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Corriere dei Ciechi

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Numero 6 del 2019

Titolo: 10 ANNI DI CONVENZIONE ONU- Il tempo libero, tempo di libertà e inclusione

Autore: Carlo Giacobini


Articolo:
Leisure lo chiamano gli inglesi, loisir i francesi, gli spagnoli lo chiamo ocio evocando il latino otium. In italiano, al contrario non esiste un lemma unico ed univoco per definire il tempo libero, per definirne la vocazione al godimento, l'autodeterminazione, il tempo per sé cioè quello appunto libero da occupazioni lavorative, siano esse retribuite o di origine, diciamo, domestica.
Anche questa diversità linguistica e semantica avrà forse i suoi motivi che non staremo qui ad indagare ma che forse dipende da differenti sensibilità nelle diverse culture e quindi dall'esito della millenaria tensione fra la condanna dell'ozio (il padre dei vizi) da un lato e il riconoscimento del valore dell'edonismo e della quiete creativa dall'altro. Ma non lasciamo nella penna e alle riflessioni del lettore ulteriori considerazioni.
Nelle attività di tempo libero possiamo individuare alcuni tratti caratterizzanti e dal peso differente in cui è determinante la percezione soggettiva. È, intanto, quel tempo non impegnato da carichi lavorativi, un ambito in cui la persona può decidere liberamente quali attività svolgere, generalmente orientate al proprio piacere nel senso più ampio del termine. C'è, a monte, un più sfuggevole, ed altrettanto variabile, elemento legato alla stessa strutturazione del tempo personale. Sembra difficile e allora lo chiariamo con un esempio: alcuni gruppi sociali dispongono di un più ampio tempo libero. Fra questi sicuramente i giovani e gli anziani, ma anche - involontariamente - molte persone con disabilità magari proprio perché escluse dal mondo produttivo. Senza scomodare quei filoni di analisi sociologica che della strutturazione del tempo si sono occupati, l'ampiezza indefinita del tempo libero a disposizione può generare effetti avversi quando il singolo e il gruppo non riescono o possono strutturare in alcun modo quei momenti: finire in balia di altri, rivolgersi ad attività per nulla inclusive o ricreative, ricercare dinamiche di dipendenza del tutto simili a quelle lavorative, con lo stress che ne deriva, maturare sensazioni di disorientamento, destrutturazione, inconcludenza. Già qui possiamo intuire il maggiore rischio a cui sono esposte le persone con disabilità.
È in questo scenario che diviene fondamentale per le cosiddette società avanzate che l'offerta per il tempo libero sia la più ampia e personalizzabile possibile e rispondente alle specifiche peculiarità, passioni, aspettative, inclinazioni.
E quel tempo, lo ricordiamo, può essere destinato alla più ampia gamma di esperienze che possono andare da quelle che si realizzano a casa, in privato, a quelle che presuppongono relazioni esterne, movimento, contatto con il territorio profittando delle opportunità che questo offre (teoricamente) a tutti. E quelle attività possono essere di ricerca di relax, di miglioramento della propria condizione psico-fisica, di crescita culturale, di sviluppo della creatività.
Ma se il ventaglio delle opportunità è estremamente ampio e sempre più variegato, gli ostacoli che si pongono possono drasticamente ridurre l'ampiezza del ventaglio. E ciò può dipendere da ragioni economiche (le persone con disabilità sono a maggiore rischio di impoverimento), da limitazioni funzionali che comportano il supporto di terzi non sempre presenti, da evidenti barriere fisiche o gestionali dei prodotti e dei servizi cosiddetti ricreativi.
La Convezione ONU sui diritti delle persone con disabilità presta attenzione a questi aspetti con uno specifico articolo (il 30) che riguarda la “Partecipazione alla vita culturale e ricreativa, agli svaghi ed allo sport”.
Si nota immediatamente come gli àmbiti dell'offerta culturale, della pratica sportiva, in sé ben identificabili, siano affiancati a quelli logicamente più indefiniti delle opportunità ricreative e degli svaghi.
Per tutti vi è comunque un richiamo a garantirne l'accessibilità e la fruizione per tutti in condizione di pari opportunità. Lo stesso articolo entra anche nel merito dell'accessibilità ai prodotti culturali, ai luoghi in cui si svolgono attività culturali, di svago, o ricreative. È questo, d'altra parte, un principio fondante e trasversale a tutta la Convenzione: i servizi e i prodotti di una collettività, per definizione, devono essere aperti a tutti. Non sfugge poi l'attenzione riservata ai minori e al loro diritto di partecipazione (inclusiva) a tutte le attività ludiche, straordinario momento di crescita anche intellettuale e relazionale.
E qui sorge una riflessione circa il fatto che l'inclusione con la collettività di riferimento avvenga anche (ci verrebbe quasi da scivolare in un "e soprattutto") nelle attività e iniziative di svago. Si pensi, solo ad esempio, a quelle iniziative, manifestazioni, feste che caratterizzano moltissime comunità locali e sono l'espressione non solo della loro storia e identità, ma anche della loro volontà di sentirsi appunto comunità, luogo di relazione e di costruzione sociale. Ricercare anche in quelle occasioni la presenza delle persone con disabilità, adottando tutte le soluzione per favorire l'accessibilità e il godimento di quegli eventi, rappresenta una straordinaria leva per l'inclusione e per la reciproca contaminazione di esperienze umane.
A fronte di queste visioni, purtroppo, va invece rilevato come, anche nell'accesso ai servizi e ai prodotti per il tempo libero, le persone con disabilità subiscano discriminazioni, dirette o indirette, o subiscano effetti negativi dall'assenza di facilitazioni.
I dati, quei pochi che ci sono, non sono certo incoraggianti.
Nel 2016 ISTAT, nella sua ricerca sugli “Aspetti della vita quotidiana”, a proposito di consumi culturali, ci raccontava che nel corso di un anno solo il 10,7% delle persone con disabilità sopra i 14 anni è andato al cinema, a teatro o a vedere qualche spettacolo, rispetto al 20,6% delle persone senza disabilità. La percentuale più bassa di fruizione di eventi culturali e del tempo libero si registra tra le donne con disabilità: l'8,9% contro il 13,3% degli uomini con disabilità e il 18,1% delle donne senza disabilità (risulta invece pari al 23,0% tra gli uomini senza disabilità). Ancora una volta la discriminazione multipla.
La stessa ricerca, non a caso, riporta che le persone con disabilità che si dichiarano poco o per nulla soddisfatte rispetto alla fruizione del proprio tempo libero sono il 39,8%, contro il 29,0% delle persone senza disabilità. Ancora una volta le donne rispetto agli uomini si dichiarano più insoddisfatte della fruizione del proprio tempo libero, e in misura maggiore se si tratta di donne con disabilità: il 42,6% contro il 35,9% degli uomini con disabilità (rispettivamente 30,2% e 27,8% tra le persone senza disabilità).
Qualche anno prima ISTAT, nella sua nota ricerca “Inclusione sociale delle persone con limitazioni funzionali, invalidità o cronicità gravi” (luglio 2013), ancora più drammaticamente riportava che la vita di relazione e la fruizione del tempo libero subiscono restrizioni dovute alla disabilità nel 22% dei casi per le persone con disabilità (in generale), ma che questa incidenza sale al 60,8% nei casi di persone con limitazioni funzionali gravi.
E con i bimbi non sembra vi sia una maggiore attenzione. Proponiamo un esempio significativo.
Non esiste in Italia un censimento dei parchi giochi inclusivi. Tuttavia, attraverso un'indagine basata sulla ricerca di notizie online e sulle segnalazioni di cittadini, il blog "parchi per tutti" ha mappato nel 2018 oltre 578 parchi o giardini dove sono presenti uno, due o diversi giochi accessibili e fruibili anche da parte di bambini con disabilità.
Solamente 54 di essi sono però veri e proprio parchi inclusivi, ossia parchi accessibili a tutti, in cui bambini con e senza disabilità possono giocare insieme. Negli altri casi si tratta di pochi giochi installati in contesti non accessibili (ad esempio su terreni poco adatti al transito delle carrozzine), per la maggioranza altalene per carrozzine: 388 su tutto il territorio italiano, e quindi giochi non fruibili da parte di bambini con altre tipologie di disabilità. Ed anche su questo fronte si potrebbero aprire mille considerazioni ed altrettante idee concrete di intervento.
Tentiamo di lasciare al Lettore una sintesi: il tempo libero è lo spazio in cui realizzare personalissime aspettative di relax, crescita, creatività. Un diritto e un'opportunità che non si dovrebbe negare a nessuno. La discriminazione e la compressione che subiscono le persone con disabilità non solo rappresentano la violazione (subdola) di un diritto umano, ma incidono anche sulla qualità delle comunità di riferimento, rendendole meno accoglienti, meno coese, meno consapevoli e, alla fin fine, più povere.



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