Numero 23 del 2017
Titolo: Viaggi- Mezzanotte di Fuoco
Autore: Lara Leovino
Articolo:
di Lara Leovino
(da «Bell'Italia» n. 380 del 2017)
La notte del 24 dicembre gli abitanti del borgo toscano Abbadia San Salvatore, ai piedi del monte Amiata rievocano un rito millenario: le fiamme che salgono da alte piramidi di legna accendono il paese di luce e magia
Sembra una fiaba nordica, di quelle che si raccontano ai bambini per farli addormentare. Ambientata in un borgo rimasto sospeso nel tempo, fra montagne e fitti boschi, potrebbe intitolarsi «Gli uomini che hanno acceso il Natale». Eppure la Notte delle Fiaccole di Abbadia San Salvatore non esce da un libro delle favole ma è figlia della storia. Una storia antichissima, che risale a prima dell'anno Mille ed è strettamente legata all'abbazia che dà il nome al borgo toscano.
Una tradizione che ha origine nell'alto medioevo
C'era una volta, e in parte c'è ancora, il complesso conventuale dell'abbazia di San Salvatore, fondato nell'VIII secolo da un re longobardo. Alle pendici del monte Amiata, era il più importante centro religioso del territorio: dalla vicina Via Francigena, lungo la val d'Orcia, attirava migliaia di pellegrini. La sera della vigilia di Natale, in particolare, giungevano al tempio persone da ogni dove: tutti volevano partecipare alla messa di mezzanotte celebrata dai monaci. E così nella fredda notte degli Appennini, in attesa della funzione, si preparavano grandi falò per scaldarsi davanti al fuoco. Il bagliore sprigionato dalle fiamme costituiva anche un prezioso segnale per i pellegrini in cammino verso l'abbazia. Questo rito si è perpetuato nei secoli ed è entrato nel sangue dei Badenghi, gli abitanti di Abbadia San Salvatore. «Tanto che», ci spiega il sindaco Fabrizio Tondi, «qui nessuno potrebbe concepire il Natale senza il fuoco delle fiaccole». E così, mentre nelle altre città il 24 dicembre è giornata frenetica di ultimi acquisti, ad Abbadia la preoccupazione maggiore della vigilia riguarda la compattezza delle cataste di legna. Questi singolari monumenti rurali, che qui chiamano fiaccole, sono disseminati nel paese in attesa di essere accesi la notte di Natale. La loro preparazione comincia nei boschi dell'Amiata ai primi di dicembre quando si va in cerca della legna adatta: in genere tronchi di alberi segnalati dalla Comunità Montana. L'8 dicembre inizia la costruzione delle cataste, assemblate in paese attraverso un lavoro di squadra. Vi partecipa la gran parte degli abitanti, divisi in rioni e coordinati dai «capifiaccola». Costoro, come suggerisce il nome, sono responsabili ciascuno della propria fiaccola. Saranno i custodi del fuoco: dalla posa del primo ceppo fino alla raccolta delle ultime braci. Hanno dai 18 agli 80 anni e un entusiasmo che non conosce anagrafe.
Le fiaccole: dai boschi al cuore del borgo
Alla fine le fiaccole realizzate sono più di trenta, costruite da altrettante squadre, senza competizione ma con la voglia di creare perfette «macchine del fuoco». Molte di queste piramidi sorgono nelle ampie piazze e nei viali moderni del paese nuovo. Le due più alte, oltre sette metri, sono davanti all'abbazia, a pochi passi dal borgo antico. La sobria facciata dell'edificio, con due torri di cui una incompiuta, nulla fa presagire della bellezza degli interni, decorati da affreschi seicenteschi e da un Crocifisso ligneo del 200 in cui Gesù mostra due grandi occhi spalancati. La vera meraviglia è nella cripta, cuore millenario dell'abbazia che accoglie il visitatore con una selva di colonne dagli elaborati capitelli romanici, uno diverso dall'altro.
Una luce calda e scintillante illumina gli antichi edifici
L'arco di porta Castello conduce al paese vecchio: una matassa di case, vicoli e comignoli in grigia pietra vulcanica. È la trachite, resistente roccia scura dell'Amiata, che ha preservato quasi intatto il borgo medievale. Le fiaccole più suggestive si trovano qui, come quella che domina piazza della Croce, davanti all'omonima chiesa del 200. O quella mignon nella raccolta piazza Magnoca, o ancora la piramide nel terziere dei Fabbri davanti al portale con lo stemma a forma d'incudine. Si cammina fra queste viuzze ferme nel tempo sorpresi dai molti presepi spontanei allestiti fuori dai portoni, sui davanzali, nelle cantine. Si oltrepassano palazzi con stemmi nobiliari, archi, scalini, vicoli stretti e bui, in attesa che il fuoco illumini a giorno il cuore storico di Abbadia. La notte magica della fiaccole sta per iniziare: intorno alle piramidi di legna sono allestite luminarie e addobbi che di lì a poco cederanno la scena al fuoco, magnetico catalizzatore di sguardi e pensieri. Sono le 18 del 24 dicembre, davanti al Municipio una torcia di fuoco benedetto viene consegnata al capofiaccola. È lui a dare il via alla cerimonia, arrampicandosi sulla cima e incendiando la prima piramide. La banda intona musiche natalizie seguite dalle «pastorelle», cori spontanei a cui tutti si possono aggregare. Sull'onda di queste note parte il corteo che tocca le oltre 30 fiaccole sparse nel paese. Ogni capofiaccola, aiutato dalla squadra, accende il proprio altare di legno, avvolgendo di una luce calda piazze, chiese, palazzi. L'atmosfera è unica, come unica in Italia è questa tradizione. Una festa che non nasce da un'idea della Pro Loco ma che affonda le radici nella notte dei tempi, celebrata sempre con tensione emotiva. Intanto le faville, che qui chiamano luchìe, danzano nel buio. Ogni fiaccola rionale ha il suo banchetto che offre torte fatte in casa, castagnaccio e vino caldo. Avvolta da questa luce irreale la gente si scambia auguri, regali, confidenze, battute. E il freddo, in attesa della messa di mezzanotte in abbazia, è vinto dal fuoco. Dopo la funzione, la brace viene usata per cuocere le salsicce, servite in strada, fra vampate di fuoco sempre meno vigorose. I capifiaccola e le loro squadre veglieranno sulle piramidi per tutta la notte, scongiurando il pericolo di ritorni di fiamma. «Gli uomini che hanno acceso il Natale» in fondo sono loro, protagonisti, insieme a tutta Abbadia, di una storia antica che ha la magia di una fiaba.