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Corriere dei Ciechi

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Numero 6 del 2018

Titolo: ATTUALITÀ- Prof. Enzo Tioli, una vita per l'istruzione dei ciechi

Autore: Vincenzo Massa


Articolo:
Il prof. Enzo Tioli nasce a Modena nel 1935. Ha sempre vissuto a Padova dove, nel 1960, ha conseguito la laurea in filosofia, con lode. Dal 1961 al 1967 ha insegnato materie letterarie presso la Scuola media speciale per non vedenti, annessa all'Istituto per ciechi L. Configliachi di Padova. Nel 1967 ha vinto il concorso nazionale per l'insegnamento della letteratura e della filosofia nelle scuole statali. Ha scelto di insegnare quest'ultima materia in una scuola di formazione per insegnanti. È stato docente di corsi di formazione per insegnanti di supporto nell'insegnamento scolastico integrato dal 1977, a seguito del decentramento di questi corsi, dedicandosi al campo psico-pedagogico, con particolare riferimento all'educazione e all'educazione scolastica integrata per ciechi e ipovedenti. Dal 1985, dopo aver vinto il relativo concorso, ha svolto la funzione di preside di scuola secondaria. Nel 1988, presso l'Istituto Magistrale E. Fuà Fusinato di Padova, ha coordinato il lavoro per la formulazione di un progetto sperimentale per la completa trasformazione della scuola in istituto magistrale con sperimentazione linguistica ed ottenuto, per questo, l'autorizzazione ministeriale. Ha iniziato il progetto nell'anno scolastico 1989/90. Trattandosi del primo esperimento di questo tipo realizzato nella Provincia di Padova nell'ambito degli studi classici, scientifici e magistrali, l'iniziativa ebbe un notevole successo. Per questo grande impegno ed attività al prof. Enzo Tioli, il 2 giugno1996, è stato conferito il Diploma di Prima Classe e la Medaglia d'oro con decreto del Presidente della Repubblica Italiana.
Intensa e lunga l'attività e l'impegno profuso in favore dell'Unione Italiana Ciechi. Nel 1963 Tioli fu eletto Consigliere dell'Ufficio Provinciale dell'Unione Italiana dei Ciechi a Padova e ne è stato presidente dal 1971 al 1978. Nel 1978 è diventato membro del Consiglio Nazionale dell'Uici, continuando a svolgere il compito di responsabile delle questioni educative che gli erano state attribuito l'anno precedente. Tra il 1980 e il 1985 il Ministero della Pubblica Istruzione lo aveva esentato dal servizio a scuola, così da potersi dedicare a tempo pieno a questioni riguardanti l'educazione scolastica integrata dei non vedenti.
Nel 1977 fu nominato Consigliere della Biblioteca Italiana per i ciechi "Regina Margherita" e ne è stato presidente dal 1979 al 1983.
È stato vicepresidente nazionale dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli ipovedenti e responsabile delle questioni educative dal 1997 al 2010.
Sin dalla sua fondazione nel 1990, il prof. Tioli è stato redattore della rivista "Tiflologia per l'Integrazione", che è l'unica rivista italiana specializzata nell'affrontare questioni educative di ciechi e ipovedenti. È stato presidente della commissione dell'Unione Europea dei Ciechi (EBU) per l'istruzione dal 1997 ed è stato vicepresidente della commissione per l'alfabetizzazione dell'Unione Mondiale dei Ciechi (WBU) nel periodo 1997-2000.
Non si è risparmiato per la causa della categoria scegliendo di difendere e dar voce a tutti attraverso l'UICI che riteneva unica e insostituibile nella conquista della dignità e del riscatto sociale dei ciechi e degli ipovedenti. Un grande esempio morale che lascia all'Unione il compito di continuare nella battaglia dell'accesso paritario alla cultura e all'istruzione.
Grazie Enzo, per noi resterai sempre guida ed esempio straordinario da seguire.

La vita negli istituti
Brano estratto da "Luce su luce", Istituto dei Ciechi, 2006
Le vacanze erano tanto desiderate, che ancora oggi, quando si avvicina il periodo natalizio, provo una intensissima emozione che non sarà proprio la stessa proposta dalla Chiesa, ma è sicuramente molto profonda.
Né ha smesso di commuovermi l'intenso, dolcissimo profumo dei fiori dei tigli, nelle prime calde giornate di giugno. Era come il messaggio per tanto tempo atteso: "È finita! Si va a casa!". Era talmente rara l'occasione di uscire che, quando ciò accadeva, si sentiva perfino l'aria con un odore diverso: "il profumo di fuori", come lo definivamo noi. Si usciva, sempre in fila per tre, con un ipovedente al centro del terzetto. L'attenzione, posta da questi nostri compagni per farci evitare ogni sorta di ostacoli, era encomiabile. Erano bravissimi; e, anche quando la loro funzionalità visiva lasciava non poco a desiderare, ci fidavamo ugualmente di loro e del loro alto senso di responsabilità. Se poi, com'è accaduto più volte, capitava qualche "incidente di percorso", quasi sempre, dopo un rapido massaggio alle eventuali ammaccature, si trovava il modo di farci sopra una bella risata liberatrice.
Qualche volta, l'uscita era organizzata dall'insegnante di classe, che ci accompagnava a visitare un luogo didatticamente interessante: un fiume, una fabbrica, un monumento. Altra volta (per i più piccoli era un'autentica rarità) si usciva accompagnati dall'assistente, per una semplice passeggiata o per rappresentare ufficialmente l'istituto a qualche cerimonia (quasi sempre funebre).
Ma le uscite più suggestive erano quelle notturne, per andare al teatro dell'opera. Alcuni istituti fruivano della concessione di un palco, dove, a turno, mandavano i ragazzi, compresi quelli di dieci, undici anni. Approfittando della ricca collezione di libretti d'opera, prodotti dalla stamperia di Firenze, ci preparavamo diligentemente, perché volevamo conoscere bene la vicenda, per seguire l'azione scenica, ma anche perché sapevamo che, sulle onde soavi della musica, prima o poi saremmo scivolati fra le accoglienti braccia di Morfeo, dall'affettuosa stretta delle quali non tutti riuscivano a liberarsi, prima della fine del dramma.
Un'altra caratteristica indimenticabile di quelle serate era costituita dagli abiti che ci facevano indossare (la divisa dell'istituto). Erano di foggia strana, appartenente ad un'imprecisata età storica e, siccome erano utilizzati assai raramente, emanavano un acutissimo, nauseabondo puzzo di naftalina.
Fortunati erano ritenuti quelli che ricevevano qualche rara visita dei genitori. Era bellissimo. poter abbracciare la mamma o il papà, dopo tanto tempo. Cercavo di sbrigare rapidamente gli adempimenti d'obbligo: "Come stai? Come va la scuola? Ti sei comportato bene?". Anche se c'era qualche problema, non era il caso di rattristarli con i miei crucci. Nulla ci potevano.
Mentre facevamo una passeggiata, senza allontanarci troppo dall'istituto, perché c'era sempre l'incubo di non perdere il treno, era il mio turno per interrogare. Chiedevo notizie dei familiari, degli amici, della casa, del lavoro, del paese, di tutto insomma. Ed ascoltavo avidamente quelle risposte che mi facevano sentire un po' meno lontano, un po' meno escluso da tutte le cose che amavo. Mangiavamo insieme qualche cosa. Non era gran che, ma era "roba di casa". Specialmente nell'immediato dopoguerra, quando negli istituti si tirava veramente la cinghia, non era neppure il caso di chiedere "che cosa mi hai portato?" Qualche cosa da mangiare: cibi che potessero durare qualche giorno, come biscotti fatti in casa o una ciambella. Il tutto veniva puntualmente consegnato all'assistente che ce lo razionava, giorno per giorno. Ed arrivava prestissimo l'ora della partenza.
Ci si lasciava, sempre con un nodo alla gola e, ritornando fra i compagni, si faceva non poca fatica a rientrare nella routine quotidiana.
I nostri rapporti con il mondo esterno mutarono radicalmente con la frequenza delle scuole ordinarie.
Questo, sia pur per rapidi flash, è quanto accadeva ordinariamente negli istituti. Anche per noi, come per il poeta, dopo le tante vicissitudini della vita, quelli che un tempo parevano tuoni e fulmini, rivisitati oggi, somigliano veramente a "un tenue gre gre di ranelle".
Conclusi gli studi, ci si è trovati di fronte ai problemi del mondo, chi più, chi meno, piuttosto inesperti della vita.
Gli istituti si sono sempre disinteressati di chi non sarebbe più stato loro ospite. Era giunta l'ora di arrangiarsi, di camminare con le proprie gambe, di cercare soluzioni e di prendere decisioni in prima persona, per far fronte a situazioni sempre nuove che erano (e sono) ben altra cosa che le regole di cui non sempre si capiva la ragione. Impedimenti ed ostacoli non mancano neppure fuori e, anche qui, non è poi così facile comprenderne la ragione. Ma, superate le prime incertezze e la prima impressione di smarrimento, ci si fa l'abitudine e si tira avanti, grazie a Dio, anche piuttosto bene.
Enzo Tioli, Brano estratto da "Luce su luce", Istituto dei Ciechi, 2006

Ricordo di Enzo
L'Unione ha perduto una guida, una persona rara e preziosa: Enzo Tioli.
Dopo anni di sofferenze e tribolazioni, Enzo ci ha lasciato. In punta di piedi, secondo il suo stile sobrio e silenzioso.
Ho chiesto al presidente della sezione di Padova di intitolare la sezione a Enzo Tioli e intanto la Direzione Nazionale ha già deciso di ricordarlo per sempre, dando il suo nome al grande salone di rappresentanza di via Borgognona.
Gesti semplici e sobri, come a Enzo sarebbe piaciuto, per portare nel nostro cuore e conservare nella memoria il ricordo della sua persona, il senso del suo esempio, la luce del suo insegnamento, le tracce della sua opera.
Enzo è stato uomo di scuola. Professore e preside egli stesso, ha dedicato il lavoro di una vita perché nel Paese si potessero creare e consolidare le condizioni più congeniali a garantire quel diritto all'istruzione per i nostri ragazzi e per le nostre ragazze in ogni angolo d'Italia.
Noi, donne e uomini dell'Unione, abbiamo con Enzo un debito di gratitudine che possiamo compensare soltanto con il nostro impegno per portare a compimento quanto lui ha iniziato e tenacemente coltivato giorno per giorno, lungo tanti anni appassionati.
Alla dolce moglie Gina e alla cara figlia Maria Elena il calore del nostro abbraccio, la forza dei nostri sentimenti, la riconoscenza per aver saputo condividere con noi, almeno una parte del tempo della vita di Enzo, quella connotata dalla sua attività associativa nell'Unione, da Padova e dal Veneto, fino alla vice presidenza nazionale, dove ha servito per oltre un decennio la causa dei ciechi e degli ipovedenti italiani.
La mitezza, la tenacia, il sorriso di Enzo, ci saranno fidati compagni per sempre in questo viaggio quotidiano verso l'emancipazione dei ciechi e degli ipovedenti, verso un mondo di dignità e di uguaglianza per tutti.
Mario Barbuto

Pensiero per Enzo
È scomparso recentemente il prof. Enzo Tioli che è stato un uomo di grande cultura, intelligenza ed umanità.
Abbiamo condiviso dal 1997 al 2010 le problematiche dei Ciechi ed Ipovedenti italiani, è stato infatti un Vice-Presidente sempre attivo e presente che si è prodigato in maniera sensibile ed efficace per l'integrazione dei ragazzi disabili nella scuola pubblica.
Ha rivestito a lungo il ruolo di Dirigente scolastico a Padova, ricevendo nel 1996 la Medaglia d'oro ai benemeriti della scuola, della cultura e dell'arte.
Siamo stati grandi amici ed abbiamo avuto un rapporto sempre schietto e solidale.
Del caro Enzo ho sempre apprezzato la bontà, la lealtà e la generosità con cui si è dedicato alla sua attività, con il sostegno dell'amore totale, nell'intero percorso di vita ma soprattutto nei suoi momenti più difficili, della cara Gina, donna sensibile e sempre attenta ed amorevole.
Enzo è sempre stato molto presente per la sua famiglia e ricordo la tenerezza con la quale mi parlava dei suoi nipotini.
Se le sue condizioni di salute glielo avessero consentito, Enzo avrebbe sicuramente contribuito ancora più a lungo ad impreziosire l'attività della nostra Unione.
Enzo rimarrà sempre nel cuore di tutti coloro che lo hanno conosciuto ed apprezzato.
Tommaso Daniele

Ciao Enzo: luce di un cammino
Ciao Enzo, ieri mentre lavoravo in sede nazionale, mi ha raggiunto la triste notizia della tua dipartita. Ho sentito in Caterina, che mi dava la notizia, una profonda tristezza e mi sono sentito come svuotato. Dopo qualche momento di sconforto e di smarrimento ho rivisto i momenti vissuti con te da quando, giovane dirigente a Torino, ti ho conosciuto con il maestro Tomatis. Ho ripensato ai dialoghi sui temi dell'istruzione prima e del libro parlato poi. Ho ripensato ai tuoi consigli e al tuo equilibrio. Ho ricordato quando sei stato con Tommaso Daniele a Siena e a come mi sei stato vicino.
Salutarti è triste come è triste sapere che la tua sposa non ti avrà più al suo fianco ma ci consola la certezza che dall'alto ci accompagnerai e ci accompagnerà sempre il tuo esempio di dirigente illuminato e socio legatissimo alla nostra grande famiglia associativa. Allora questo non è un addio ma un grazie per quanto hai fatto per tutti noi e per l'associazione.
Un abbraccio forte e un arrivederci con tanta stima e affetto.
Massimo Vita



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