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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere dei Ciechi

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Numero 3 del 2020

Titolo: CENTENARIO DELL’UNIONE- La Storia dell'Unione

Autore: Vincenzo Massa


Articolo:
Il Centenario e le donne cieche

Questo mese vogliamo dedicare il nostro racconto alle donne cieche che hanno condiviso e fatto la storia dell'Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti. Chiediamo scusa se non saremo minuziosi nel nostro racconto ma non volevamo mancare di sottolineare e sostenere le battaglie, di ieri e di oggi, contro la violenza, la discriminazione e l'esclusione delle donne non vedenti italiane. Partiamo dal quel famoso Congresso di Genova, 24-27 ottobre 1920, dove fu approvato il seguente ordine del giorno esposto ai congressisti dal cav. Terrosi: - «L'Assemblea udita la relazione del Cav. Terrosi sul tema "Provvedimenti a favore della donna cieca fa voti perché presso le sezioni più importanti della "Società Nazionale Margherita di Patronato per i Ciechi" sorgano laboratori eguali a quello fondato in Soma dal Presidente della Società Nazionale Margherita di Patronato per i «Ciechi, sezione Romana, e di Firenze (Prof. Landriani) e siano i medesimi perfezionati per modo da introdurvi la confezione di tutti i lavori imparati dalle fanciulle cieche negli Istituti, affinché possano esse ritrarne la dovuta utilità; e per ciò che riguarda le cieche dimoranti in luoghi lontani dai centri abitati, siano loro fornite materie prime e ritirati i manufatti e venduti a cura del Patronato quante volte esse non abbiano la possibilità di esitarli. Il VII Congresso Nazionale dei Ciechi fa voti che la Presidenza del Congresso provveda allo studio del problema della donna cieca ed alla ricerca dei mezzi per la preparazione e l'attività di essa alla vita famigliare professionale e sociale".
Volutamente siamo partiti dal Congresso fondativo dell'UICI, proprio per farvi conoscere la condizione e la considerazione che c'erano all'epoca sulla questione femminile. Era il 1920 e in Italia il movimento femminile, molto attivo nel Nord Italia, oltre all'assistenza e al sostegno per le operaie e le loro famiglie puntava ad ottenere il primo riconoscimento forte per la neo Repubblica italiana, il diritto al voto. Quel richiamo alle donne cieche, dunque, non era scontato ma un segnale importante di unitarietà della categoria dei ciechi che mirava all'inclusione di tutti. Quegli anni terribili e difficili, che hanno visto in guerra il mondo per la seconda volta, non favorì un avanzamento nelle conquiste sociali delle donne tant'è che bisogna attendere il 1946 perché esse possano esercitare il diritto al voto. L'Uic nel corso degli anni si è sempre occupata della tematica femminile promuovendo incontri nazionali e internazionali per approfondire e far conoscere le tematiche delle donne per promuovere sensibilizzazione, conoscenza e soluzioni per migliorarne l'integrazione sociale. Vogliamo, dunque, ora ricordare qualcuna di queste donne e riportare anche qualche intervento pubblico. Partiamo da Antonietta Agugliaro, ospite presso l'Istituto Florio e Salamone di Palermo, nata nel 1891 riuscì a raggiungere la IV elementare, traguardo notevole per l'epoca ed ancora più rilevante per una donna cieca, esperta di tombolo e mandolino fu guida e sostegno per le giovani fanciulle. La combattente Tullia Bresin che è stata presidente della sezione provinciale di Pordenone per poi diventare presidente regionale Uic del Friuli Venezia Giulia. Laureata e insegnante è stata per molti anni rappresentante italiana in organismi internazionali per ciechi. Alla Bresin si deve l'organizzazione del primo convegno internazionale dei paesi della CEE sui problemi dei ciechi che si svolse dal 29 settembre al 2 ottobre del 1972 a Pordenone, solo per citare qualcosa del grande lavoro e impegno messo al servizio dell'UIC. Ma la Bresin non era l'unica a ricoprire il ruolo di presidente, infatti, a Varese c'è stata Bruna Malnati, Ebe Montini a Rovigo, Anna Campochiari a Livorno o Livia Morandi a Pistoia, solo per citarne alcune. Discorso a parte per Macerata dove ha vissuto la prima parlamentare non vedente, Vanda Dignani scomparsa di recente. Il suo attivismo associativo ha segnato profondamente il movimento delle donne cieche italiane rappresentandolo in maniera autorevole in Italia e all'estero grazie, anche, al ruolo di dirigente nazionale che ha ricoperto nell'Uici.
Mentre Anna Mazzucco nel 1960, sulla rivista Voce Amica, invitava le donne a liberarsi dal complesso d'inferiorità e usare la parola e lo scritto per rompere la solitudine e l'isolamento, nel 1967 Vanda Dignani sul Corriere Braille, commentando il convegno nazionale "La donna cieca nella società e nella famiglia" esordiva così: "Se invece di scrivere mi fosse concesso parlare, farei precedere le mie parole da un ritmo suadente e vivace, un ritmo che farei continuare come sottofondo musicale per tutto il discorso, quasi per scaldare l'ambiente. Sì, perché è di questo calore umano, di questo ambiente preparato ad ascoltarci e a comprenderci che noi abbiamo assolutamente bisogno". Questo incipit iniziale serviva a richiamare all'impegno tutte le donne cieche affinché la loro voce potesse essere ascoltata e tenuta in considerazione. Per chiamare tutte all'azione continua nel suo scritto: "Dunque, sveglia ragazze e con entusiasmo sorridiamo fiduciosamente a questa nuova realtà che si schiude a noi fervida di speranze, ed affinché anche gli sforzi altrui non naufraghino nel nulla, aiutiamoli". La Dignani esorta tutte le donne a partire dal vissuto personale per sostenere le richieste di tutte le donne cieche. Un cambiamento sociale e culturale forte in sintonia con il fermento e il movimentismo di quegli anni che anche all'interno dell'Uic viveva una nuova stagione di trasformazione e impegno con le donne che iniziavano a prendersi la scena e la consapevolezza della condizione.

Sul prossimo numero de Il Corriere dei Ciechi la coordinatrice nazionale della Commissione Pari Opportunità, Luisa Bartolucci continuerà il racconto sulle politiche di genere messe in campo dall'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti.



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