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Kaleîdos

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Numero 11 del 2019

Titolo: Guida alla salute delle donne

Autore: Redazionale


Articolo:
Ma sono vere intolleranze?
(da «Intimità» n. 21 del 2019)
Si manifestano con reazioni avverse a determinati cibi o sostanze. Bisogna però fare delle distinzioni
Muoversi nell'ambito delle intolleranze alimentari è un po' come attraversare un campo minato. Occorre innanzitutto imparare a riconoscerle e a distinguerle dalle allergie.
«L'allergia alimentare è una risposta del sistema immunitario, mentre l'intolleranza è una sorta di momentaneo rifiuto del corpo verso quella determinata molecola», spiega Manuela Mapelli, biologa nutrizionista. «Dall'intolleranza, quindi, si può guarire se viene diagnosticata e curata in modo adeguato da un nutrizionista. Negli ultimi quarant'anni le allergie alimentari sono triplicate. In Italia gli allergici sono circa 1,8 milioni di cui 600 mila al glutine. Per le intolleranze, circa 3 milioni al glutine, un milione al lattosio e 5 al nichel».
Di norma, le allergie alimentari importanti compaiono sin da piccoli e, nei casi più gravi, possono dar luogo a shock anafilattico. Se per diagnosticare le allergie esistono test specifici, come lo skin prick test, esami sierologici e il test di provocazione orale, per le intolleranze i test proposti non hanno validità scientifica.
«L'intolleranza può manifestarsi anche in età matura, tra i 40 e i 50 anni», prosegue la nutrizionista. «A scatenarla possono essere determinate condizioni organiche: stress o abuso di certi alimenti, dieta sbagliata, o semplicemente il nostro corpo non è più in grado di scomporre o sintetizzare quella molecola. Ci accorgiamo di essere intolleranti a un certo cibo perché si manifestano malessere, disturbi gastrointestinali, dermatiti, eczemi o pruriti, mal di testa. Non esiste però un protocollo univoco da seguire».
L'intolleranza alimentare viene diagnosticata da uno specialista nutrizionista o dietologo che, in base alle abitudini del paziente, individua il problema e propone un piano personalizzato.
Aumenti sospetti
La reazione avversa al cibo si stabilisce dopo aver escluso un'allergia alimentare. Individuato l'alimento sospetto, lo si elimina per 2-3 settimane e poi lo si reintroduce per altre 2-3 settimane. Se i sintomi scompaiono abolendo l'alimento sospetto e ricompaiono una volta reintrodotto significa che c'è intolleranza. «Se è un determinato alimento a causare il problema va tolto dalla dieta, ma solo temporaneamente», precisa Mapelli. «Va poi pian piano reintegrato, affinché il corpo possa riabituarsi a quella sostanza. Si stanno facendo molti studi sulle intolleranze, ma serve una corretta informazione e l'indicazione pratica per gestirsi bene a casa. Rispetto a una volta, oggi abbiamo molte più informazioni per aiutare il paziente, così possiamo mettere a punto ricette ad hoc per soddisfare anche il piacere del gusto».
La ristorazione collettiva si mostra più sensibile al problema e nelle grandi città iniziano le prime proposte di cibi o menù alternativi per gli intolleranti. Tuttavia, per un vero cambiamento, va creata una collaborazione tra il nutrizionista e lo chef.
Valeria Cudini



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