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Mulve, troppo bello per essere vero.

Darà il colpo di grazia all’industria discografica o è un bluff clamoroso? Intanto, i download superveloci di Mulve.com spopolano… A leggere i primi commenti e recensioni la prima cosa che viene in mente è: troppo bello per essere vero.

Mulve.com promette mp3 superveloci e di buona qualità, gratis e senza le attese spesso lunghe di sistemi p2p come eMule o BitTorrent. Con il vantaggio del non dover condividere nulla, di non essere basato su tecnologia peer-to-peer e di non (così pare), comportare alcuna responsabilità per gli utenti (che restano anonimi e - non rimettendo a loro volta a disposizione i file - non diventano “corresponsabili” del filesharing come accade in altri sistemi).

Sembra l’uovo di Colombo, il jukebox celestiale sognato dagli utenti (ok, c’è Spotify ma non per tutti; perdi più Mulve è gratis) oltre che la nemesi definitiva delle case discografiche vecchio stile, e la morte del copyright.

Siamo sicuri che sia davvero così? Mulve afferma di avere una decina di milioni di brani disponibili, e forse è vero. Per gli utenti sembra un paradiso: solo un piccolo download, niente spyware dubbio (anche se ci sono dei banner pubblicitari), nemmeno occorre registrarsi. Nel file .zip oltre al programmino c’è solo un file testuale che suggerisce di fare una donazione. Per ora Mulve ha bisogno di 500 dollari per andare avanti. Mentre scriviamo ne ha già messo rapidamente insieme più della metà.

C’è il pregio di leggere il bitrate e di avere in media meno spazzatura (e niente trojan o virus) della maggior parte dei sistemi p2p. Ma ci sono pure momenti in cui il software fa le bizze e vi dirà “No results” anche per i nomi più popolari. Per fortuna, basta chiudere e riaprire il programma, ed ecco ricomparire i risultati.

In Mulve, che si presenta come “music discovery program” non troverete film, immagini, software ma solo musica. A patto che riusciate a scaricarlo, il client. Già, perché periodicamente Mulve.com ha problemi. Sarà il troppo, improvviso successo. Va beh. C’è anche un’immancabile pagina di Facebook.

Il servizio conta di restare gratuito e di supportarsi con la pubblicità; anzi ha già persino degli inserzionisti. La velocità? Stellare. Andiamo nell’ordine delle centinaia di Kb al secondo, per cui in mezzo minuto al massimo avrete qualsiasi brano musicale. Una velocità del genere nei normali sistemi p2p è impensabile per molte cose. In eMule forse è valida per la musica più popolare del momento. In BitTorrent e soci, forse, per i film pornografici di maggiore successo. Non essendoci seed o comunque condivisione, il sistema è democratico: tutto verrà scaricato alla stessa, alta velocità (nel p2p appunto un brano raro magari esisterà solo in una copia o due).

Sarà vera gloria? Abbiamo qualche dubbio. La legalità resta al momento incerta, e qualche azione potrebbe essere tentata. Mulve non è rintracciabilissimo: il domain è registrato tramite un proxy (Protected Domain Service di Denver, Colorado; il loro sito sembra però defunto). Quindi non sappiamo da un semplice “whois” chi ne sia il titolare e dove si trovi. Però l’autorità preposta con apposito mandato potrebbe accertare quanto sopra e bloccare il sito .com e la distribuzione del client.

Ma il problema è che per allora il client sarà già altrove. Duplicato su siti e sistemi peer-to-peer tradizionali. Rinominato, modificato, ridistribuito. E se i server sono davvero in Russia come si dice (e come sembrano confermare molti titoli in caratteri cirillici che compaiono in fase di ricerca) la cosa si complica. In quel paese le case discografiche hanno perso la battaglia con siti come Allofmp3.com già anni fa. “Buchi” nella legge russa consentono una sorta di pirateria legalizzata, con licenze collettive emesse da un paio di enti che poi dovrebbero pagare artisti e discografici (ma non lo fanno). Mulve potrebbe appoggiarsi a loro, e si entrerebbe in un circolo vizioso.

Alle case discografiche ormai fuori tempo massimo consigliamo di tirare fuori tutto il back catalogue e di metterlo in rete a prezzi accessibili e non superiori ai canonici 99 centesimi a brano (ma anche di non esagerare verso il basso: gli utenti si sentiranno presi in giro e smetteranno di pagare del tutto: ci riferiamo a certe offerte speciali viste su iTunes, che onestamente sembrano offensive verso chi ha in precedenza acquistato un album a prezzo pieno…). Se tutto va bene, Mulve sarà un’altra moda passeggera. Dopotutto, per esempio, i nomi dei file sono manipolati o imprecisi, talvolta compaiono gli ostici caratteri cirillici; la qualità dei file non è sempre la stessa. In altre parole, se il mercato statunitense - che poi è quello dove si gioca la partita - avesse per le mani uno Spotify, molta gente non avrebbe motivo di andare su Mulve per copie non autorizzate.

Una piccola scommessa: tra un po’ di tempo in casa Mulve finiranno soldi e inserzionisti e il sistema non reggerà più. Se reggerà, significa che dall’altra parte non si fa ancora abbastanza per far capire alle persone che esistono alternative decenti, economiche e legali.