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Kaleîdos

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Numero 8 del 2019

Titolo: 3 mariti che odiano le donne

Autore: Laura Laurenzi


Articolo:
(da «F» n. 11 del 2019)
Georges Simenon, Albert Einstein, Diego Rivera. Tre geni della letteratura, della scienza, dell'arte. Ma tra le mura domestiche questi numeri uno hanno dato il peggio: misogini, infedeli e narcisi, si sono circondati di figure femminili che li veneravano come dei. Donne che per colpa loro hanno sofferto le pene dell'inferno
«Sono attratto da tutte le donne. Alte, basse, grasse, magre. Non è una questione di estetica, né di pelle. Considero che se non posso avere una donna, perdo qualcosa». Ecco il credo di Georges Simenon, uno dei più prolifici scrittori del mondo (418 opere che saranno tradotte in una cinquantina di lingue diverse e venderanno oltre mezzo miliardo di copie) e anche uno dei più libertini. «Dall'età di 13 anni e mezzo ho avuto diecimila donne. Il mio non era assolutamente un vizio. Non ho perversioni sessuali: avevo solo bisogno di comunicare». Amori grandi e meno grandi, migliaia di visite nei postriboli, una serie infinita di coiti frettolosi e furtivi. Si sposa giovanissimo e comincia immediatamente a tradire la moglie Regine Renchon detta Tigy: «Ho trascorso con lei più di 20 anni e ho sempre dovuto mentire e nascondermi». È proprio durante la prima notte di nozze che sua moglie gli annuncia: «Se vai con un'altra mi ammazzo». Un ricatto che non funzionerà, ma che lascia il segno. Dieci, cento, mille: il suo eros è dettato dalla coazione a ripetere. Donne senza volto e grandi star. Uno dei suoi amori più carnali e travolgenti è quello con Joséphine Baker, amante che condivide con lo scrittore Ernest Hemingway e con l'architetto Le Corbusier. Di talamo in talamo, molto prima di approdare a personaggi come il commissario Maigret, Simenon diventa uno specialista di racconti porno soft, che firma con i suoi 27 pseudonimi: «A quel tempo ero soltanto un povero fabbricante di piccole novelle galanti», dirà. Storie licenziose e salaci, spesso pervase di ironia. Ruolo fondamentale nel suo ménage con Tigy ha la domestica-amante. Si chiama Henriette Liberge e Simenon la ribattezza Boule per il suo viso paffuto. Superate le reciproche diffidenze, Tigy e Boule diventano inseparabili e faranno (invano) fronte comune contro la temibile Denise. È in America, dove fra Canada e Stati Uniti vive per 10 anni, che Simenon incontra la donna destinata a incarnare la passione viscerale, la febbre, il delirio, il fuoco, lo smarrimento, l'esaltazione, l'estasi: questo, e molto altro, è Denise Ouimet, la canadese di 25 anni che, entrata in casa sua come segretaria, diventerà la sua seconda moglie e gli darà tre figli. Ma anche l'amore assoluto non implica necessariamente la fedeltà. Simenon descriverà Denise, presto caratterizzata da instabilità mentale, come «una donna dagli istinti di puttana» e farà di tutto per assecondarli.
Passa da una cameriera all'altra
Lo scrittore in quel periodo è all'apice del successo, guadagna (e spende) cifre sbalorditive, ma non è felice, devastato dalla sua bulimia sessuale. Gli anni passano e Boule va in pensione ma il suo posto non rimane vuoto: assunta come segretaria personale di Denise, la friulana Teresa Sburelin diventa, appunto, la nuova Boule. Nell'autunno della vita Simenon si rifugia fra le sue braccia, le braccia colme di tenerezza di un'amante-infermiera, governante e vestale, così sottomessa che non gli chiede neanche di divorziare. «Non l'ho mai tradita né mai la tradirò», annuncia lui. Chissà se ha detto la verità.
Dietro il Nobel di Einstein, la prima moglie
Quanto può essere crudele, ingrato, egoista un uomo nei confronti della prima moglie? Anche i geni sanno rivelarsi meschini. E la vicenda di Albert Einstein e della moglie Mileva Maric, compagna di università al Politecnico di Zurigo, è un esempio lampante. Lei lo aiutò a mettere a fuoco la teoria della relatività, secondo alcuni studiosi ne fu addirittura la coautrice, per finire poi rottamata non appena lui diventò famoso. Mileva è profondamente determinata nel rinunciare al suo talento paritario, abdicare a ogni progetto di gloria, nell'annullarsi e sottomettersi per celebrare l'eroe maschio della scienza universale. «Una persona che mi sta alla pari, una creatura uguale a me, forte e indipendente come me», la definì il genio. Sarà l'unica donna alla quale, per breve tempo, Einstein si abbandona con la pienezza della passione. Nelle lettere Albert la chiama streghina adorata, piccolo tesoro radioso, mio piccolo tutto, bricconcella, pazzerella, mia cara micina. Una ragazza eccezionale la Maric, non bella, non elegante, non fascinosa, e per giunta anche zoppa, osteggiatissima dai genitori di lui: «Quella non è una donna, è un libro, proprio come te, mentre ciò di cui tu hai bisogno è una moglie», tuonerà Pauline Einstein. Mileva è un fenomeno. Così intensa, così determinata.
Anaffettivo, una donna vale l'altra
A scuola la chiamavano «la santa» per l'ardore ascetico con cui si consacrava allo studio. Hanno tre figli: due maschi, uno dei quali con problemi mentali; la primogenita, nata quando i genitori non sono ancora sposati, viene fatta sparire, nascosta, forse data in adozione. La piccola Lieserl è il vero buco nero nella vita di Einstein. Della sua esistenza si verrà a sapere per caso, 84 anni più tardi, da un pacco di lettere dimenticate in una soffitta. Se la vita di Einstein fosse un film, saremmo alla fine del primo tempo. Il secondo tempo racconta della gloria e della fama, del premio Nobel, del secondo matrimonio con la cugina Elsa, poi abbondantemente tradita, dell'iniziale incertezza se sposare lei o piuttosto la figlia Ilse di 22 anni: «Decidete voi, per me è uguale». Il secondo tempo racconta il rancore livido di Mileva, da cui si separa nel 1918: «Sono sopravvissuto non solo al nazismo, ma anche a due mogli», ripete Einstein. Sono gli anni del trasferimento negli Stati Uniti, della cattedra a Princeton, dei riconoscimenti e dei massicci corteggiamenti di donne adoranti disposte a tutto solo per incontrarlo, per esser ammesse al suo cospetto e farsi spiegare la teoria della relatività, e di quel gineceo fatto di figliastre, fidanzate, spie, governanti e segretarie che per anni lo protegge e lo serve. Nell'ombra il drastico sfiorire di Mileva, morta povera e dimenticata, come dimenticati dal padre sono i due figli, il minore chiuso in una clinica psichiatrica. Ecco, è l'anaffettività ciò che meglio connota l'eccezionale carriera di Albert Einstein: bastare a se stesso, anteporre la scienza e la ricerca a ogni possibile divagazione, prendendo però a piene mani - senza lasciarsi coinvolgere - ciò che la vita e il successo, gli offrono.
Frida Kahlo lo ama, ma lui è un misogino crudele
Un marito peggiore, più laido, non poteva capitarle. La tradisce con centinaia di altre donne e Frida non solo lo perdona ma arriva addirittura a sposarlo due volte, e di questa sofferenza sembra nutrire le sue piaghe e la sua bruciante creatività. Lo racconta bene anche il capitolo a lui dedicato dell'antologia «Mariti», appena uscito per Piemme. Per Frida, Diego sarà sempre il carnefice e insieme il suo mito. E Rivera ne approfitterà ogni secondo: «Quando amavo una donna, più l'amavo e più volevo farle del male - confesserà nella sua autobiografia - e Frida era la vittima più evidente di questo spregevole tratto della mia personalità». Ragazza sfortunata: la poliomielite, l'incidente, l'invalidità. Precoce e sfrontata, a 15 anni si innamora del pittore più famoso del Messico, una leggenda vivente. Lui ha più del doppio dei suoi anni: 37. L'agonia di Frida ha inizio il giorno dello scontro fra due autobus: gli interventi chirurgici, gli innesti ossei, i rattoppi, ma più l'infermità la azzanna, più Frida trasferisce nei quadri la sua bramosia di esistere. Con Diego si sposano precipitosamente, il padre di lei disapprova: «Era come un matrimonio fra un elefante e una colomba», dirà. Lui pesa 150 chili, lei è uno scricciolo. Solitudine, abbandono, disperazione e ben quattro aborti costellano i primi anni di nozze.
La tradisce anche con la sorella Cristina
Miniaturista dell'angoscia, Frida sfida le avversità raccontandole nei suoi quadri simili a ex voto, e ritraendosi così come si addobba: una divinità azteca. Assistenti, ammiratrici, discepole, segretarie si alternano nel talamo di Rivera, che non bada certo a salvare la forma, tanto più che la moglie si sforza di incassare con distratta eleganza. In realtà Frida si macera in quel dolore vampiro. Scrive: «Lo amo con tutti gli amori». Ogni tanto esplode, ma poi piega la testa. Accetta anche che Rivera diventi l'amante di Cristina, la sua sorella più amata. Ma per non soccombere si vendica: anche lei diventa infedele, conquistando con la sua grazia ambigua uomini e donne, senza tuttavia mai esibirli, a differenza di quanto faceva il marito, maschilista fino al midollo.
Il «principe rospo» continua a sedurre
Si consuma così di nascosto la liaison tra Frida e il politico russo Lev Trockij. Lei era molto più lusingata che innamorata, le piaceva essere desiderata dall'idolo politico del marito, ma non ne era attratta. Non fu un grande amore neppure quello con Nickolas Muray, fotografo e mecenate delle arti. Per Frida esisteva un solo uomo: Diego Rivera, il suo «principe rospo». Quando il marito, legato in quei mesi all'attrice Paulette Goddard, già moglie di Charlie Chaplin, le chiede il divorzio per lei è una tragedia: è il ripudio, il taglio netto, il colpo di ghigliottina. Ma sarà un divorzio davvero sui generis: dopo un anno si rimettono insieme, è come se non si fossero mai lasciati. A far da paciere è il medico di Frida, il dottor Leo Eloesser. «Stare lontani vi fa malissimo alla salute», li convince. E così si risposano, l'8 dicembre del 40. Ma nulla cambia: lui continuerà a tradirla serialmente, lei continuerà ad amarlo languendo nel dolore e nella malattia. La storia si ripete quando Diego si innamora di un'altra donna famosa e bellissima: l'attrice messicana Maria Félix. La vuole sposare e per questo non esita a chiedere a Frida, ormai paralizzata e con una gamba sola, il secondo divorzio. Sarebbe andato fino in fondo se solo la Félix non avesse respinto la sua proposta di nozze. Rivera sopravvivrà a Frida per tre anni. La malattia, un tumore che gli provocò la cancrena del pene, non gli impedì tuttavia un nuovo matrimonio: sposerà la sua agente e la sua ultima amante, Emma Hurtado.
Laura Laurenzi



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