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Corriere dei Ciechi

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Numero 6 del 2015

Titolo: RUBRICHE- A lume di legge

Autore: a cura di Paolo Colombo


Articolo:
La pensione e l'indennità di accompagnamento per ciechi spettano anche agli stranieri regolari non in possesso del permesso di soggiorno Ue per lungo-soggiornanti?

La Corte Costituzionale, il 27 gennaio u.s., ha emesso una sentenza che conferma l'orientamento favorevole alla concessione delle previdenze economiche ai non vedenti stranieri.
Nella sentenza 22/2015, precisa nuovamente la Suprema Corte che le provvidenze per indennità non sono condizionate al possedimento del permesso di soggiorno di lunga durata per le persone provenienti da Paesi non appartenenti all'Unione Europea. Essa in particolare, si esprime sulla pensione per i "ciechi civili parziali" e sull'indennità speciale per i "ciechi ventesimisti" stranieri riconoscendo l'illegittimità costituzionale delle norme che prevedono il possesso del permesso di soggiorno di lunga durata per il riconoscimento delle citate previdenze.
Come è noto, la Legge n. 388 del 23 dicembre 2000 (articolo 80, comma 19), aveva introdotto una notevole restrizione alla concessione delle provvidenze economiche agli stranieri extra UE, richiedendo loro il possesso della carta di soggiorno (ora permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo).
In merito alla legittimità costituzionale di tale norma la Corte ha avuto modo di pronunciarsi varie volte nel corso degli ultimi anni.
In particolare, i giudici si richiamano alla precedente sentenza della Corte n. 40 del 2013, ribadendo che nell'ipotesi in cui vengano in rilievo provvidenze destinate al sostentamento della persona nonché alla salvaguardia di condizioni di vita accettabili per il contesto familiare in cui il disabile si trova inserito, qualsiasi discrimine fra cittadini e stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato, fondato su requisiti diversi da quelli previsti per la generalità dei soggetti, finisce per risultare in contrasto con il principio di non discriminazione di cui all'art. 14 della CEDU, per come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo.
Tali rilievi, sottolineano i giudici debbono, a fortiori, essere riaffermati in riferimento allo stato delle persone non vedenti. La specificità, infatti, dei connotati invalidanti - resa evidente dalla particolare attenzione e dal favor che caratterizzano, da epoca ormai risalente, la normativa di settore, con la previsione di diverse provvidenze per le persone che risultino averne titolo - renderebbe ancora più arduo giustificare, nella dimensione costituzionale della convivenza solidale, una condizione ostativa - inevitabilmente discriminatoria - che subordini al possesso della carta di soggiorno la fruizione di benefici intrinsecamente raccordati alla necessità di assicurare a ciascuna persona, nella più ampia e compatibile misura, condizioni minime di vita e di salute.
Ove così non fosse, d'altra parte, specifiche provvidenze di carattere assistenziale - inerenti alla sfera di protezione di situazioni di inabilità gravi e insuscettibili di efficace salvaguardia al di fuori degli interventi che la Repubblica prevede in adempimento degli inderogabili doveri di solidarietà (art. 2 Cost.) - verrebbero fatte dipendere, nel caso degli stranieri extracomunitari, da requisiti di carattere meramente "temporale", del tutto incompatibili con l'indifferibilità e la pregnanza dei relativi bisogni: i quali requisiti ineluttabilmente finirebbero per innestare nel tessuto normativo condizioni incoerenti e incompatibili con la natura stessa delle provvidenze, generando effetti irragionevolmente pregiudizievoli rispetto al valore fondamentale di ciascuna persona.
La disposizione denunciata, conclude la Corte, deve pertanto essere dichiarata costituzionalmente illegittima, nei limiti sopra ricordati.
I precedenti
In merito alla legittimità costituzionale dell'articolo 80, comma 19, della legge n. 388 del 23 dicembre 2000, la Corte ha avuto modo di pronunciarsi varie volte nel corso degli ultimi anni, dichiarandone l'illegittimità nella parte in cui subordina al requisito della titolarità del permesso di soggiorno CE di lungo periodo la concessione ai cittadini stranieri legalmente soggiornanti nello Stato italiano di alcune tipologie di prestazioni assistenziali richieste.
In particolare, la norma in questione, è stata bocciata con riferimento all'indennità di accompagnamento (sentenze n. 306/2008 e n. 40/2013), alla pensione di inabilità (sentenze n. 11/2009 e n. 40/2013), all'assegno mensile di invalidità (sentenza n. 187/2010) e all'indennità di frequenza (sentenza n. 329/2011 e successiva ordinanza n. 588, del 12 luglio 2013, del Tribunale di Pavia).
A tali pronunciate è stato dato seguito dall'Inps nel 2013. In particolare, con messaggio n. 13983 l'Istituto aveva riconosciuto che l'indennità di accompagnamento, la pensione di inabilità, l'assegno mensile di invalidità e l'indennità mensile di frequenza, ferme restando le verifiche degli ulteriori requisiti di legge (condizioni sanitarie, residenza in Italia ecc.), devono essere concesse "a tutti gli stranieri regolarmente soggiornanti, anche se privi di permesso di soggiorno UE di lungo periodo, alla sola condizione che siano titolari di un permesso di soggiorno della durata di almeno un anno".
Una decisione, insomma, in linea con la pregressa giurisprudenza costituzionale, la sentenza, la n. 22/2015, che avrà evidentemente delle ricadute finanziarie, poiché la declaratoria d'incostituzionalità ha determinato l'ampliamento della platea dei potenziali destinatari dell'indennità di accompagnamento e della pensione di inabilità o, perlomeno, ha reso meno impervio l'accesso a tali benefici per i cittadini stranieri.
Si segnala che restano esclusi, allo stato, i soli istituti rivolti ai sordi, cioè la pensione per sordi ex art. 1 L. 381/1970 (riservata a coloro che abbiano un'età compresa fra i diciotto e i sessantacinque anni e che risultino in possesso di risorse economiche inferiori ai limiti previsti dalla legge) e l'indennità di comunicazione ex art. 4 L. 508/1988.
Si tratta ora di vedere se anche per questi ultimi due istituti occorrerà attendere un'ultima pronuncia della Corte Costituzionale o se il legislatore saprà intervenire con una definitiva cancellazione di quella assurda disposizione del 2000 che ha sin qui avuto come unico effetto la moltiplicazione del contenzioso e l'aumento dell'incertezza del diritto.



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