Numero 4 del 2014
Titolo: SPORT- Di ritorno da Sochi
Autore: Carmen Morrone
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“Ogni edizione delle Paralimpiadi lascia una grande eredità: contribuisce a cambiare il modo di pensare alla disabilità", ha detto Phill Craven, presidente del comitato internazionale paralimpico alla cerimonia di chiusura dei giochi di Sochi. "Atleti, volontari, staff, pubblico, tutti quanti partecipano ai Giochi diventano dei motori di cambiamento", ha continuato Craven. "Lo sport dimostra che niente è impossibile. Hanno certamente contributo a questo obiettivo gli atleti con disabilità visiva. Pochissimi quelli non vedenti (B1, secondo la classificazione sportiva internazionale, che denomina B2 e B3 gli ipovedenti gravi e meno gravi). Fra questi ci piace ricordare il 24enne russo Stanislav Chokhlaev, 24 anni, cieco a causa di un incidente, che ha vinto due argenti nello sci nordico e un bronzo nel biathlon guidato da Maksim Pirogov. Il francese Thomas Clarion, 32 anni, che ha conquistato, insieme alla sua guida Julien Bourla, due medaglie di bronzo nello sci nordico e nel biathlon. Clarion che è anche un ottimo nuotatore, ha perso la vista a causa di una malattia progressiva. Quando non si allena lavora come fisioterapista. Si è sempre piazzata fra i primi sei posti delle classifiche finali, la tedesca Vivian Hoesch, 22 anni. Cieca dalla nascita, Vivian per hobby pratica arrampicata sportiva. A Sochi, con la guida Norman Schlee ha gareggiato nello sci nordico e nel biathlon.
Per gli atleti non vedenti, ogni gara è una sfida nella sfida: competono, infatti, insieme agli ipovedenti - poi un calcolo matematico accorda i risultati in base alla gravità della disabilità visiva - ma primeggiano i B2 e i B3, che fra l'altro sono la maggior parte dei partecipanti.
Fra gli ipovedenti, ricordiamo la russa Mikhalina Lysova 21 anni, alle Paralimpiadi di Sochi si è fatta conoscere dal grande pubblico per avere vinto ben 6 medaglie, 3 d'oro e 3 d'argento nel biathlon e nello sci nordico, categoria ipovedenti (B2). La sua guida è stata Alexey Ivanov. Campione di biathlon anche Vitaliy Lukyanenko, 35 anni, che ha vinto 4 medaglie: 2 ori, 1 argento, 1 bronzo. Anche Lukyanenko ha una disabilità visiva e gareggia nella categoria B3. L'ucraino a Sochi è stato guidato da Boris Babar. E Yon Santacana, spagnolo, 33 anni, che ha vinto una medaglia d'oro e una d'argento nello sci alpino, categoria B2, guidato da Miguel Galindo Garces.
Anche la squadra italiana comprendeva un atleta con disabilità visiva: Alessandro Daldoss, guidato da Luca Negrin. Entrambi reduci da importanti successi ai campionati del mondo, a Sochi non ce l'hanno fatta. Questo il commento di Alessandro, dopo la sua ultima gara a Sochi, il Gigante, dove il trentaduenne trentino ha perso lo sci sinistro nella parte alta del tracciato della seconda manche ed è caduto. "Ero troppo inclinato sull'interno e mi sono fatto sorprendere. Anche nella prima manche ho commesso un errore alla terzultima porta, altrimenti avrei potuto essere più a ridosso del podio" ha detto Daldoss. "Non ho grande rammarico perché ho dato sempre il massimo e pazienza se non è andata. Questa Paralimpiade è cominciata col piede sbagliato vista la caduta nella prima prova di discesa libera e da lì si è innescato un circolo vizioso. Ero qui a Sochi per provare a vincere quattro medaglie e sono convinto che avevo la possibilità di farlo, senza troppa presunzione. Un po' di dispiacere c'è, ma l'aver vinto la Coppa del Mondo quest'anno è stato comunque un risultato storico e difficile da ottenere, dato che bisognava essere costanti da agosto a febbraio. Non so ancora se ci riproverò tra quattro anni perché ho trentadue anni e quest'anno ho investito tanto per arrivare qui, prendendo anche l'aspettativa dal lavoro, senza percepire uno stipendio. Dovrò valutare come si evolve la situazione". Sicuramente continuerà la sua guida Luca Negrini, che pochi mesi fa era lo ski man della squadra azzurra: "È un'esperienza che mi è piaciuta moltissimo" ha dichiarato. "Sono stato catapultato in questa avventura ed in Coppa del Mondo abbiamo vinto tante medaglie, per cui sarebbe bello proseguire, sia con Alessandro, se lo vorrà, oppure con altri atleti".
Per gli azzurri una Paralimpiade da dimenticare: una spedizione di 35 atleti e zero medaglie. Nella precedente edizione, Vancouver 2010 sempre con una squadra di 35 atleti, la nazionale vinse 7 medaglie, tutte nello sci alpino e nordico. Gli italiani che gareggiavano nello sci alpino sono stati Alessandro Daldoss, Luca Negrini, Hansjoerg Lantschner, Christian Lanthaler, Nicolò Orsini, Andrea Valenti, Marco Zanotti, Ugo Bregant, Melania Corradini.
Nello sci nordico: Enzo Masiello, Francesca Porcellato, Pamela Novaglio, Giordano Tomasoni, Roland Ruep.
Quattro atleti per lo snowboard che a Sochi ha esordito come disciplina paralimpica (solo però per la categoria disabilità agli arti inferiori, lasciando a casa chi ha altri tipi di disabilità che potrebbero però essere ammessi ai prossimi giochi invernali, in Corea del Sud nel 2018). Hanno surfato sulla neve con i colori italiani: Giuseppe Comunale, Luca Righetti, Fabio Piscitello, Veronica Yoko Plebani.
Unica squadra - il curling italiano non era riuscito a qualificarsi per le Paralimpiadi di Sochi - quella dell'ice sledge hockey su cui è scesa l'ombra del doping il giorno prima della cerimonia d'apertura. Lo sledge italiano (ecco i nomi di Sochi 2014: Gabriele Araudo, Santino Stillitano, Gianluigi Rosa Condello, Bruno Balossetti, Gianluca Cavaliere, Roberto Radice, Werner Winkler, Rupert Kanestrin, Florian Planker, Christoph Depaoli, Nils Larch, Andrea Chiarotti, Gregory Leperdi, Valerio Corvino, Igor Stella, Andrea Macrì) è arrivato a giocarsi la semifinale conquistando il 6° posto.
"Questi Giochi sono stati una pagina buia, non immaginavamo un simile risultato" ha detto Luca Pancalli, presidente del Comitato italiano Paralimpico. "Mi sono incontrato con Tiziana Nasi, presidente della Federazione italiana sport invernali paralimpici con cui ho condiviso un paio di idee. A volte prendere uno schiaffo che ti fa cadere, ti aiuta a girare pagina".
È stato italiano il primo caso - la notizia prima della cerimonia di apertura - di doping con il giocatore Igor Stella dell'ice sledge hockey, come si diceva. Per quel che si sa, Stella ha dimenticato di dichiarare l'uso di una pomata per curare le piaghe da decubito che porta sulla confezione il bollino rosso con la scritta doping. Dopati o solo pasticcioni? "Ho parlato con Stella e mi sono reso conto che non c'era dolo, ma stupidità come qualsiasi ragazzo può commettere" considera Pancalli. "E ritengo che la pena sia eccessivamente severa. Adesso guardiamo avanti. Ai Giochi invernali di Pyeongchang (Corea del Sud) del 2018 dove vorrei prima di tutto che ci fosse una nazionale di 17enni, se verranno anche le medaglie meglio". Un primo segnale c'è già stato: il giovanissimo Andrea Valenti, sedici anni, di Torino, è stato scelto come portabandiera alla Cerimonia di chiusura, come segno del nuovo che avanza.
Le Paralimpiadi di Sochi sono entrate nella storia come i Giochi russi in tutti i sensi: oltre alla sede, sono stati palcoscenico delle vicende politiche fra Mosca e la Crimea, con la protesta della delegazione ucraina che alla cerimonia ha sfilato con un solo atleta, e perché la squadra russa ha vinto tutto. Con i suoi 69 atleti, ha vinto 80 medaglie, prima nel medagliere per i 30 ori, seguita da Germania (13 atleti) con 9 ori (in totale 15 medaglie) e Canada (49 atleti) con 7 ori (in totale 16 medaglie). Da segnalare l'Ucraina (23 atleti) con 5 ori (in totale 25 medaglie). La federazione russa ha vinto anche negli sport di squadra: medaglia d'argento nel curling e nell'ice sldege hockey, prima volta paralimpica della Russia, che nel 2013 aveva già fatto capire di che pasta era fatta vincendo il titolo di campione del mondo. Merito di Vadim Selyukin, 36 anni, che perse entrambe le gambe durante una missione militare in Cecenia, che attorno alla sua passione per questo sport del tutto sconosciuto in Russia e che lui vide una volta in tv, a Mosca riesce a creare una squadra.
È russo anche l'atleta che ha conquistato più medaglie d'oro, 6, è Roman Petushkov 36 anni, fuoriclasse del biathlon e dello sci nordico sitting. Risultati che non hanno sorpreso, Petushkov, bi-amputato a causa di un incidente stradale nel 2006, a Sochi si è presentato come campione del mondo in carica dello sci nordico. "Il mio rivale è il tempo, la mia forza è pensare alla vittoria, la mia debolezza è il cattivo umore", dice di sé. La storia del movimento paralimpico russo è piuttosto recente, la federazione russa è alla sua sesta partecipazione ai Giochi eppure è sempre in vetta al medagliere, anche ai Giochi estivi, a Londra 2012 seconda nel medagliere con 102 (36 ori). Con l'organizzazione delle Paralimpiadi ha portato fra la sua popolazione - le stime dicono che in Russia vivono 3 milioni di disabili e solo 1,5 % pratica sport - lo sport praticato da chi ha disabilità: la fiaccola, ad esempio, ha fatto tappa in 46 città portata da oltre 1.500 tedofori. A parte il villaggio paralimpico tutto accessibile che rimarrà al servizio della città di Sochi, i Giochi sono l'occasione per abbattere pregiudizi e stereotipi. Gli altri atleti che hanno vinto più ori sono due 20enni, la tedesca Anna Schaffelhuber, 5 primi podi nello sci alpino sitting, e la francese Marie Bochet 4 ori nello sci alpino categoria standing (Marie non ha mano e polso sinistri). La Paralimpiade non lascia un'eredità solo nel Paese che la ospita, ma è un forte traino per lo sport di base di tutti i Paesi partecipanti. I campioni se hanno carisma sono presi ad esempio, se hanno iniziativa una volta smessi i panni dell'atleta vestono quelli del coach per le nuove leve. È il caso del giapponese Taiki Morii, sciatore sitting, prima dei Giochi dichiarò: "Il mio obiettivo? Vincere la medaglia d'oro e iniziare ad allenare i giovani". Morii ha vinto l'argento nel super G - a 33 anni può bastare - adesso sotto con la seconda parte dell'obiettivo.