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Corriere dei Ciechi

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Numero 3 del 2015

Titolo: RUBRICHE- Segnalibro

Autore: a cura di Renato Terrosi


Articolo:
Come è nato "Ciak di Luce" di Federico Fellini e Vittorio Storaro
Raccontato da Renato Terrosi
Questa è la storia di un sogno. Indimenticabile, perché collegato alla nascita di un libro, singolare, fatto da autori famosi: Federico Fellini e Vittorio Storaro. Il volume - in là con gli anni - occupa un posto speciale nella mia biblioteca. Si intitola "Ciak di Luce", come dire un magico potere capace di incantare gli uomini. La storia che vi racconterò mette in scena Roma, straordinariamente maliarda in primavera quando feci il famoso sogno, nel 1989. Era notte fonda, stavo appoggiato al parapetto di un ponte in ferro. Senza accorgermene mi trovai in una piazza immensa: al centro una grande fontana con statue e giochi d'acqua. Nella vasca sguazzava una donna che gridava "vieni, vieni" puntando il braccio nudo verso di me. Poi, tutto sparì in dissolvenza e mi svegliai. Dalle imposte socchiuse entrava la luce gialla di un sole gagliardo. Ora non ero più ansioso di cercare l'autore per il libro da produrre per una grande società elettrica: l'Enel. La grande fontana e il richiamo della donna bastavano. "La dolce vita", Federico Fellini. Erano trascorsi tre giorni dal sogno ed entrava in scena la sala riunioni di un grande ufficio. Guardai fuori della vetrata. Sotto, Roma si godeva il suo bagno di sole e tutto l'insieme dei palazzi, delle vie, delle piazze, mi pareva amico. Con questo stato d'animo entrai nella sala. C'erano tutti quelli che dovevano esserci e dopo una breve introduzione del capo, Giorgio Tamberlani, iniziò il giro di proposte. Venne il mio turno. Non feci premesse e con una certa baldanza pronunciai quel nome: Federico Fellini. Un attimo di silenzio e poi un corale mormorio d'intesa. Tutti uscirono. Ero rimasto solo. "Ho proposto Federico Fellini - pensai - ma io non lo conosco. L'ho incontrato una sola volta, in un ristorante a Fiumicino. Era con la Masina. Si parlò del pesce d'oro, la specialità della casa. E ci scambiammo i saluti". Dal giorno dopo cominciai a cercare Fellini all'unico numero telefonico del quale disponevo. Dopo molti tentativi una voce corse sul filo. Quella di Federico. Gli dissi dell'incontro a Fiumicino e ovviamente dell'idea di scrivere il libro, sulla luce. Stette in silenzio per alcuni secondi. Poi sussurrando: "Già, la luce. Allora mi mandi un appunto. Buona sera". La cosa prese il via e Vittorio Storaro si unì all'impresa. "Fra un mesetto avrà tutto", concluse. Il pomeriggio del trentesimo giorno trovai il plico sulla mia scrivania. Per il fine settimana decisi di andare fuori, nella casa di famiglia, in riva al lago Trasimeno, portando con me gli scritti di Fellini. Era il posto giusto, lì avevo passato ore a rimuginare sogni e viaggi straordinari e quando di notte udivo l'ansimare della locomotiva che si trascinava dietro una coda di vetture illuminate, correvo alla finestra. Poi, mi addormentavo e, talvolta, sognavo proprio quanto avevo visto. Quel giorno le colline vicine erano invisibili per la foschia. La mia vecchia casa mi abbracciò. Finalmente, seduto davanti alla grande vetrata, tirai fuori gli scritti per "Ciak di Luce" e presi a leggerli. Inizia Federico Fellini con la luce e il cinema. L'incipit del libro ("Dimensione Energia - Enel"): è una domanda: "Che cos'è la luce, per il cinema? Se il cinema è immagine, la luce ne è evidentemente il fattore essenziale. Nel cinema la luce è idea, sentimento, colore, profondità, atmosfera, stile, racconto, espressione poetica. La luce è il potere magico che aggiunge, cancella, attenua, arricchisce, sfuma, esalta, allude, sottolinea, rende credibile e accettabile il fantastico o, al contrario, crea trasparenze per cui la realtà più grigia e quotidiana diventa onirica, fiabesca. Con un riflettore e un paio di "bandiere" un volto opaco, espressivo quanto un ginocchio, appare intelligente, misterioso affascinante; un faccione bonario e pacioso diventa sinistro, minaccioso, fa paura. Il film, insomma, si scrive con la luce; lo stile di un autentico cineasta si esprime con la luce". Sull'affascinante problema del colore Fellini si pone un altro interrogativo. "Come evitare che la scelta, la definizione dei colori vengano svilite, tradite, o comunque alterate da tutti quegli elementi imponderabili d'illuminazione, di ripresa, di stampa soprattutto? Il pittore dà al suo quadro una luce ferma, fissa, immutabile, dove il colore è e rimane come è stato dipinto. Si potrebbe pensare che nell'immagine cinematografica sia possibile definire con altrettanta precisione il colore in tutte le sue sfumature tonali. Non è così. Fra i vari colori di una scena esiste un vero contagio, uno scambio fluidico, per cui in proiezione ti accorgi che certe aree luminose sono affondate nel buio, altre hanno preso riflessi imprevedibili, c'è uno sconfinamento costante ai margini degli oggetti di un colore nell'altro". I personaggi felliniani si fanno avanti tra le pagine. I disegni originali del grande poeta e regista: la Masina, Mastroianni, Sordi dello "Sceicco bianco", Anita Ekberg, con la dedica dell'autore "Anita vestita di niente". Vorrei che "Ciak di Luce" non finisse, ma sono stanco. Guardo oltre la vetrata i salici e la striscia chiara del lago. D'improvviso una grande nave si sovrappone agli alberi, alle sponde erbose e alle canne fitte nell'acqua cilestrina. Dal ponte un gruppo di passeggeri si sbraccia in saluti. Al centro lui, Federico Fellini, con lo sciarpone e il cappello a tese larghe. Riconosco la Masina con Zampanò impettito e muscoloso, Sordi vestito da Sceicco bianco, Storaro silenzioso, Mastroianni scapigliato, Sandra Milo, quelli di "Amarcord" e altri ancora. Io sono sulla sponda erbosa del lago, irritato per la mia solitudine. Faccio qualche segno per essere preso a bordo. Niente. Si affianca a me il vecchio Spaghetto, rinsecchito, l'ombra del forzuto pescatore di trote e di anguille. Suonava il flauto nelle feste paesane. Adesso rigira tra le mani un miserabile piffero di canna. "Sono qui con lei - borbotta - quelli li lasci andare". Ha ragione. La nave di Fellini è quella dei ricordi e dei trionfi. Figlia della luce più bella. Si sta muovendo. Nel libro turchino dei sogni c'è scritto di tutto. Può darsi che voglia l'impossibile. Forse incrocerà navi spaziali che stanno volando nelle immensità superuraniche spinte dal vento solare, dai soffi galattici di luce bianchissima, con energia inimmaginabile e guidate dal pensiero degli uomini. Spaghetto attacca col piffero una sonatina consolatoria. Il motivetto mi sembra conosciuto. Gelsomina e Zampanò, poveri giocolieri di strada accennano quattro salti di mazurca. "Via tutto!" grido. Grazie Spaghetto! La nave non è più visibile. Dall'alto Castiglione del Lago con la sua Rocca spavalda mi sembrò allora più protettivo e amico.

I diritti della natura
Vi presentiamo un libro manifesto di un modo nuovo per rapportarsi con gli eco-sistemi e con la natura in genere.
L'autore, Cormac Cullinan, unisce filosofia, giurisprudenza e saggezza della gente comune.
Una commistione interessante e quanto mai utile. 230 pagine avvincenti.



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