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Corriere dei Ciechi

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Numero 11-12 del 2016

Titolo: ITALIA- Mirco Mencacci, sound designer di successo

Autore: Michele Novaga


Articolo:
Riuscire a parlarci, anche solo al telefono, non è facile: è sempre molto impegnato tra la registrazione di uno spot pubblicitario per il New York Times sullo chef stellato Massimo Bottura ("Due minuti di spot ma che sono più impegnativi a volte di un film di un'ora e mezza"), e quella di un documentario su Haiti ("improntato sul lavoro dell'Onu per lo sviluppo di aziende di artigianato locale, ma non posso dire di più)". "Mi dovete scusare ma è un periodo in cui sono davvero molto preso". Mirco Mencacci risponde così all'inizio dell'intervista con "Il Corriere dei Ciechi". Straordinario sound designer (anche se sarebbe meglio definirlo genio del suono cinematografico), ha lavorato con i più importanti registi italiani: da Marco Tullio Giordana a Fernand Ozpetek e Fausto Brizzi e perfino col maestro Michelangelo Antonioni.
La sua è una storia di vita bellissima, nonostante un brutto incidente che all'età di quattro anni gli porta via la vista. La sorellina maggiore Resi prende per gioco il fucile del nonno col colpo in canna, armeggia, preme il grilletto e fa partire un proiettile che lo colpisce al volto. E così Mirco deve abbandonare il suo amatissimo paese e andare a studiare a Genova all'Istituto David Chiossone. Ma intanto la sua passione per il suono, nata già prima dell'incidente grazie ad un registratore a bobine di un suo amichetto di giochi, lo coinvolge sempre di più. Fino a fare della ricerca forsennata dei rumori la sua professione.

D. Come hai deciso di fare il sound designer? Eri forse un predestinato per via del registratore che ti divertivi ad utilizzare da piccolo?
R. Forse sì perché già da allora mi piaceva ascoltare la mia voce incisa su nastro. Ho sempre avuto una grande passione per le voci e per i racconti. A casa mia si ascoltava tanta radio e, anche se a tre anni non capivo molto di quelle commedie raccontate, ne rimanevo affascinato. Mio padre ascoltava molta musica su giradischi e a me metteva le fiabe. Ricordo poi che nelle stanze dell'Istituto di Genova, dove studiavo, c'erano tanti strumenti coi quali sono entrato subito in contatto. L'incidente ha aiutato sicuramente il mio rapporto con suono e acustica. E il passo è stato naturale.

D. Da giovanissimo hai conosciuto Andrea Bocelli che aveva avuto un problema simile al tuo.
R. Sì, negli anni '70 dopo le elementari, insieme ai miei genitori andai a casa dei Bocelli a Lajatico (paese a pochi chilometri dal mio) per conoscere l'esperienza scolastica di Andrea - un ragazzo non vedente poco più grande di me di cui ci avevano parlato - per confrontarmi con lui e la sua famiglia sulle problematiche di un cieco, sul tipo di scuole da frequentare. Una vicinanza diciamo per problematiche comuni anche se ci siamo frequentati anche dopo.

D: Non avete mai pensato di fare qualcosa insieme?
R. Mah, in realtà no, anche se viviamo a pochi chilometri di distanza. Abbiamo fatto percorsi professionali paralleli senza mai incontrarci. Ma io ho delle idee su quello che Andrea ed io insieme potremmo fare.

D. È vero che vai in bicicletta?
R. Beh, in bici ho cominciato ad andarci da piccolo e non ho mai avuto nessun incidente. Ora non ci monto più tanto come prima: invecchiando l'udito che avevo da giovane è cambiato. Prima ero capace di sentire qualsiasi tipo di ostacolo intorno, anche una persona immobile tanto da schivarla. Il rumore di fondo di allora era così basso che ci potevi andare in bici. Riuscivo ad ascoltare molto meglio tutto, ma oggi non è più possibile tra caldaie, condizionatori e il traffico sicuramente aumentato rispetto a prima.

D. Scusa, ma come fa un non vedente a spostarsi in bicicletta?
R. Il mio paese - Lari in provincia di Pisa - è raccolto tra le mura, i mattoni riflettono il suono e ti danno la percezione esatta del limitare della strada. A volte andavo anche fuori dal paese di qualche chilometro dove c'era lo spazio aperto. Lì avevo qualche problema in più a seguire la strada. Ma mi bastava un albero o una siepe per aiutarmi. L'unico incidente che ho avuto in vita mia fu quando guidava un altro ragazzo. Vedente naturalmente...

D. Quindi indovini la forma delle cose?
R. Sì, il tipo di riflessione del suono contro gli oggetti e contro i muri mi dà la distanza e in certi casi anche la forma. Ma come ti dicevo sono un po' invecchiato... un palo adesso non lo sento più tanto e forse ci andrei contro soprattutto se è sottile. Prima invece lo individuavo.

D. Qual è il rumore che in assoluto ti affascina di più?
R. È difficile dirne uno, ce ne sono tanti. Mi piace il suono di certa acqua, del vento nei pini in particolare. Mi piace il rumore dello scricchiolio che emettono le canne di fiume d'estate crescendo e che solo in certe circostanze si sentono.
Un suono molto bello ed evocativo è quello dei bimbi piccoli. Anche se non di tutti.

D. E il silenzio? Il suono del silenzio lo hai rappresentato nel famoso cortometraggio di Antonioni "Lo sguardo di Michelangelo": com'è?
R. In quel caso mi feci molte domande. Il vero silenzio si sente solo nel nostro corpo. Oggi è qualcosa di impossibile per chi, come me, lo cerca per registrare suoni particolari come appunto il vento nei pini. Nel mio paese, quando ero bambino, la notte sprofondava nel silenzio. Ma ora ci sono troppi rumori tecnologici. Il silenzio è fatto anche di suono e quando feci il film di Antonioni nel 2004 pensai a come rappresentare il suono di una chiesa in una città. Alla fine è semplicemente la città che suona dentro la chiesa in modo impercettibile: micro-suoni che, tutti insieme, creano silenzio. Per me il silenzio è importante perché aiuta a riflettere, a stare con noi stessi. Una cosa di cui la gente ha paura perché ci costringe a pensare.

D. L'inquinamento acustico è un vero male del nostro tempo: è per questo che hai creato il Parco del suono?
R. L'inquinamento acustico è il secondo inquinante al mondo e nessuno conosce i problemi che ci porta dal punto di vista sociale, psicologico, fisiologico. In Europa ogni anno muoiono per questo problema 100.000 persone e sono 25 milioni coloro che hanno problemi sociali molto gravi derivanti proprio da questo. Nel mio piccolo sarò davvero soddisfatto se riuscirò a portare fino in fondo il progetto del Parco del suono - un centro di ricerca multidisciplinare con un parco di 80 mila metri quadrati, percorsi sonori, laboratori, che sorgerà in Inghilterra - che nasce allo scopo di studiare il modo in cui gli esseri umani interagiscono col suono soprattutto dal punto di vista emozionale. Certo, vorrei migliorare tante altre cose, ma l'idea di poter lasciare questa cosa come eredità al mondo sarebbe il mio più grande sogno.

D. Hai mai subito o percepito discriminazioni per la tua condizione di non vedente?
R. Non ho mai avvertito questa sensazione e non ricordo mi sia mai successo: anzi spesso questa cosa mi ha aiutato. Le altre persone si sentono spiazzate di fronte a un handicap, non lo conoscono non sono abituati a fronteggiarlo e si mettono quasi in minoranza. Io credo che dipenda molto da noi stessi, da come ci poniamo di fronte a qualcuno che ti potrebbe discriminare. Per carattere ho sempre un po' diretto le cose: sono io che propongo per cui le altre persone sono sollecitate a rispondere alle mie proposte e sono impegnate a cercare una soluzione e non a individuare un problema.

D. Una volta hai definito la cecità una fortuna. Ti manca qualcosa nella vita?
R. Lo dissi in maniera provocatoria: spesso la cecità mi ha aiutato nei rapporti perché la persona che incontri per la prima volta è intimorita e incuriosita. E spesso è stato un vantaggio. Certo che se uno vedesse sarebbe meglio, ma io personalmente il fatto di non vedere non l'ho mai avvertito come problema. Logicamente se vedessi sarebbe meglio ma non è tra le cose che mi mancano nella vita. Vorrei che nel fondo fossimo diversi, che ci fosse più verità, più schiettezza, più sincerità. Il mondo poterebbe andare molto meglio se le persone si mettessero a disposizione l'una dell'altra, ci potrebbe essere molto più amore, condivisione e risultati positivi se solo ognuno non volesse far prevalere se stesso. A me manca questo.



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