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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere dei Ciechi

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Numero 3 del 2019

Titolo: 10 ANNI DI CONVENZIONE ONU- Le opportune parità per l'inclusione

Autore: Carlo Giacobini


Articolo:
Immaginiamo una pista di atletica con nove concorrenti uno per ogni corsia. Le prime tre però sono cosparse di ostacoli, di intralci, di oggetti di varia foggia e dimensione. Lo starter spara il colpo di avvio e tutti e nove gli atleti scattano verso il traguardo. I giudici di gara non rilevano la differenza, non intervengono per ristabilire le regole. Ecco: questa è l'assenza di pari opportunità.
Immaginiamo la stessa gara, la stessa pista e le stesse corsie, ora libere. Supponiamo che vinca il concorrente in corsia tre. Costui sale sul podio e riceve solo metà della medaglia e del premio che avrebbe ricevuto il suo rivale della corsia sei se fosse arrivato primo. Ecco: questa è la disparità di trattamento.
I due strumentali esempi travalicano le competizioni sportive ed evocano situazioni molto più concrete, ben più consolidate e che impattano sulle condizioni di vita di milioni di persone. Da secoli. Persone che per le loro peculiarità fisiche, per la loro etnia, per il loro genere, per la loro età o per cento altri motivi, sono in una posizione di minorità, di marginalità, di maggiore debolezza.
E ci sono voluti secoli da un lato per maturare questa consapevolezza, per individuare il legame subdolo fra pregiudizi, stigma, discriminazione e assenza di pari opportunità ed evidenza di disparità di trattamento.
Un ruolo centrale l'ha giocato negli ultimi decenni il femminismo sia con le sue istanze di emancipazione della donna, cioè il diritto a scegliere autonomamente su ciascuna questione che la riguarda, sia con la giusta pretesa a pari opportunità e parità di trattamento. Quel movimento, planetario, si può affermare che sia stato l'apripista per emancipare molte altre situazioni di marginalità, di esclusione, di svantaggio, tanto da avere ampliato i tratti e l'accezione dello stesso concetto di "pari opportunità" che fino a poco tempo fa induceva a pensare alla sola (ed è già molto) prospettiva di genere.
Questo percorso ci è quanto mai lampante ad una lettura storica degli atti stessi, per di più fondanti, dell'Unione Europea che al tema delle pari opportunità e del divieto di ogni discriminazione ha dedicato molte disposizioni nel tempo rendendole cogenti anche per le politiche dei Paesi membri.
E in questa direzione vanno certamente rammentati, come punto di arrivo e di partenza, il Trattato di Amsterdam (1997), che modifica il trattato sull'Unione europea, che laddove richiama in più passaggi i principi di parità e pari opportunità tra uomini e donne, ma sancisce anche l'eliminazione di ogni forma di ineguaglianza e discriminazione, e successivamente la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (2000) che all'articolo 21 (Non discriminazione) riprende in modo nettissimo quei concetti: "è vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali".
Ma garantire le pari opportunità equivale meramente a contrastare le discriminazioni? No, l'assenza di pari opportunità, a voler adottare un poco esaustivo criterio causale, è uno degli effetti della discriminazione. Ma a ben vedere la ripropone, la alimenta, la enfatizza. Ma qui ci addentriamo in riflessioni e analisi che meriterebbero ben altre indagini. Di certo le politiche e la azioni per garantire pari opportunità non si possono limitare alla riproposizione di principi senza interventi diretti: di controllo, di sanzione, ma anche di promozione, di incentivo allo sviluppo della consapevolezza, all'attivazione di sostegni, di servizi, di soluzioni e modelli inclusivi. Nel frattempo anche il movimento delle persone con disabilità ha saputo attirare l'attenzione dei maggiori consessi internazionali sul tema delle pari opportunità. Viene quasi automatico ricordare le "Regole Standard per le pari opportunità delle persone disabili" adottate dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel dicembre del 1993. Realizzare le pari opportunità - secondo la formulazione delle Regole Standard - significa rendere possibile un processo attraverso il quale le differenti società e i diversi ambienti, così come i servizi, le attività, l'informazione e la documentazione, siano resi accessibili a tutti, specialmente alle persone con disabilità. Accessibile - lo ripeteremo alla noia - va intesa nella sua più ampia accezione possibile, non certamente solo fisica.
A marcare ancora di più l'essenziale diritto alle pari opportunità è la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. Le pari opportunità sono contemplate in modo netto fra i principi della Convezione alla pari del rispetto per la dignità intrinseca, l'autonomia individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte, e l'indipendenza delle persone, la non discriminazione, la piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società; il rispetto per la differenza e l'accettazione delle persone con disabilità come parte della diversità umana e dell'umanità stessa, l'accessibilità, la parità tra uomini e donne. I principi non possono trovare una applicazione parziale, ma devono essere garantiti nella loro completezza poiché sono fra essi profondamente, e anche logicamente, correlati. A ben vedere la parità di opportunità non investe solo ambiti quali l'istruzione o il lavoro, ma riguarda tutti gli ambiti della vita, della salute, dell'accesso ai diritti civili e sociali.
Il messaggio portante stesso della Convezione ONU non è quello di stabilire nuovi o particolari diritti per le persone con disabilità, ma di garantirne l'esigibilità e l'esercizio al pari di qualsiasi altro cittadino. Un richiamo estremamente operativo poiché impone agli Stati di attivare politiche, servizi, garanzie utili a porre le persone con disabilità nelle stesse condizioni di tutti, di rimuovere ostacoli e barriere di qualsiasi natura, di garantire soluzioni, supporti, accomodamenti ragionevoli che vadano in quella direzione.
Quanto siamo lontani ancora dalle pari opportunità è una domanda del tanto comprensibile quanto è sconsolante la risposta. Le risposte si raccolgono con agevole sconforto confrontando le difficoltà che incontrano le persone con disabilità nell'accedere a servizi o nell'approfittare di opportunità normalmente agevoli per gli altri cittadini, consumatori, utenti, pazienti. E sono le più diverse e importanti: dall'essere informati all'esercitare il diritto di voto, dal partecipare ad un concorso al ritirare contanti al bancomat, dalla fruizione delle offerte del mercato elettronico al godere del patrimonio culturale. È un gap che non può essere indennizzato, non può meramente trasformarsi in una compensazione monetaria, poiché l'esclusione comporta una compressione dei diritti e delle opportunità che sospingono o mantengono le persone ai margini delle collettività.
A dieci anni dalla ratifica della Convenzione ONU tutto questo non è ancora stato metabolizzato, non è passato dall'elencazione di principi alla fase di compiuta applicazione. E così le persone con disabilità continuano a correre in quelle corsie costellate di ostacoli, nella pigra indolenza dei giudici di gara, senza arrivare ai traguardi verso cui è umanamente legittimo aspirare.

Convenzione Onu e pari opportunità
Se ne parla espressamente:
Preambolo, lettera f) e y) richiamando i principi del Programma mondiale di azione riguardante le persone con disabilità e nelle Regole standard sulle pari opportunità delle persone con disabilità e l’utilità in questo senso della Convenzione stessa.
Articolo 3, indicando la parità di opportunità fra i principi fondanti della Convenzione assieme anche alla parità fra uomini e donne.
Articolo 24, rimarcando che il diritto all’istruzione delle persone con disabilità deve garantire pari opportunità.
Articolo 27, in materia di lavoro e occupazione si richiamano le parità di opportunità e l’uguaglianza di retribuzione.
L’esercizio degli specifici diritti su base di uguaglianza con gli altri è richiamato in gran parte degli articoli della Convenzione e in particolare: Articolo 7 - Minori con disabilità, Articolo 9 – Accessibilità, Articolo 12 - Uguale riconoscimento dinanzi alla legge, Articolo 18 - Libertà di movimento e cittadinanza, Articolo 21 - Libertà di espressione e opinione e accesso all’informazione, Articolo 29 - Partecipazione alla vita politica e pubblica.



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