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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere Braille

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Numero 25 del 2020

Titolo: In gruppo contro il Covid

Autore: Elena Ferroni, Filippo Toccafondi, Francesca Todar


Articolo:
Il nostro vissuto nel tempo della pandemia Covid-19
Le misure di contenimento del contagio da Coronavirus hanno avuto inizio dalla seconda settimana di marzo e si sono protratte in maniera più stringente fino alla prima settimana di maggio, andando poi pian piano ad attenuarsi. Ciò ha comportato per ognuno forti argini alla libertà personale e repentini cambiamenti di abitudini nella vita quotidiana, e per alcuni, purtroppo, danni e perdite di persone care. Tale contesto ha messo in luce un rischio per la salute, senz'altro più accentuato per chi vive una disabilità visiva ed utilizza il senso del tatto come canale privilegiato per compensare la mancanza completa o parziale della vista. Un cieco ed un ipovedente grave si avvalgono prevalentemente dell'uso delle mani e del contatto fisico con gli altri per esplorare ed essere guidati nell'ambiente, per l'apprendimento nei contesti scolastici, per il quotidiano avvicinarsi alla realtà. Non poter utilizzare le mani e sentire le mani ed i corpi degli altri, possiamo dire che è quasi una doppia disabilità. Se a questo si aggiunge il fatto di dover cambiare le modalità di lavoro facendolo da casa, o interrompendolo, di dover utilizzare la didattica a distanza, non poter stringere i nostri cari, di dover indossare la mascherina e dover mantenere un distanziamento, tutto ciò ha un peso significativo per tutta la popolazione, ma ancor di più per le persone con disabilità visiva, talvolta aggravata anche da ulteriori deficit (motori, uditivi, cognitivi). Pertanto, in questo tempo così particolare per il nostro Paese, la rete degli Psicologi del progetto nazionale Irifor «Stessa strada per crescere insieme» ha attivato un servizio di supporto psicologico telefonico gratuito per le persone con disabilità visiva, per fronteggiare le emergenze e offrire un aiuto in linea con le esigenze attuali.
Parallelamente a questo servizio, grazie alla sollecitazione giunta da Stefania Scali, Presidente della sezione territoriale dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti (Uici) di Prato e dal suo consigliere Sauro Fani, è stata curata da tre Psicologi della rete toscana la realizzazione di un confronto in merito ai vissuti connessi all'esperienza della pandemia, con i soci della sezione che già da alcune settimane si riunivano telefonicamente per momenti dedicati a conferenze di arte e letture umoristiche e riguardanti il territorio. Raccogliendo, quindi, con entusiasmo questa richiesta, ha preso avvio un lavoro di preparazione tra gli psicologi, con l'individuazione dei temi da portare al gruppo. Per poter rispondere al mandato, è stato pensato un incontro strutturato per favorire l'emergere di quanto comunemente vissuto, individuando quelli che sono i temi e le emozioni che hanno caratterizzato le vite in questi mesi. È stata scelta una modalità di condivisione concentrata su quattro punti fondamentali, il primo dei quali riguardava la «gestione del tempo», la riorganizzazione delle proprie giornate in base alle indicazioni del Governo, i cambiamenti più rilevanti nella quotidianità di ciascuno e come affrontarli. Un secondo aspetto individuato è stato quello delle emozioni e delle sensazioni (es. spaesamento, solitudine, noia, ma anche sollievo, ecc.) connesse alla nuova condizione di emergenza individuale e sociale legata all'aspetto sanitario del virus per poi, come terzo argomento, riflettere sulle modalità per affrontare momenti di difficoltà e-o angoscia, di socialità o di un necessario mantenimento di una «normale quotidianità» (es. rapporti con familiari, amici, gestione del lavoro o del rapporto con i colleghi, hobbies, utilizzo dei media per informarsi, ecc.). Ultimo punto di condivisione, che risultava delicato, ma opportuno, era quello sul futuro, in particolare sulle percezioni e aspettative riguardo ad esso. Fin dall'inizio dell'incontro telefonico, il clima con i presenti è apparso caldo e partecipativo. Sono infatti scaturiti aspetti significativi della situazione legata al Covid-19 anche grazie all'intervento di alcuni dei partecipanti, che hanno avuto desiderio di condividere le loro esperienze, emozioni e riflessioni.
La reazione generale è stata ricca e coinvolta, in particolare sono emerse difficoltà personali e situazioni di spaesamento e rabbia. Ad esempio è stato manifestato disagio per la difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti e paura per la «Fase 2» e il rischio di contagiare i propri cari. Alcune persone hanno espresso «stanchezza» per il continuo rituale di sanificazione e gestione delle piccole attività quotidiane con gel disinfettante, guanti, mascherina, ecc. Altri hanno espresso una certa serenità legata all'aver acquisito una propria routine quotidiana e all'aver riscoperto il piacere di passeggiare insieme ad un familiare convivente nei pressi della propria abitazione, abitudine persa da molti anni. È stata fatta una riflessione generale sul bombardamento mediatico di notizie di sofferenza e morte e sul continuo aggiornamento medico-sanitario legato al virus e alla sua evoluzione. Unanimemente sono emerse emozioni di tristezza per il dolore altrui e per l'impossibilità di vivere la quotidianità come d'abitudine. Al contempo, però, c'è stato anche chi ha raccontato di sensazioni di serenità e addirittura gioia per la possibilità di stare al sicuro dal virus e di passare molto più tempo con i propri cari, con i quali, a causa dei mille impegni della vita di tutti i giorni, era prima difficile trascorrere del tempo, bene assai prezioso in una società spesso frenetica e in continua evoluzione. Una volta introdotto il tema delle emozioni e delle sensazioni legate al virus e alle implicazioni che esse hanno portato e portano all'individualità di ciascuno e alle relazioni umane e sociali che giornalmente vengono instaurate, i partecipanti hanno fornito molti spunti, che sono stati esplorati con il supporto degli Psicologi, i quali avevano come intento prioritario far sentire e comprendere ad ognuno che qualsiasi emozione o riflessione, che possa essere emersa in conseguenza di questo periodo di emergenza, è assolutamente legittima e comprensibile, dato che scaturisce dall'esperienza personale e dal modo che ognuno ha di vivere il mondo.
Sono state affrontate sia emozioni difficili come paura, rabbia, tristezza, dolore, sia emozioni positive come gioia, serenità, sollievo che, in base alla situazione personale, possono aver coinvolto i partecipanti all'incontro. Significativa è stata la condivisione di chi ha riportato il proprio disorientamento nell'essersi sentito emotivamente travolto dalle notizie di morte apprese dai media, con crisi di pianto non abituali. Vi è stato chi ha raccontato di sogni agitati ed in particolare di uno ricorrente popolato di animali giganteschi. Altro aspetto importante affrontato è stato quello legato al concetto di «limite», che il dott. Toccafondi, essendo anch'egli disabile visivo, ha tenuto ad esplorare, visto che una situazione emergenziale come quella attuale pone ancor di più la necessità di riflettere e vivere questo aspetto in modo consapevole. La possibilità di sentirsi accolti e compresi nelle proprie emozioni, incluso il senso di colpa per averne provate di positive, in questo periodo difficile per tutta l'umanità, ha evidentemente consentito ai partecipanti di percepire la propria esperienza come condivisa e, quindi, di non sentirsi alienati emotivamente dagli «altri», visto anche che la disabilità e le restrizioni imposte dal Governo hanno portato ad un aumento della difficoltà di relazione e comunicazione con il mondo.
Come descritto sopra, l'incontro è stato caratterizzato da un clima di grande empatia e partecipazione, portando tutti, senza accorgersene, all'orario stabilito per la conclusione, non consentendo ad alcuni partecipanti di condividere ulteriori contributi e di affrontare gli ultimi due temi individuati dai professionisti. Pertanto, pur avendo originariamente programmato un solo incontro, la sezione di Prato, sentiti i componenti, il loro interesse a proseguire con un'esperienza vissuta come positiva e sondata la disponibilità degli Psicologi, ha organizzato un ulteriore momento di condivisione. Questo successivo appuntamento, svoltosi in gruppo, ancora telefonicamente la settimana seguente, è iniziato affrontando il terzo punto previsto nel programma, con il racconto di come la gestione della «Fase 1» abbia portato a comprendere cosa «non è buono per me» e come fare per tutelarsi. Al riguardo, un esempio riferito è stato l'ascoltare «continuamente» i notiziari, che una persona ha descritto come «un'onda gigantesca che colpisce e toglie l'aria». Poiché il gruppo era percepito come risorsa e come spazio benefico individuale, gli psicologi hanno accompagnato i partecipanti nella «creazione» di strumenti e strategie funzionali per il proprio benessere. Tutto ciò che era stato condiviso ha insegnato che gli eventi portano a cambiamenti e che anche il futuro che ci aspetta necessita mutamenti, insieme a paure e incertezze. Il primo timore legato al futuro, su cui il gruppo ha voluto confrontarsi, è stato quello dei contatti fisici. Prima della pandemia, questi erano necessari in alcune attività ed esperienze quotidiane ed espressione di affetto verso l'altro (come uscire di casa, stare con gli amici, ecc.), adesso sono possibile «mezzo di contagio». Le «commissioni» che prima della pandemia si svolgevano per dovere (e quasi con fastidio o non curanza) adesso sono occasioni «per poter uscire di casa» nel rispetto dei Decreti, ma sono anche percepite come occasioni di danno e rischio potenziali (perché io non vedo l'altro e l'altro non si accorge di me). L'andare al supermercato per necessità, il prendere i mezzi pubblici per andare a lavoro e tornare a casa, sono alcuni degli esempi su cui il gruppo ha desiderato confrontarsi, rimarcando sempre che il non vedere le persone e che «l'altro possa non accorgersi di me» pone un altissimo rischio, traendone la conclusione che quindi è più opportuno stare in casa. Eppure… qualcosa manca, qualcosa non torna... no, così non può essere! Che fare, allora? La paura che le abitudini e le azioni che si facevano prima non potranno essere più fatte toglie non solo il respiro, ma anche la spinta a fare e a pensare (come quando si afferma «non so cosa fare» oppure «non so come uscirne»).
Qui si inserisce l'attività degli psicologi, che stimola a pensare, a vedere da prospettive diverse, a riflettere sui cambiamenti, per immaginare possibili strategie. Vi è la proposta di essere noi a rendere l'altro un «alleato», di essere noi portatori attivi di un cambiamento. Da qui il gruppo si è scambiato ipotesi di azioni, frasi, situazioni per rendere ciò fattibile, condividendole come a volerle «prestare» per poi rincontrarsi e confrontarsi. Una persona ha evidenziato come la parola «alleato» le abbia fatto pensare che l'altro con cui creare alleanza non è solo l'estraneo che incontriamo nel mondo esterno, ma anche il proprio familiare, perché la convivenza avuta nella «Fase 1» è stata forzata e «ha fatto danni». Danni perché, diversamente dal passato, non si poteva uscire fuori casa per alleggerire una situazione di conflitto e ciò ha portato ad essere «più nervosi», ma soprattutto a «non misurare» le parole, pronunciando frasi che noi stessi non sentivamo in linea con il nostro essere. Il rapporto coi familiari è un tema caratteristico anche della «Fase 2», perché il gruppo ha condiviso con gli psicologi che alcuni conviventi, spinti dalla paura del contagio, preferirebbero che la persona con disabilità visiva al momento non uscisse di casa, anche per quelle situazioni dove vi è conoscenza della condizione di disabilità da parte dell'altro, come lo stare con gli amici o con i colleghi a lavoro. Il tema è stato molto sentito da tutti i partecipanti, come caratteristico della propria attualità, indipendentemente dall'età e-o dalla condizione lavorativa. Da qui si è sviluppato il discorso della «distanza sociale», espressione vissuta con grande fastidio e descritta come «orribile». Il gruppo è stato accompagnato nella varietà di emozioni e sensazioni connesse e a comprendere che l'uomo è un essere sociale, che la stessa umanità ne era consapevole già dai tempi dell'antica Grecia e che pertanto il forte malessere vissuto oggi può essere un riconoscimento della nostra natura come esseri sociali. Una volta proposto al gruppo la possibilità di sostituire l'aggettivo «sociale» con «fisica», le emozioni condivise sono state positive, e ognuno ha proposto come rimanere in relazione con l'altro e vivere la propria vita, ricercando modi non basati sul contatto fisico. Sono stati due incontri ricchi, che hanno accresciuto l'esperienza emotiva ed umana di tutti i partecipanti, con l'auspicio che possano aiutare ognuno a rivolgere uno sguardo più sereno al futuro.
Dott. ssa Elena Ferroni - Psicologa del progetto «Stessa strada per crescere insieme» per Toscana ed Umbria, Dott. Filippo Toccafondi - Psicologo psicoterapeuta del progetto «Stessa strada per crescere insieme» per Toscana ed Umbria, Dott. ssa Francesca Todaro - Psicologa psicoterapeuta, coordinatrice per Toscana ed Umbria del progetto «Stessa strada per crescere insieme»



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