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Corriere dei Ciechi

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Numero 7-8 del 2016

Titolo: SORDOCECITÀ- Una fotografia inedita

Autore: Ida Palisi


Articolo:
Da uno studio ISTAT emergono nuovi dati sulla popolazione italiana con problemi di vista e udito

Fino al giugno scorso, si pensava fossero poche migliaia di persone. Ma una ricerca dell'Istat commissionata dalla Lega del Filo d'Oro sui disabili sensoriali dimostra oggi che si tratta di una percezione sbagliata: lo "Studio sulla Popolazione di persone con disabilità sensoriali e plurime in condizioni di gravità" stabilisce infatti che sono 189 mila le persone sordocieche in Italia, per oltre la metà (il 60 per cento) costrette in casa dalla propria disabilità. Sono in maggioranza donne (al 65%) e l'88% ha più di 65 anni, vive prevalentemente al Sud (30,6, contro il 21,4 al Centro e il 16,8 nelle isole). Inoltre 108 mila persone sordocieche sono confinate in casa, non essendo in grado di provvedere autonomamente a se stesse a causa anche di altre disabilità presenti: la metà, il 51,7% del totale, ha anche una disabilità motoria; 4 su dieci evidenziano anche danni permanenti legati alla insufficienza mentale e a disturbi comportamentali. Per la quasi totalità dei sordociechi è difficile uscire di casa (86,7%); e per l'85% risulta difficoltoso l'accesso ai servizi pubblici. Anche per quella quota di disabili (il 36% del totale) che non presenta difficoltà aggiuntive alla sordocecità. Inoltre 9.855 sono minorenni iscritti alle scuole primarie e secondarie e rappresentano una quota dello 0,11% del totale degli alunni nell'anno 2014/2015. In generale, le persone con disabilità sensoriale legata alla vista o all'udito (quando non sono co-presenti, dunque) sono 1 milione e 700 mila. Dallo studio emerge che la popolazione con disabilità visiva è quella che presenta le maggiori criticità, sia per quanto riguarda la complessità del quadro generale della disabilità sia dal punto di vista dell'attività e della partecipazione sociale. Sono quasi il 10% coloro che hanno almeno altri due tipi di invalidità e una quota di poco inferiore ha limitazioni gravi sia nelle funzioni della vita quotidiana sia nel movimento. Anche nella popolazione scolastica di età compresa tra i 6 e i 13 anni si riscontrano maggiori problemi tra gli alunni con difficoltà visive, in termini di complessità della disabilità e di funzionamento, poiché questi ragazzi cumulano più patologie e più frequentemente problemi di apprendimento e di mobilità. Infine, rispetto alla partecipazione sociale, le persone con disabilità visive si sentono più spesso svantaggiate rispetto agli altri.
I dati impongono più di una riflessione, non solo sulle carenze del nostro sistema di welfare e sulla necessità di individuare politiche e pratiche di assistenza più adeguate, ma anche sull'inquadramento della pluridisabilità sensoriale nei termini di un problema sociale diffuso, molto di più di quanto ci fossimo mai aspettati. Abbiamo chiesto un approfondimento in tal senso ad Angelina Pimpinella, responsabile della Commissione Pluriminorati dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti.

D. Dottoressa, dalla ricerca emergono dati sorprendenti. Lei come li commenta?
R. Sicuramente la pluridisabilità è in continuo aumento, però di solito io tendo a fare una distinzione nell'ambito di pluridisabilità: ci sono appunto persone sordocieche e altre che, oltre alla sordocecità, presentano disabilità aggiuntive. Il motivo per cui faccio questa distinzione è legato alla tipologia dei bisogni che sono completamente diversi; infatti il gruppo delle persone con sordocecità sono di solito persone con una loro autonomia e che presentano un problema di comunicazione legato ai sistemi per comunicare, quindi necessitano di interventi come guide e interpreti per poter realizzare la loro partecipazione alle attività della vita sociale. L'altro gruppo, dove la sordocecità è accompagnata da minorazioni aggiuntive, presenta bisogni diversi: sono persone che non hanno una loro autosufficienza e si deve intervenire affinché possano acquisire, in base al loro potenziale, metodi di comunicazione accessibili ma, soprattutto, situazioni di attività che portino a stati di benessere psicofisico.
D. C'è un'emergenza sociale nascosta che riguarda le persone con disabilità sensoriali, di cui non sembra accorgersi nessuno?
R. Durante la mia esperienza dello scorso anno nella Commissione della Pluridisabilità dell'UICI abbiamo organizzato dei seminari interregionali per conoscere meglio le risorse sul nostro territorio a favore della pluridisabilità. È emerso che ci sono molti punti di riferimento che lavorano e prestano attenzione a questi soggetti, come per esempio delle cooperative oppure gli Istituiti dei ciechi che si prendono carico della pluridisabilità e hanno saputo realizzare attività attraverso la Legge 284/97 e quindi forniscono servizi. Sicuramente è necessario fare molto di più ma penso che il problema debba essere affrontato anche a livello politico: spesso abbiamo molte leggi ma nel quadro socio-politico attuale è sempre difficile applicarle. Credo che, poi, uno dei fattori principali che contribuisce allo stato di emarginazione sia legato alla scarsa informazione sulla pluridisabilità e alla poca formazione di operatori.
D. A proposito di scarsa informazione: sono solo i "numeri", le statistiche sui sordociechi che fino ad oggi sono state sbagliate, o c'è, come per altre disabilità, ancora uno stigma negativo che penalizza l'informazione su questa categoria di persone?
R. Diciamo che fino ad oggi le richieste della pluridisabilità non erano così sentite e quindi il maggior bisogno ha dato inizio a un prendere coscienza del problema e credo che, con il tempo, si arriverà a dati statistici più precisi.
D. Come giudica l'assistenza?
R. Come accennavo prima, si notano delle grandi lacune in ambito della formazione sulla pluridisabilità: spesso le persone in condizioni di sordocecità o pluridisabilità vengono affiancate a persone che non hanno adeguata formazione. Di solito sono persone che hanno una formazione nel settore della minorazione visiva ma non hanno poi una formazione più ampia.
D. E in che cosa dovrebbe consistere, secondo lei, una formazione più ampia che consentirebbe di migliorare l'assistenza?
R. Dovrebbe consistere in una formazione corretta dei sistemi di comunicazione più usati come la Lis e il Malossi, una conoscenza corretta sulle tecniche di accompagnamento e un'etica professionale specifica.
D. Dall'indagine emerge che il grado di partecipazione sociale è gravemente compromesso per le persone con problemi sensoriali. Che cosa si dovrebbe fare per cambiare la situazione?
R. Dall'esperienza che emerge penso che a livello territoriale sia le associazioni che si occupano di disabilità che le ASL dovrebbero fare un progetto di intervento relativo alle esigenze del soggetto e quindi affrontare il discorso della relativa formazione degli operatori. Quindi la formazione è lo strumento principale per attenuare queste barriere di partecipazione.
D. È solo un problema da porre a livello politico-istituzionale?
R. No, è importante a livello politico istituzionale ma anche a livello sociale e di informazione. Penso che la società debba essere resa partecipe e che il sociale possa essere anch'esso una risorsa importante per attenuare le problematiche relative alla partecipazione dei pluridisabili.
D. Quale tipo di "sociale" più precisamente può agire in questo campo? Esiste, ad esempio, un mondo della cooperazione e dell'imprenditoria sociale che non è ancora appannaggio dei sordociechi e che invece, oltre a inserirli lavorativamente, potrebbe aiutarli nell'inserimento della società?
R. No, non esistono punti di riferimento specifici che si occupano del sociale, ci sono associazioni che cercano di fare qualcosa ma non basta.
D. Ad oggi, quanto pesa ancora sulle famiglie l'assistenza alle persone sordocieche?
R. Tanto, tanto pesa alle famiglie perché viene a mancare un sostegno, soprattutto in questo momento storico, in cui assistiamo ogni giorno a riduzioni nel settore della disabilità.
D. Quali sono le principali differenze territoriali che caratterizzano sia le problematiche che l'assistenza e le opportunità di comunicazione, di lavoro e di socializzazione delle persone sordocieche?
R. I servizi sono molto differenti e vari, in alcune regioni del Nord o del Centro si sono sviluppati alcuni servizi a seguito della legge regionale 284 e le condizioni migliori si notano là dove c'è la presenza di istituti per i ciechi che si fanno carico dei pluridisabili, invece nel Sud le difficoltà sono maggiori e si notano le difficoltà a costituire servizi anche per mancanza di fondi.

La ricerca: le fonti e il commento di Rossano Bartoli
Lo Studio sulla popolazione di persone con disabilità sensoriale e plurime in condizioni di gravità, pubblicato dall'Istat nel giugno 2016 (a cura di Alessandro Solipaca e Carlo Ricci) e commissionato dalla Lega del Filo D'Oro, ha basato le proprie analisi principalmente su due fonti dell'Istat: l'indagine sulle condizioni di salute della popolazione e l'indagine sugli alunni che frequentano le scuole primarie e secondarie di primo grado, integrandole secondo l'approccio internazionale ICF per cogliere l'interazione negativa tra salute e ambiente. Il modello bio-psicosociale ha fatto emergere che le condizioni di vita critiche, dovute all'assenza di interventi, servizi e ausili, condizionano l'inclusione sociale delle persone con deficit sensoriale e che questo dovrebbe costituire "un punto di partenza e una indicazione forte per le politiche, confermando l'urgenza delle raccomandazioni fatte ai Governi dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nella Convenzione sui diritti delle persone con disabilità".
Lo studio, attraverso i dati presentati, vuole sollecitare una maggiore attenzione alle persone con pluridisabilità sensoriali, e migliori interventi che portino a eliminare le barriere fisiche e sociali che, di fatto, li relegano ai margini della vita sociale.
"Per tanto tempo abbiamo cercato di avere una stima attendibile" spiega il segretario generale della Lega del Filo d'Oro, Rossano Bartoli. "L'occasione dei cinquant'anni di vita della Lega del Filo d'Oro ci ha spinto a coinvolgere l'Istat che si è dimostrata interessata a collaborare con il nostro comitato tecnico-scientifico".
Secondo Bartoli, emerge un dato numerico che "va letto nella giusta maniera. Per l'88 per cento dei casi si tratta di persone che hanno superato i 65 anni d'età e che hanno problemi di vista e di udito legati al fatto che, andando avanti con l'età, queste difficoltà tendono a manifestarsi. Quando pensiamo alle persone anziane, sappiamo che c'è una parte importante che presenta problemi di vista e di udito. Invece diverso è il problema che si trova nelle altre fasce d'età, soprattutto in età scolare. Non abbiamo dati sotto i sei anni ma ci troviamo comunque di fronte a un fenomeno importante, dovuto a malattie rare o genetiche che si determinano dalla nascita, con pluriminorazioni che sono anche di altra natura. Un numero sempre maggiore di bambini negli ultimi decenni è in condizioni più gravi rispetto agli anziani".
"Questi anziani e i bambini dimostrano che parliamo di qualche decina di migliaia di persone: numeri che inducono a dire che c'è un problema ed è giusto promuovere un dibattito a livello politico e istituzionale, affinché si chiarisca cosa facciamo per queste persone. Siamo convinti che occorra dare risposte più adeguate e concrete. I nostri ormai cinquantuno anni e mezzo di vita ci consentono di esprimere un parere per affrontare al meglio la situazione".



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