rientrano in Italia viene fatta una valutazione del rischio, condivisa anche con il Ministero della Salute. Se, come è capitato per il medico valdostano, non c’è alcun motivo di temere che possa esserci stato un contagio, i protocolli permetterebbero che tornasse tranquillamente alla sua vita, ovviamente segnalando immediatamente febbre o altri disturbi. Anche nella remota possibilità che si fosse ammalato, finché non ci sono sintomi eclatanti come diarrea, vomito o sanguinamenti, il paziente non è comunque contagioso per gli altri. La posizione di Medici Senza Frontiere è identica: "le misure di quarantena forzata per gli operatori umanitari asintomatici di ritorno dalle aree colpite dal virus Ebola in Africa occidentale non sono fondate su alcuna base scientifica".
L'autonomia degli enti locali.
Il problema è che gli enti locali hanno un certo grado di autonomia sulla salute pubblica per cui un sindaco o una Asl possono decidere, nonostante la circolare del Ministero della Salute, di ordinare una quarantena. Una volta che mette piede in Italia, con una valutazione del rischio identica, può capitare che a un medico in una regione venga imposto l’isolamento e un altro sia libero di circolare e fare la sua vita. Nelle prossime settimane, quando diversi altri medici e infermieri rientreranno dall’Africa, qualche decisione dovrà essere presa.
Emergency ha al momento una ventina di operatori al lavoro su Ebola, 27 sono in missione con Medici Senza Frontiere e cinque con Cuamm, Medici per l’Africa.
Per le organizzazioni è importante essere in grado di dire a chi parte se, una volta conclusa la missione, potranno tornarsene a casa tranquilli o dovranno sottostare a misure di isolamento immotivate. Questa incertezza può essere scoraggiante anche per chi ha le migliori intenzioni. "Se i medici smettono di partire, questa epidemia non la fermiamo più" dice Strada. "Io mi aspetterei che chi rientra venisse accolto con riconoscenza, non come un untore".
Anche perché va contro tutto quello che finora si sa su questo virus, che è pericoloso, ma anche prevedibile.
Chiara Palmerini.