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Kaleîdos

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Numero 12 del 2019

Titolo: Orgogliose di essere imperfette

Autore: Benedetta Sangirardi


Articolo:
(da «F» n. 21 del 2019)
Braccia tornite, fianchi e cosce generosi, un filo di pancetta. Eppure le sue foto in costume hanno fatto il giro del mondo senza filtri e ritocchi, raccogliendo oltre 800 mila like in poche ore.
Lei è Jill Megan Kortleve, 25 anni, olandese dai colori mediterranei, ed è protagonista della campagna beachwear di H&M. Modella curvy, sexy da far tremare il Messico dove è stata fotografata. Bellissima con quegli occhi lunghi e scuri, labbra carnose e sopracciglia alla Frida Kahlo, Jill non è solo una dea di taglia più grande: ha qualche difettuccio, come il punto vita segnato poco. Una di noi insomma, o quasi. Ed è diventata un simbolo per tutte le donne stanche dei superbody da spot. «Grazie per aver mostrato un corpo vero», «Finalmente una donna reale», sono alcuni commenti sulla pagina Instagram del marchio. Le fa eco Dani Miller, musicista della scena punk newyorchese, negli spot Gucci Beauty, dove un rossetto intenso mette in risalto la sua bocca irregolare (e senza un dente!). Una campagna «per i coraggiosi, i brillanti e i belli, positiva e piena di libertà», ha dichiarato Alessandro Michele, direttore creativo della maison. La moda apre all'imperfezione: è un'inversione definitiva? Lo abbiamo chiesto a due esperti.
Francesco Morace
Sociologo dei consumi e docente del Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è «Futuro + umano» (Egea),
Magrezza e perfezione hanno perso fascino. E indietro non si torna
D. Professore, come si spiega il successo di campagne che mostrano donne «normali»?
R. È il risultato di un lungo percorso iniziato già da qualche anno e che rende, finalmente, straordinaria la normalità. Anche nel mondo della moda, il più refrattario nell'accettare l'imperfezione e spesso ostinato a vendere un modello di bellezza senza nessuna asimmetria.
D. Che cosa è cambiato?
R. La moda, anche grazie allo scontro in atto tra élite e popolo, sta riadattando tutti i canoni: la magrezza ha perso il fascino di un tempo.
D. Lei ha seguito una ricerca di mercato che traccia l'evoluzione del rapporto della donna con il proprio fisico. A che punto siamo?
R. A un grado di accettazione molto più elevato rispetto al passato. Le donne, per loro psicologia, sono più autocritiche rispetto agli uomini. Ma oggi non tendono più al perfezionismo quanto al benessere.
D. Riguarda anche le ragazze giovani?
R. Sì: imparano a conoscere i propri difetti, i limiti, senza viverli come ostacoli da rimuovere. Pensi a come è cambiato il mondo influencer: una volta erano solo star e celeb. Oggi qualsiasi ragazza, dimostrando le proprie capacità, può diventarlo.
D. Gli uomini che ruolo hanno in questo discorso?
R. Per definizione seguiamo l'onda. Se cambia il modello femminile e il modo in cui le donne stesse si guardano, modifichiamo il nostro sguardo. C'è da dire però che noi maschi italiani siamo attratti da sempre dall'archetipo più giunonico, dalla bellezza romana.
D. Un'evoluzione del significato di bellezza o solo una fase passeggera?
R. No, non è un momento. La rivoluzione è davvero in atto, e a breve campagne pubblicitarie come quelle di H&M o Gucci non faranno più notizia. E non vedremo nemmeno più gli eccessi opposti, stilisti che fanno sfilare donne anche in sovrappeso, il che non è nemmeno un messaggio positivo. Credo nel raggiungimento di un giusto equilibrio.
D. Che cosa vedremo?
R. Donne con carattere, grintose, che inviano messaggi chiari al di là delle proprie piccole o grandi imperfezioni. Sono le ragazze di oggi, più libere di decidere che cosa e come essere, senza essere categorizzate dalla società in belle o brutte, brave o meno.

Maria Luisa Frisa
Direttrice del Corso di laurea in Design della moda e Arti multimediali all'Università Iuav di Venezia
La moda oggi insegna a essere speciali nella nostra unicità
D. Che cosa pensa della tendenza della moda di mostrare donne «normali»?
R. L'attenzione oggi si sta spostando verso un'idea di bellezza basata sulla personalità e sull'accettazione dell'imperfezione, dal naso importante alla pelle con difetti.
D. Da che cosa dipende?
R. Dalla necessità della moda di essere inclusiva e non esclusiva. La moda ha una grande responsabilità: quella di far capire che si può essere vincenti mettendo in scena bellezze, personalità, figure lontane da quelle a cui siamo abituati.
D. Un sorriso imperfetto diventa un messaggio positivo?
R. Sì, perché mostra sensibilità ed empatia rispetto alle diverse forme della bellezza. Non più una visione unica ma sfaccettata. Accade da tempo anche grazie a personaggi come Bebe Vio, che hanno avuto il coraggio di trasformare anche la disabilità in forza. Alexander McQueen, lo ricordo, aveva mandato in passerella una modella con le protesi, valorizzandole come elementi di bellezza.
D. Quindi è una forma di accettazione della diversità?
R. Certo, perché ognuno di noi è differente, non solo fisicamente, ognuno ha un proprio mondo da mostrare. È la grandezza dell'inclusione, che la moda ha accolto.
D. È un processo definitivo o una fase di passaggio?
R. Credo stiamo registrando un momento, un'inversione di tendenza rispetto a quando il mondo del fashion era parecchio legato a stereotipi. Con questo passaggio, la moda ci aiuta ad accettare e non nascondere i nostri difetti, i capelli bianchi, la vecchiaia. Ognuno di noi ha elementi lodevoli nella propria fisicità, coltiviamoli e apprezziamoli. Accettarli vuol dire farli diventare punti a nostro favore.
D. Lei ha detto in diverse occasioni che la moda è lo strumento più potente per definirci. Perché?
R. La moda non equivale a indossare un abito, ma è un processo che ci permette di trascenderci, è un grandissimo strumento di affermazione. Se sappiamo vestirci, atteggiarci, pettinarci, riusciamo a riconoscerci e farci riconoscere.
D. Come si fa?
R. Superando la paura di renderci evidenti rispetto a qualcun altro, di avere un abbigliamento e un atteggiamento tali da sentirci speciali. Anche questo concetto lo ripeto spesso: le donne eleganti e dalla personalità spiccata non sono mai belle. Alle donne belle basta la loro bellezza, le altre sono costrette a crearsi un personaggio. Pensi a Maria Callas, o ad Anna Piaggi, passate alla storia come elegantissime e piene di temperamento.
D. C'è un oggetto o un tipo di abito che rende una donna bella, elegante, indipendentemente dall'aspetto fisico?
R. No, assolutamente, altrimenti rischiamo di ricadere negli stereotipi. Ognuna di noi decide che cosa la rende davvero speciale, quell'elemento che fa suo e che la rende unica.
Benedetta Sangirardi



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