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Il Progresso

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Numero 10 del 2013

Titolo: Religione- «Francesco porterà la Chiesa ad amare i poveri»

Autore: Annachiara Valle


Articolo:
(da «Famiglia Cristiana» n. 38-2013)
«L'opzione preferenziale per gli ultimi è scritta nel Vangelo», dice l'ottantacinquenne sacerdote peruviano. «Il Pontefice si comporta in questo modo perché lo ha letto e compreso»
Il gigante della teologia è un nonno minuto che cammina svelto con il suo bastone. Gustavo Gutiérrez, il fondatore della Teologia della liberazione (che ha appena pubblicato il volume «Dalla parte dei poveri», Emi), sorride divertito e ripete: «Quando il Papa si è affacciato dalla finestra la sera della sua elezione sono stato molto colpito dalla sua semplicità. Quella notte è stata una grande esperienza spirituale. E poi quando ha spiegato il suo nome e ha parlato subito dei poveri ho pensato che il Papa ama i poveri perché ha letto il Vangelo e l'ha compreso, perché l'opzione preferenziale per i poveri è scritta nel Vangelo. E' Dio che ci dice che i poveri vanno amati per primi».
Si può dire che papa Francesco sia vicino alla Teologia della liberazione?
«Può darsi che abbia letto di Teologia della liberazione, ma è secondario. E se l'ha aiutato a cogliere questa importante prospettiva cristiana dell'opzione preferenziale per gli ultimi tanto meglio. Ma la radice non è mai in una teologia, ma nelle fonti. E le fonti ci dicono che se non si amano per primi i poveri non si è cristiani».
Il Papa ha subito parlato di una Chiesa povera per i poveri. Cosa ne pensa?
«La sfida dei poveri è da tempo presente nell'orizzonte della Chiesa. Basti pensare ai martiri che abbiamo sperimentato in America latina, a cominciare da vescovi come monsignor Angelelli in Argentina, monsignor Romero in Salvador e monsignor Gerardi in Guatemala, e ai tantissimi laici uccisi. Ma quella della povertà non è solo una sfida per la Chiesa latinoamericana. Papa Francesco ha dimostrato il proprio interesse per il mondo dei poveri, e costruire «una Chiesa povera per i poveri», come egli ha detto di desiderare, è una grande sfida per tutti».
Come dovrebbe cambiare la struttura della Chiesa per andare incontro a questa prospettiva?
«Nel dire che la povertà è una sfida molto grande è implicito che ci siano cambiamenti da operare. Si tratta di essere più attenti alla realtà del mondo della povertà e affermare con maggior forza in ciascun Paese la necessità che i bisogni dei poveri siano la principale preoccupazione politica. Noi siamo vicini ai poveri, li amiamo, ma dobbiamo dire con forza che la povertà è male e che va combattuta. In diversi casi la Chiesa l'ha già fatto e lo sta facendo in tante parti del mondo, ma con questo Papa tutto ciò dovrebbe rafforzarsi. C'è molto da fare. Il problema della povertà è complesso, perché non si riduce all'aspetto economico, ma coinvolge, per esempio, la diversità culturale. Bisogna essere molto concreti e tenere conto delle realtà locali. Non oso proporre un programma di riforme per le Chiese di altri Paesi, anche se sono convinto che assumere la prospettiva degli ultimi, del povero, cambia molte cose nel comportamento dei cristiani».
Lei ha spesso sottolineato che è contraddittorio che un continente cattolico come l'America latina abbia tanti poveri. Perché?
«Dobbiamo intenderci sul concetto di cattolico, che non si riduce all'assolvere alcuni obblighi religiosi, che pure sono necessari. Se però tutto questo non è accompagnato dalla lotta per la giustizia non ha molto senso. Dobbiamo aiutare i poveri a essere attori del proprio destino, non prestare loro la nostra voce, ma far sì che possano parlare in prima persona, che possano riacquistare la dignità propria di ciascuno attraverso l'educazione e la creazione di un buon sistema sanitario. L'impegno per la giustizia sociale, per la dignità delle persone, per i diritti umani dovrebbe essere di tutti i cristiani. La Chiesa deve smuovere le coscienze, anche senza proporre programmi concreti, cosa che è invece compito della società civile e politica».



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