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Corriere dei Ciechi

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Numero 10 del 2019

Titolo: RUBRICHE- Occhio alla ricerca

Autore: a cura di Andrea Cusumano


Articolo:
Si intensifica la battaglia per vincere la coroideremia
La coroideremia è una rara malattia degenerativa della retina e della coroide; essa colpisce circa 1 persona ogni 50.000 nuovi nati ed ha un'origine genetica, essendo causata da una mutazione del gene CHM che impedisce la sintesi di REP1, una proteina essenziale per la funzionalità delle cellule retiniche. Il gene CHM si trova sul cromosoma X, per questo motivo sono solitamente i figli maschi ad ereditare la malattia da una madre portatrice sana. Anche le donne possono essere affette da coroideremia, ma questo evento è molto più raro che negli uomini.
La ricerca di una terapia genica contro la coroideremia è già attiva da diversi anni, ma a tutt'oggi non vi è ancora alcuna cura approvata, pertanto è facile comprendere l'entusiasmo con il quale la comunità oftalmologica ha accolto l'articolo apparso a fine agosto scorso sulla rivista scientifica JAMA Ophthalmology*, che descrive un ulteriore studio clinico - di fase II - mirato a testare la sicurezza e l'efficacia di una terapia genica che impiega un nuovo vettore basato su virus adeno-associati di tipo 2 progettato in modo specifico per trasportare e rilasciare nelle cellule della retina dei pazienti affetti da coroideremia una versione funzionale del gene CHM.
Lo studio clinico presentato, denominato Tübingen Choroideremia Gene Therapy (THOR), open-label e randomizzato, si è svolto tra il gennaio del 2016 e il febbraio del 2018 e ha arruolato 6 pazienti di genere maschile affetti da coroideremia determinata dalla mutazione del gene CHM, confermata mediante test di genetica molecolare.
Il nuovo vettore in esame, AAV2-REP1, è stato somministrato a un solo occhio, scelto casualmente a ricevere il trattamento, di ogni paziente, mediante un'unica iniezione sottoretinica contenente 1011 particelle contenenti il gene HCM "terapeutico".
I risultati dello studio THOR hanno dimostrato la sicurezza del vettore virale e il raggiungimento dell'obiettivo primario, ossia l'incremento della migliore acuità visiva corretta (BCVA) in alcuni pazienti, misurata con le tabelle EDTRS; l'incremento è da intendersi nell'occhio trattato rispetto all'occhio non trattato (controllo) nei 24 mesi dello studio. Gli obiettivi secondari, che includono variazioni nella microperimetria, nel fondo in autofluorescenza e all'esame all'OCT spectral-domain, sempre nell'arco dei 24 mesi dello studio e rispetto all'occhio di controllo, sono stati soddisfatti anch'essi.
Non si sono presentati problemi all'occhio trattato che potessero essere correlati alla terapia con AAV2-REP1, bensì le reazioni avverse che si sono verificate, peraltro di non grave entità, sono derivate dalla procedura chirurgica e sono state risolte senza conseguenze.
In definitiva, il trattamento con il nuovo vettore AAV2-REP1 è stato associato a un miglioramento dell'acuità visiva o a una sua stabilizzazione in tutti i pazienti che hanno preso parte allo studio THOR, un risultato molto incoraggiante. Le differenze tra i valori medi dell'acuità visiva e della sensibilità retinica rispetto ai controlli, nei 24 mesi dopo il trattamento, non sono tuttavia statisticamente significative, pertanto saranno necessari ulteriori studi per definire con maggiore precisione e accuratezza la sicurezza e l'efficacia di questa nuova terapia genica per la coroideremia.
Questo studio conferma e rafforza l'importante contributo alla lotta contro la coroideremia iniziato dal Prof. Robert MacLaren presso L'Oxford Eye Hospital nel 2011: anche lo studio di MacLaren confermò la sicurezza del vettore virale utilizzato e ottenne un miglioramento generale della visione dell'occhio trattato dei partecipanti allo studio, risultato poi confermato nei 5 anni e più di follow-up dei pazienti. Lo sforzo che si sta compiendo nella ricerca di una terapia genica efficace contro la coroideremia ha un importante significato medico-scientifico ma anche e soprattutto sociale, poiché le patologie retiniche ereditarie di cui fa parte la coroideremia sono la causa principale di cecità nei bambini e nei giovani. Confidiamo che, come già avvenuto per l'amaurosi congenita di Leber dipendente da una mutazione recessiva del gene RPE65, anche per la forma di coroideremia dipendente dal gene CHM possa presto concretizzarsi una nuova realtà terapeutica approvata e in grado di migliorare la qualità di vita di migliaia di giovani in tutto il mondo.

*Fischer MD, Ochakovski GA, et al. Efficacy and Safety of Retinal Gene Therapy Using Adeno-Associated Virus Vector for Patients With Choroideremia. A Randomized Clinical trial. JAMA Ophthalmology. 2019; doi:10.1001/jamaophthalmol.209.3278



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