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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere dei Ciechi

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Numero 1 del 2020

Titolo: RELAZIONI INTERNAZIONALI- Giovani ed Europa

Autore: Francesca Sbianchi


Articolo:
Accessibilità degli scambi internazionali per gli studenti con disabilità visiva

Una storia
Vorrei cominciare raccontando un episodio della mia esperienza personale perché penso che sia un esempio utile per trasmettere ciò che mi sta a cuore. Nel 2014 mi è stata data l'opportunità di partecipare alla sessione di studio, della durata di una settimana, "Comprendere e contrastare la discriminazione multipla affrontata dai giovani con disabilità in Europa" ("Understanding and countering multiple discrimination faced by young people with disabilities in Europe") organizzata dal Centro Europeo per la Gioventù del Consiglio d'Europa a Strasburgo in collaborazione con l'ENIL, la Rete Europea sulla Vita Indipendente (European Network on Independent Living). Pochi giorni prima della partenza, la persona che avrebbe dovuto accompagnarmi è stata costretta a rinunciare: era la prima volta che andavo all'estero da sola e mi sono dovuta organizzare, con qualche timore e preoccupazione, ma con la voglia di non sprecare questa opportunità. Il viaggio non è stato dei più semplici e sono arrivata in ritardo mentre tutti gli altri partecipanti erano a tavola. La prima immagine che mi ha colpito è stata quella di un ragazzo senza braccia che si portava il cibo alla bocca tenendo la forchetta con i piedi. Il primo impatto è stato molto forte e io mi sentivo inadeguata, ma poi è scattato qualcosa in me che mi ha fatto decidere di restare e affrontare le barriere create dalle mie insicurezze. Questa esperienza poi si è rivelata estremamente positiva, perché in realtà mi sono resa conto che le risorse necessarie per affrontarla le avevo già a disposizione. Questa esperienza, infatti, ha contribuito ad ampliare i miei orizzonti e ad accettare la mia disabilità mettendomi a confronto con altri tipi di disabilità, con i miei limiti e con le mie risorse. E anche se le esigenze delle persone cieche e ipovedenti non erano state prese totalmente in carico, mi sono messa in gioco.
Vi starete chiedendo perché ho voluto condividere questo momento particolare della mia vita, che per me è stato molto forte e di impatto.

Cogliere le opportunità
Vorrei sottolineare che ho potuto cogliere quella opportunità perché avevo già posto alcune basi, grazie alle mie precedenti partecipazioni a scambi internazionali di giovani, nell'ambito di programmi finanziati dalla Commissione Europea, a cui l'UICI aveva aderito, progettati da associazioni dei ciechi, in Islanda, in Finlandia e in Germania. Questi scambi mi avevano fatto apprezzare l'incontro con coetanei di altri paesi e stimolato ad entrare a far parte di una rete di giovani non vedenti e ipovedenti desiderosi di partecipare proattivamente alle associazioni e alla società come cittadini a pieno titolo. Il mio attaccamento all'associazionismo e il desiderio di impegnarmi nell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e a livello internazionale si è costruito gradualmente, prendendo parte ad attività di vario genere, ma se dovessi scegliere ciò che ha contribuito maggiormente ad appassionarmi e ciò che è stato più formativo per la mia crescita personale e professionale, senza dubbi e tentennamenti direi gli scambi internazionali. Da alcuni anni ormai sono la coordinatrice dell'Ufficio Relazioni internazionali dell'UICI, grazie alla fiducia concessami dal Presidente Mario Barbuto e potendo contare sul supporto di Rodolfo Cattani da cui ho potuto apprendere molto. Ricordo che nel 2015 dissi al Presidente che invidiavo molto i delegati italiani che si trovavano a Londra per assistere alla decima Assemblea Generale EBU. Lui mi rispose che alla prossima ci sarei stata pure io: per me era un sogno e non immaginavo certamente che avrei attivamente preso parte anche alla sua organizzazione! Sono consapevole che se sono qui è anche grazie alla mia partecipazione a quegli scambi internazionali che mi hanno dato il coraggio e la fiducia per propormi e impegnarmi nell'UICI.

Valore degli scambi internazionali, SDG # 4, UNCRPD, Programmi europei
L'obiettivo del mio intervento è far comprendere il valore degli scambi internazionali di giovani per la crescita personale e professionale e quanto sia proficuo per le associazioni nazionali dei ciechi e degli ipovedenti e per l'Unione Europea dei Ciechi impegnarsi affinché tali scambi siano disponibili, fruibili e accessibili.
L'obiettivo di sviluppo sostenibile 4 sottolinea quanto sia importante predisporre ambienti dedicati all'apprendimento che siano sicuri, non violenti e inclusivi per tutti, in strutture "sensibili alle disabilità", e garantire un accesso equo a tutti i livelli di istruzione e formazione professionale. E vale la pena anche di ricordare che gli Stati parti della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità dovrebbero garantire un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli e un apprendimento continuo lungo tutto l'arco della vita, volto al pieno sviluppo del potenziale umano e allo sviluppo da parte delle persone con disabilità, dei talenti e della creatività, come pure delle proprie abilità fisiche e mentali sino alle loro massime potenzialità.
In tal senso, i programmi ideati dalla Commissione Europea, quali Erasmus+, European Solidarity Corps, DiscoverEU offrono preziose opportunità e, in particolare, gli scambi internazionali giovanili sono uno strumento da non trascurare, non solo perché favoriscono la mobilità internazionale, ma perché permettono di acquisire nuove competenze, ad esempio quella di sapersi relazionare in culture e contesti diversi, che portano a una crescita e a un arricchimento utili anche per proporsi poi nel mondo del lavoro in maniera più efficace. Ma, c'è un ma. Di tutti coloro che usufruiscono di tali programmi soltanto l'1% sono giovani con disabilità e di questo 1% solo una minima parte sono giovani con disabilità visiva. Esistono barriere, manca l'accessibilità.

Accessibilità, barriere, soluzioni
Quando parliamo di accessibilità non dovremmo farlo in maniera meccanica o automatica, quasi fosse uno slogan che ha perso il suo significato. Possiamo considerarla da diversi punti di vista.
Naturalmente è necessaria l'eliminazione delle barriere fisiche per l'accessibilità dell'ambiente e delle condizioni in cui si svolgono le attività, ma bisogna anche tenere in conto la necessità di adattamenti/soluzioni ragionevoli. Il progetto Inclusive Mobility Alliance - IMA, al quale ho partecipato come rappresentante EBU, ha elaborato una serie di raccomandazioni in tal senso, entrando nei dettagli di ciò che è indispensabile per garantire l'accessibilità, (https://bit.ly/2pUQXHs) e sintetizzando in una breve dichiarazione gli elementi chiave che rendono un'esperienza di studio all'estero, qualunque sia la sua durata, pienamente fruibile per i giovani con disabilità. Tali elementi sono:
• Accesso equo e paritario al programma Erasmus +
• Accessibilità e informazioni accessibili
• Chiarezza
• Supporto personalizzato: vorrei sottolineare che questo punto è davvero essenziale. La sua mancanza infatti ha impedito a molti giovani di portare a termine esperienze di studio o formazione all'estero.
• Indipendenza per la persona che va all'estero
• Un approccio migliore alla valutazione e alla comprensione dei bisogni
• Valutazione e monitoraggio
• Informare / formare / sensibilizzare: È ovvio che se i giovani con disabilità visiva non sono a conoscenza dell'esistenza delle opportunità a loro disposizione, esse non saranno mai accessibili per loro.
• Mezzi di comunicazione e strutture efficaci per risolvere i problemi relativi all'accesso e all'inclusione.
Bisogna ricordare poi che esistono anche delle barriere emotive/psicologiche dovute alla paura di mettersi in gioco e di uscire dalla propria zona di comfort, da un ambiente protettivo che però può diventare una sorta di "prigione". Per ovviare a questo potrebbero essere di aiuto le testimonianze di giovani che hanno vissuto esperienze positive, gli esempi di buone prassi, l'aiuto tra pari.

Che cosa possiamo fare noi?
Che cosa possono fare, quale contributo possono dare le associazioni dei ciechi e degli ipovedenti? Credo che se è vero che abbiamo delle potenzialità da sviluppare, è vero anche che abbiamo delle responsabilità. Innanzitutto dovremmo promuovere le "Raccomandazioni dell'EBU per gli studenti con disabilità visiva che partecipano a programmi di scambi internazionali" (Recommendations for students with visual impairment participating in international exchange programmes, https://bit.ly/2pawGO9)
Inoltre, dobbiamo sì favorire e monitorare la rimozione delle barriere fisiche, ma anche proporre e progettare attività che incoraggino i giovani a conoscere se stessi e ad aprirsi al mondo mettendosi alla prova. In questa prospettiva, la ONCE sta avendo un ruolo pionieristico molto importante, organizzando ormai da molti anni soggiorni estivi internazionali, dove giovani di diversi paesi hanno la possibilità di incontrarsi per migliorare la loro conoscenza della lingua inglese e nello stesso tempo svolgere attività ludico-sportive insieme. Speriamo che questo esempio sia seguito da molti.
Se noi, come associazioni, non diamo un contributo efficace, le nuove generazioni non avranno la possibilità di svilupparsi in maniera adeguata e anche la partecipazione a livello associativo finirà per risentirne. Verrebbe così a mancare quell'evoluzione che è invece necessaria per mantenere vivace e proattivo il movimento delle persone con disabilità visiva ed è per questo che l'EBU e i suoi membri dovrebbero impegnarsi per creare momenti d'incontro, ad esempio attraverso l'elaborazione di progetti per scambi, che contribuiscano a costruire un percorso formativo e un cammino di crescita oppure impegnare risorse per far partecipare i giovani ad iniziative formative come EByouth. C'è uno stretto legame tra istruzione, anche informale, e formazione professionale: è un elemento che permette ad un individuo di svilupparsi e di avere una propria efficacia sociale, di essere un soggetto attivo nella società e nelle associazioni. Certamente dedicarsi a una progettazione di questo tipo richiede anche l'impegno di fondi e ciò può essere problematico per le nostre associazioni, soprattutto per quelle che sono in Paesi che non fanno parte dell'Unione Europea e che non possono usufruire dei suoi specifici programmi di finanziamento. Ma si possono creare sinergie e collaborazioni tra associazioni, si possono mettere insieme le proprie competenze e le proprie risorse e dare valore ai nostri giovani.
Vi prego di credermi, non si tratta di uno spreco di denaro, ma di un investimento per il futuro.



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