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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere dei Ciechi

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Numero 4 del 2014

Titolo: ARTE- Immagini da toccare: la storia di Juan Torre

Autore: Michele Novaga


Articolo:
Nasce in Spagna un progetto destinato a rivoluzionare il mondo della fotografia mettendola a disposizione anche dei non vedenti. Con "Immagini da toccare", le fotografie vengono stampate in rilievo grazie ad una speciale tecnica che mette in evidenza forme e particolari che possono essere percepite dai non vedenti toccandole con le mani.
"Il Corriere dei Ciechi" ha parlato con Juan Torre, fotografo professionista diventato cieco alcuni anni fa a causa di una rara malattia, per conoscere la sua storia e il suo progetto di integrazione che mira a unire vedenti e non vedenti. Che ora possono insieme e simultaneamente guardare una foto e commentarla.

Nonostante la malattia che ha colpito la tua vista lasciandoti solo un piccolo residuo visivo, continui a lavorare come fotografo. Come ci riesci?
Continuo a fare fotografie perché reputo questa cosa una necessità vitale; mi considero un fotografo per vocazione. È quello che sento e quello che so fare. E poi perché posseggo le tecniche che ho imparato quando lavoravo nei media avvalendomi dei progressi della tecnologia che in questo momento mi offre la macchina fotografica.

A cosa alludi quando dici che fai foto con l'orecchio?
Sulla mia macchina ho attivato degli avvisatori acustici che suonano durante un autofocus o una stabilizzazione di immagine. E per questo sono solito dire che faccio foto con l'orecchio. Scherzi a parte di solito uso un teleobiettivo lungo che mi aiuta molto per farmi inquadrare le foto che voglio scattare.

Come è cambiato il tuo modo di lavorare e naturalmente la tua vita da quel momento?
Da sempre l'immagine è la mia vita: ho studiato giornalismo all'università e quando cominciarono i problemi alla vista lavoravo come redattore grafico. La malattia che mi ha colpito si chiama sindrome di Behcet e provoca emorragie agli occhi che si ripetono nel tempo provocando lesioni alla vista che poco a poco portano alla cecità. A me è rimasto un residuo di vista del 6% nell'occhio sinistro.
Per me è stato uno shock perché pensavo che non sarei mai più potuto tornare a fare foto. Ci ho messo molto ad accettare la nuova realtà, ad assimilarla e ad adattarmi alla nuova situazione e ora diciamo che faccio delle foto più controllate e pensate che studio nella mia mente prima di farle. E la stessa cosa mi capita anche per strada: vedo le inquadrature possibili, la composizione della foto prima di scattare. Con le mie foto continuo a raccontare cose e a esprimermi. Anche se lo faccio in un altro modo.

Da poco hai dato vita al progetto "Immagini da toccare". In che cosa consiste?
Il progetto è una forma trasgressiva di guardare e di avvicinarsi alla fotografia per superarsi e per avvicinarsi alla fotografia con le mani avanti. È una sfida che consiste nello sviluppare una nuova tecnica di stampa che mette in rilievo alcuni particolari della fotografia grazie anche ai progressi tecnologici raggiunti. Tecnicamente le fotografie di grande formato si stampano su un pannello di Dibond con colori a ultravioletti che si trasformano seccandosi in polimeri plastici e che conferiscono alle immagini un rilievo. Questo fa sì che le foto possano essere toccate e "guardate" attraverso le dita.

"Immagini da toccare" può diventare una forma artistica capace di unire ciechi e vedenti che possono nello stesso momento vedere e analizzare la stessa foto apprezzandola insieme?
Diciamo che l'idea che un'immagine si potesse toccare è nata dalla mia condizione visiva. Volevo che i miei amici dell'Organizzazione Nazionale dei Ciechi Spagnoli che si chiama Once apprezzassero il mio lavoro e che potessero capire le mie fotografie per poterle condividere e commentare con altre persone. Per questo l'immagine è divenuta forma e la forma rende possibile la conversazione davanti ad una fotografia: tra non vedenti, tra vedenti, tra coloro che posseggono una buona vista e coloro ai quali non resta che un residuo visivo. Immagini per tutti, appunto…

Siamo davanti ad una rivoluzione nel campo della fotografia e soprattutto dell'inclusione?
Non ci sono dubbi sul fatto che il progetto sia nato con una vocazione di inclusione che poi, sfiorando due mondi che fino ad ora avevano pochi punti in comune, ha finito per farli incontrare.
Trovo molto gratificante e molto importante il fatto che le persone non vedenti mi raccontino che hanno visto un ritratto fotografico o che esprimano la propria opinione su una composizione fotografica. È un passo in più sulla strada della normalizzazione e della parità di opportunità.

Chi sono i soggetti delle fotografie?
"Immagini da toccare" è l'inizio di un progetto che permette di passeggiare con le mani su differenti ritratti come quelli, tra gli altri, di Mikel Erentxun, Fito, Ainhoa Arteta, Kepa Junkera, Benito Lertxundi y "El Drogas", cantante di Barricada, Luis Eduardo Aute, Miguel Ríos, Luz Casal, i componenti di Barón Rojo, Rosendo, Paco de Lucía, Joe Satriani, Sonny Émory, il pianista Herbie Hancock, Paquito D'Rivera, il bassista Ellen Whitman y Steve Lukather. Ma immagini da toccare è anche un gioco di parole che in lingua spagnola suona così: "Músicos que tocan e imágenes que se tocan" (musicisti che suonano e immagini che si possono toccare, ma in italiano la traduzione non rende l'idea). Un doppio senso che rende questa esposizione fotografica ancor più unica dato che c'è una serie di complicità e connessioni tra le immagini e il mondo della cecità che può essere scoperta dal pubblico.

Avete portato il progetto in tante città?
Per ora soprattutto in Spagna (a questo link si trovano tutte le precedenti esposizioni: http://www.imagenesparatocar.com/?page_id=7): a Valencia, Zaragoza, al museo Tiflologico della Once a Madrid. E poi a Bilbao, a Cordoba, alla Fnac del Callao di Madrid. Ma si sta espandendo a poco a poco anche all'estero. Di recente ho avuto l'opportunità di partecipare all'Unity festival dell'Hijinx Theatre Millenium Center di Cardiff in Galles.

E in Italia? Volete portarlo anche da noi?
L'idea di portarlo anche in Italia e di farlo conoscere a tutti coloro a cui piace la fotografia anche nel vostro paese mi piace tantissimo. Diciamo che il nostro è un progetto universale e spero che con il vostro aiuto si possa riuscire…

Un'organizzazione senza scopo di lucro con fatturati miliardari.
La potente organizzazione spagnola ONCE è un ente di diritto pubblico fondato nel 1938. La sua mission è quella di migliorare la qualità della vita delle persone non vedenti e con deficienze visive gravi in tutto il territorio spagnolo e attraverso la Fundación Once di tutte le persone diversamente abili. La sua principale fonte di finanziamento è quella del gioco responsabile (lotterie) e offre servizi sociali come offerta di lavoro, formazione, educazione, riabilitazione, sport e cultura. Un'istituzione tanto radicata in Spagna da avere numeri da multinazionale. Sono infatti 84.955 i posti di lavoro creati dalla Once e dalla sua fondazione negli ultimi 20 anni, il 97,6% dei quali offerti a persone con disabilità. Nel solo 2012 la Once impiegava un totale di 57.168 dipendenti diretti. Ascende invece a 2.328 milioni di euro il suo fatturato.

Da Israele suoni trasformati in immagini.
Finora sono stati condotti solo degli esperimenti. Ma l'Università ebraica di Gerusalemme conta a breve di mettere a punto un programma computerizzato che potrebbe permettere ai non vedenti di trasformare i suoni in immagini. L'équipe di ricercatori guidata dal professor Amir Amedi ha ripreso da alcuni anni un progetto con il quale, dopo sole settanta ore di allenamento, delle persone non vedenti passano dall'ascoltare semplici punti e linee al vedere vere e proprie immagini come facce e angoli di strade, a una risoluzione di 4500 pixel. Come? Una telecamera sulla testa collegata a un computer e a delle cuffie che scatta foto a un intervallo di secondi, consentirebbe ai non vedenti di muoversi autonomamente in ambienti a loro sconosciuti. Una svolta nella comprensione di come il cervello utilizza i nostri sensi: fino a ora, si credeva generalmente che l'area riservata alla vista venisse usata dai ciechi per acuire ad esempio il loro udito e supplire alla mancanza della vista. Ma i ricercatori dell'università di Gerusalemme hanno dimostrato invece che, quando vengono prodotti i suoni che generano le immagini, è proprio la parte della corteccia cerebrale responsabile della vista ad attivarsi.



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