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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere dei Ciechi

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Numero 2 del 2015

Titolo: RICORDI- A Silvestro Banchetti

Autore: Giancarlo Abba


Articolo:
Il mio saluto a Silvestro Banchetti si sintetizza in questo: sono stato un allievo "lettore" dei suoi scritti e da quelli ho tratto non pochi insegnamenti.
Durante gli anni in cui era importante arricchire il curricolo con titoli (specializzazioni, corsi specifici ecc...) riferiti alle tematiche tiflopedagogiche non potevi non incontrare Silvestro Banchetti insieme ad altri maestri della tiflopedagogia.
Sono andato perciò a rivedere i miei appunti, le riviste che, ormai più di 30 anni fa, ho utilizzato per i miei studi.
Chi intraprendesse, oggi, un percorso conoscitivo delle problematiche educative dei non vedenti non può non leggere Silvestro Banchetti.
Basti pensare a "Annotazioni di tiflologia comparata" e "L'educazione all'autenticità e il recupero degli esclusi". E tanti altri testi concernenti riflessioni pedagogiche generali come "Scuola e maestri fra positivismo e idealismo"; "La persona umana nella morale dei greci"; "L'educazione alla democrazia e la pedagogia dell'impegno". Testi in cui, solo attraverso i titoli, si riconosce l'intellettuale che descrive l'impegno e la volontà culturale di difendere e mantenere "in focus" i più importanti valori della pedagogia, non incartati in un sapere statico ma visti come paradigma da declinare nella contingenza dei tempi che viviamo.
Così come la sua particolare propensione alle citazioni, dette più che altro non per un puntiglioso esercizio "retorico" ma come consapevolezza di voler dare solide radici letterarie o filosofiche a quanto andava esprimendo. Silvestro Banchetti ha sempre delineato orizzonti, non è mai "sceso" nella praticità della didattica o meglio della tiflodidattica, pur trattandola ampiamente a livello teorico, ma ha sempre delineato le mete e i perché il bambino non vedente, nel suo sviluppo cognitivo e umano, dovesse intraprendere determinati itinerari e non altri.
In tal senso il suo convinto appoggio alla chiusura delle scuole speciali è sempre stato orientato nella direzione della criticità in cui da un lato riconosceva con certezza alcuni valori della scuola speciale, testimoniati da indiscutibili successi ottenuti da tanti non vedenti nelle professioni e nella cultura, dall'altro evidenziava che ormai quei valori non erano più difendibili perché "la scuola speciale rischiava di non riuscire a dare al soggetto un'educazione [...] diremmo integrale". La sua attenzione profonda per l'educazione dei ciechi, rilevava già negli anni '80 le insidie che circondavano e circondano il percorso di crescita, di chi non vede, nella scuola.
Non si è mai abbastanza rilevato quanta importanza Banchetti, grande osservatore delle problematiche nodali della vicenda riferita all'integrazione, attribuisce alle difficoltà e delle debolezze "tipiche della vicenda italiana, fuori cioè da ogni rispetto della specializzazione e delle peculiarità presenti in ciascuna minorazione..." (In I problemi della pedagogia, 4-5, 1990).
E ancora: "La differenziazione non deve mai farsi differenziante, come la diversità non deve mai essere causa di discriminazione ma deve venir rispettata per quello che ha di caratteristico.
La didattica differenziata individua i tratti che caratterizzano il bambino cieco, ma non si esaurisce in essi, bensì li supera.
Ignorare i tratti che caratterizzano la cecità, come rischia di accadere nel nostro tempo [...] significa cercare esasperatamente i comportamenti comuni da utilizzare nell'atto educativo, in nome di un'eguaglianza metodologica che diventa vano e vago egualitarismo astratto e che non riconosce (producendo un danno) la specificità degli interventi educativi e rieducativi (per i ciechi).
Il potenziamento compensativo ed i mimetismi cognitivi nella rieducazione dei bambini ciechi".
Anticipatore accorto dei processi di cambiamento nella scuola, ne rileva anche la lentezza o le tormentate difficoltà, affermando: "perché si abbia una vera integrazione, occorre un processo che non si realizza dall'oggi al domani e che non si attua nella mera applicazione di una legge, ma assume caratteri generazionali".
Un pedagogista insomma che, forse anche per il fatto di essere cieco, ha caricato di significati ulteriori il fattore educativo, il primato dell'educazione direi, là dove educazione significa anche "personale scoperta... come accadde a Helen (Keller) attraverso l'opera di Anna Sullivan" (In I problemi della pedagogia n.1 1992).
Dobbiamo molto a Silvestro Banchetti perché grazie alla sua autorevolezza, oggi potremmo sederci a diversi tavoli a difendere la specificità della tiflopedagogia senza timore di essere smentiti da personaggi con poteri decisionali, in ordine ai finanziamenti, che parlano di scuola e dei suoi problemi (compresi quelli complessi della disabilità) per il solo fatto che l'hanno frequentata (male!).
In sostanza, per avviarmi alla conclusione, nel salutare Silvestro Banchetti e ringraziarlo per il suo prezioso contributo dato alla cultura pedagogica e tiflopedagogica, voglio dirgli che quando avremo bisogno di argomenti solidi, forti, intellettualmente e pedagogicamente inattaccabili, per la difesa dell'educazione dei ragazzi ciechi, andremo a riprendere l'attualità delle sue pagine, certi di trovare l'orientamento che ci serve.



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