Numero 4 del 2017
Titolo: SCUOLA- Professori sugli scudi
Autore: Michele Novaga
Articolo:
Lo Stato a volte si dimentica di loro e dei loro problemi. Ma il ruolo degli insegnanti ciechi nelle scuole italiane è più che mai fondamentale. "Il Corriere dei Ciechi" ha parlato con alcuni di loro.
Lavagne interattive inaccessibili, registri elettronici di difficile utilizzo. E poi, mancanza di libri di testo fruibili pur essendo previsti per legge dal 2009. Non ultimo, la mancanza di rispetto dei colleghi e degli studenti nei loro confronti. Non è andato giù leggero il professor Marco Condidorio, componente della Direzione Nazionale dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti in un'intervista rilasciata alla testata online Ofcs Report per descrivere le condizioni di lavoro dei docenti non vedenti che insegnano nelle scuole italiane.
"Per il Miur i docenti ciechi sono considerati dei poveretti, un costo per lo Stato, una realtà invisibile che non ha diritto a poter usufruire delle pari opportunità rispetto al resto del corpo insegnante". E ancora: "I docenti non vedenti godono del dono dell'invisibilità soprattutto riguardo al diritto di avere strumenti e materiali per la didattica disciplinare che siano accessibili e fruibili. Mi riferisco, per esempio, ai libri di testo fruibili che ancora oggi non sono concessi pur essendo previsti dalla Legge Stanca del 2009, ma anche alla Lim (Lavagna interattiva multimediale), che per il docente cieco è assolutamente inaccessibile. Stesso discorso per il cosiddetto registro elettronico totalmente inaccessibile per noi. Ma quello che rende l'invisibilità ancor di più dolorosa - aggiunge il rappresentante dell'Unione - è quando i docenti ritengono che il collega cieco o ipovedente sia il "poveretto" della situazione. Conosco circostanze in cui docenti ciechi assoluti sono stati oggetto di scherno e maleducazione, non solo da parte di qualche alunno un poco troppo goliardico, ma da parte dei colleghi stessi. Una sorta di bullismo per adulti".
Tuttavia in mezzo a tutte queste difficoltà, sono molti i docenti ciechi che riescono ad aggirare i problemi quando non a vincere premi nazionali proprio per la loro caparbietà e per la volontà di superare gli ostacoli. È il caso di Antonio Silvagni, docente di latino all'Istituto Leonardo da Vinci di Arzignano (VI), uno dei cinque vincitori dell'Italian Teacher Prize, il premio per il miglior insegnante indetto dal Miur selezionando decine di migliaia di profili. "Nelle affermazioni del professor Condidorio, c'è molto di vero: c'è una certa difficoltà di gestione dei testi e le case editrici non forniscono libri accessibili. Ma non è il problema maggiore: esiste anche quello dell'inacessibilità quasi totale del materiale e delle piattaforme che le case editrici mettono a disposizione accanto ai libri", racconta a "Il Corriere dei Ciechi" il professore vicentino diventato cieco nel 1990 all'età di 25 anni a causa di un glaucoma. Che però non gli ha impedito di completare gli studi e di conseguire anche una seconda laurea. "Tutte queste piattaforme non hanno standard comune e, ammesso che si riesca ad accedervi, l'esplorazione è difficoltosa. E anche la parte accessoria è inaccessibile e inefficiente. Ci sono formati diversi, standard diversi e tanta non fruibilità. E poi c'è la Lim (Lavagna interattiva multimediale) i cui programmi cambiano a secondo della marca della lavagna e non tutti i software sono accessibili a programmi tiflologici. Io non ne faccio uso e non credo nella piena efficacia di essa: è un'apparente interattività che si basa sull'uno a uno e non uno a molti. A quel punto meglio e più economico usare il gesso".
Anche Daniela Floriduz, professoressa non vedente di storia e filosofia al liceo Leopardi-Majorana di Pordenone, è d'accordo con Condidorio. "Ci sono problemi riguardanti la tecnologia. Ma più che la questione dei libri di testo, quella più importante è quella del registro elettronico il cui monopolio appartiene a quattro aziende e nessuna ha pensato all'accessibilità: io riesco a compilare solo la parte relativa agli argomenti che svolgo in classe non a quella delle assenze e nemmeno ai voti che restano off limits. Certo io faccio lezioni interattive ma sono tali perché coinvolgo gli studenti (soprattutto i più pigri) facendoli "smanettare" su internet e così "bypasso" la questione. Ho trasformato il mio svantaggio in un vantaggio facendo diventare questi alunni dei miei angeli custodi responsabilizzandoli", continua la professoressa che è anche presidente provinciale dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Pordenone.
Anche il professor Silvagni si è dovuto organizzare nella didattica: "Mi devo scansionare il testo ma mi accontento di avere un'idea anche se le scansioni non sono perfette e riportano pasticci grafici. Io cerco di utilizzare il materiale open source: in rete si trova materiale notevole, come per esempio il portale Treccani completamente accessibile, e molti video di youtube che forniscono spunti interessanti. Io uso una piattaforma particolare, Moodle, completamente accessibile e poi faccio lavorare molto i ragazzi a casa. E in classe poi discutiamo molto. Chiaro che se avessi piena accessibilità ai libri di testo, sarei maggiormente autonomo". E poi sul rapporto con gli studenti aggiunge: "Ho un rapporto che definirei "normale" con i miei allievi: chi cerca di fare il furbo paga le conseguenze, le regole sono chiare. Per i compiti in classe c'è un collega che mi aiuta a controllare e comunque ho puntato a instaurare un rapporto di fiducia con loro. I ragazzi sanno le mie difficoltà, io conosco le loro debolezze e quindi ci aiutiamo a vicenda. Io punto al loro lato migliore e ai loro punti di forza". Entrambi concordano sul fatto che gli insegnanti ciechi, così come gli allievi, siano un valore aggiunto per la scuola italiana. "Noi insegnanti non vedenti non abbiamo l'insegnante di sostegno, però denunciamo una trascuratezza di fondo del Ministero. Eppure gli insegnanti ciechi sono un valore aggiunto e dobbiamo farlo capire all'apparato ministeriale perché i genitori e i ragazzi ci apprezzano. E a volte anche i dirigenti: facciamogli capire che la didattica non è solo tecnologia ma anche rapporto con l'alunno e interazione con le classi. Il sistema deve capire, così come la società, che la disabilità è un valore aggiunto. E la scuola è uno specchio della società", continua Floriduz. Che chiosa - auspicando anche una maggiore collaborazione tra insegnanti - "La buona scuola mette in contrapposizione i colleghi tra loro paradossalmente per poco più di 500 euro dividendoci. Una guerra tra poveri senza solidarietà tra docenti che non si interfacciano e non collaborano tra loro. Nell'epoca tecnologica siamo ancora in balia degli eventi e della delicatezza umana. Gli studenti sono il vero valore aggiunto della scuola e hanno molto da insegnare agli adulti".