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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Gennariello

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Numero 6 del 2020

Titolo: C'era una volta

Autore: Redazionale


Articolo:
La pantera
(Fiaba indiana)
C'era una volta una vedova che aveva due figlie ed un figlioletto. Un giorno uscì con il piccolo per andare al mercato e poi dalla nonna e lasciò la casa in mano alle due figlie. Poco dopo la donna fu aggredita da una pantera, che prese i suoi abiti e andò a bussare di nuovo alla porta delle due figlie.
«La mamma non ha le mani così nere!», dissero le due ragazze.
«Sono caduta in un mucchio di fuliggine!», disse la pantera.
«Hai una voce roca!».
«Ho preso freddo!», disse la pantera.
«Hai il viso diverso!».
«Mi ha bruciato il sole, apritemi!» e cominciò a scuotere la porta.
Le ragazze avevano capito che era una pantera a voler entrare nella loro casa. Avevano una tartaruga, che disse loro: «Fatemi uscire, sistemerò io quella pantera!».
La tartaruga uscì dalla casa e si avvicinò alla pantera, e iniziò a morderla. La pantera fuggì. Le due ragazze uscirono ed andarono a recuperare nella tana della pantera la mamma e il fratellino. Da allora vissero sempre felici e contenti insieme.

I geni dei fiori
(Fiaba indiana)
C'era una volta un saggio che si era ritirato dal mondo per meditare. Viveva in una capanna circondata dai fiori, che adorava. In una bella serata di primavera, stava osservando i suoi fiori quando vide avanzare verso di sé una bellissima ragazza vestita di scuro. Dietro di lei c'erano altre ragazze, bellissime.
Il saggio chiese loro chi fossero e le ragazze risposero: «Siamo gli spiriti dei fiori, stiamo andando a trovare le nostre zie dello zefiro. Vuoi venire con noi?».
Il saggio accettò ed andò nel palazzo delle zie. Ci fu una festa bellissima. Le ragazze gli dissero: «Tu ci devi aiutare: devi mettere una bandiera rossa sopra il nostro campo per difenderci dal vento di Tramontana. Ci ucciderà tutti, altrimenti».
Il saggio accettò ed il vento si fermò di fronte alla bandiera. Per ricompensa il saggio ridiventò giovane e visse per sempre in quel luogo, in mezzo ai suoi geni dei fiori.

Le montagne innevate e l'uccello della felicità
(Fiaba indiana)
Un tempo il Tibet era una Terra che faceva paura: era sempre buio, non c'era vegetazione, non c'era quasi acqua. Chi ci viveva ricordava come una fiaba quando il Tibet non era un Paese così, e dava la colpa di tutto al fatto che l'uccello della felicità avesse abbandonato quella zona. Ora quell'uccello viveva nel territorio delle nevi perenni e c'erano tre draghi feroci che difendevano il suo nascondiglio in continuazione.
Un giorno Ming, un giovane coraggioso, decise di andare a riprenderlo, malgrado tutti i pericoli che c'erano. Si mise in cammino e ad un tratto si trovò di fronte un drago fiammeggiante che gli disse: «Dove vai? Come ti permetti di passare in questa zona?».
Il ragazzo gli disse che andava alla ricerca dell'uccello della felicità. Ma il drago gli rispose: «Non ci riuscirai mai! Io e i miei fratelli ti annienteremo!». Diede un colpo con la coda e di colpo nacque dalla terra una foresta di rovi.
Ming la attraversò, ferendosi e graffiandosi. All'uscita trovò un altro drago, ancora più temibile del precedente: «Non arriverai mai dove vuoi arrivare!», e con un colpo di coda generò un deserto terrificante.
Ming lo attraversò, soffrendo la sete e la fame. Alla fine del deserto c'era il terzo drago, che disse: «Vedrai che così ti fermeremo!», e gli diede un terribile colpo sulla testa. Ming fu stordito dal colpo ed iniziò a vagare confuso e disorientato ma ad un tratto arrivò vicino al rifugio segreto in cui era tenuto prigioniero l'uccello della felicità.
Ming sentì la sua presenza: l'uccello gli sfiorò la testa guarendolo dalle sue ferite e riacquistò la lucidità. Ming liberò l'uccello che si alzò in volo con lui sulla groppa riportandolo in Tibet, che da quel giorno ritornò ad essere un Paese felice.



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