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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Gennariello

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Numero 6 del 2019

Titolo: Scelte da voi

Autore: Redazionale


Articolo:
Il porcospino monello
Il bosco dei tre aceri viveva felice a ridosso di una grande città ed era abitato da moltissime creature, alberi, piante e animali. Tutti andavano d'amore e d'accordo perché avevano capito che, solo aiutandosi l'un l'altro, potevano sopravvivere all'inquinamento e ai problemi del mondo.
Ogni mattina, gli aceri, i pini e gli olmi fabbricavano aria pulita per tutte le creature, mentre dalle piccole sorgenti sgorgava acqua limpida che serviva a mille usi. Anche gli animali collaboravano alla vita del bosco per far funzionare ogni cosa a puntino. Mentre il gufo faceva il postino, portando le notizie da una parte all'altra, il pipistrello era il parrucchiere di tutti.
Cucinare spettava invece al lupo, considerato un grande chef e aiutato dalla volpe. Le corna dell'alce, del cervo e dello stambecco servivano a legare i fili dove stendere la biancheria, mentre l'orso faceva il bucato. Allo stesso modo, tutti gli altri animali svolgevano un compitino domestico: il tasso, lo scoiattolo, il camoscio, la talpa, l'aspide, l'ermellino, la salamandra, il grifone, la lince, il marasso, la lontra e il cinghiale. Il ghiro poi aveva rinunziato a qualche oretta di sonno per cantare la ninna nanna a tutti i piccoli del bosco.
Insomma, il bosco viveva in armonia, finché un giorno arrivò un porcospino che decise di scavarsi una tana proprio fra i cespugli di quel luogo quasi magico. Durante la notte, il porcospino camminava, alla ricerca di qualcosa da mangiare, mentre di giorno riposava nella sua tana, lontano da tutti.
L'animale era quindi guardato dagli altri con sospetto e nessuno lo aveva mai invitato a presentarsi o a scambiare due chiacchiere. Dal canto suo, il porcospino ricambiava quell'ostilità e quando gli capitava di incontrare un animaletto sulla sua strada o vicino alla sua tana, drizzava gli aculei finché il malcapitato non fuggiva impaurito.
Drizza oggi e drizza domani, le creature del bosco decisero di riunirsi per parlare del nuovo venuto. «È cattivo!» disse la volpe. «Si comporta malissimo!» rispose il ghiro. «Non mi ha mai rivolto la parola!» sbottò l'aspide. «L'ultima volta che mi ha visto, ha drizzato gli aculei in un modo...» fece eco la lontra, spaventata. «Ora basta, dobbiamo prendere provvedimenti!» decisero tutti in coro mentre si recavano, in fila per due, alla tana del porcospino. «Esci!» lo minacciarono, giunti davanti alla tana. «Cos'hai da dire in tua difesa?» aggiunsero gli animali.
Rosso in viso, il porcospino uscì e, mortificato, rispose: «Da quando mi sono trasferito nel bosco, nessuno mi ha mai rivolto un sorriso, una parola buona o una gentilezza. Per voi sono sempre stato un problema da risolvere, così anche voi lo siete diventati per me: tanti piccoli ostacoli da affrontare, ognuno con una faccia diversa».
«Suggerisco che le cose possono cambiare!» soffiò uno dei tre aceri, considerati gli anziani e saggi fondatori del bosco. «Fino ad oggi ti avevamo creduto cattivo, ma questo incontro è stato utile a conoscerci» aggiunse il vecchio acero, piantato proprio accanto alla tana del porcospino. «Ci siamo comportati veramente male nei tuoi confronti!».
«No, signor acero. Sono io che devo chiedervi scusa per non aver detto prima quello che pensavo. Se vi avessi sorriso e guardato in modo benevolo, le cose sarebbero state diverse. Chiedo scusa a tutti» disse il porcospino, con gli occhi bassi.
Così, nell'imbarazzo generale, il porcospino e gli altri animali compresero che un sorriso e una parola sincera aiutano a conoscersi e che conoscersi aiuta a capirsi.
Da quel momento, anche il porcospino prese parte alla vita del bosco insieme alle altre creature. E da quel giorno, furono sorrisi e parole buone per tutti.
Marcella Geraci da «Ti racconto una fiaba»

Bobo il ghiro pigro e dormiglione
Bobo, un ghiro pigro e dormiglione, veniva svegliato tutte le mattine dalla propria mamma, la quale lo incitava ad alzarsi presto per recarsi a scuola.
«Su, su, poltrone!» ripeteva mentre gli preparava lo zainetto con all'interno una abbondante colazione, dopodiché lo invitava ad uscire dalla cavità del grande albero, dove tutta la famiglia risiedeva da diverse stagioni.
Dopo i vari richiami, il piccolo ghiro si incamminava brontolando lungo la via.
«O come sono stanco!», si lamentava, mentre procedeva a passo lento. Poco dopo giunto ad un bivio della strada si imbatté nell'amico Bill, un leprotto svelto e astuto.
«Come va oggi?» gli chiese.
«Come al solito» rispose il ghiro.
«Conoscendo la tua pigrizia, ti propongo un baratto» disse Bill. «Se mi offrirai la tua colazione, ti farò salire sul mio dorso, vedrai, giungeremo a scuola in brevissimo tempo».
Bobo ci pensò un attimo e poi rispose: «Affare fatto!».
Pertanto aprì lo zainetto e gli porse la propria merenda, poi si posizionò sul dorso dell'amico, il quale si avviò come un portento; una volta arrivati a scuola presero posto nei propri banchi.
Giunta l'ora di ricreazione, tutti i presenti cominciarono a scartare la propria merenda, tranne il piccolo ghiro, che non avendo nulla da mettere sotto i denti, osservava i propri compagni con un certo languore e preso dai morsi della fame, a stento riuscì a seguire la lezione e si pentì quasi subito di aver accettato un simile baratto.
Dopo quella spiacevole esperienza, il piccolo Bobo comprese la lezione e quando la mamma lo incita ad alzarsi presto, esso balza in piedi in un baleno, recandosi a scuola in tutta fretta, con l'ammirazione e orgoglio di mamma ghiro.
Annamaria Villani da «Ti racconto una fiaba»



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