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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere Braille

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Numero 28 del 2020

Titolo: Sempre in maglia rosa

Autore: Rodolfo Masto


Articolo:
Prima le fotografie ingiallite dei quotidiani, poi le immagini sfuocate dei primi cinegiornali realizzati dall'Istituto Luce ci fanno rivivere le emozioni provate dagli italiani in occasione delle prime edizioni del Giro d'Italia. La cinepresa un po' traballante posta sui veicoli dell'epoca, riprendeva i volti di un popolo che si accalcava ai bordi delle strade per far festa al passaggio del Giro.
Le immagini sono quelle di un Paese povero ma incredibilmente bello, che colpiscono la curiosità di coloro, ed allora erano tanti, che nella vita non si erano mai allontanati troppo da casa. La carovana del Giro percorreva verdi interminabili pianure, scalava impegnativi passi alpini, spesso coperti di neve, per poi ritrovarsi a costeggiare il mare dopo aver attraversato borghi antichi e grandi città.
Dal 1909 famosi giornalisti e scrittori come Achille Campanile, Alfonso Gatto, Dino Buzzati, Giovanni Testori, Orio Vergani, Indro Montanelli, Gianni Brera, hanno fatto crescere la passione per il ciclismo tra gli italiani, pubblicando memorabili cronache studiate ancora oggi nelle scuole di giornalismo. Il racconto di epiche imprese sportive si arricchiva della descrizione del paesaggio, della scoperta dei costumi e della storia dei luoghi attraversati dalla corsa. Il Giro catturava l'interesse e la curiosità di tutta la popolazione senza distinzione di genere, di età e di ceto. Distribuiti lungo lo Stivale gli italiani rendevano omaggio ai propri campioni e, seguendo un copione mai scritto, la festa era più grande e calorosa quando il passaggio della corsa coincideva con il superamento di una calamità, come alluvioni o terremoti, o ancor meglio quando testimoniava il ritorno della pace, così come è avvenuto nel 1919 e nel 1946.
L'affetto per il Giro e per i suoi campioni era tale che nei giorni della corsa si mitigavano anche i conflitti sociali più accesi, così come avvenne nel 1948 quando la vittoria di Gino Bartali contribuì ad evitare la guerra civile. Nelle osterie di paese, nei circoli sociali, negli oratori e nei fumosi bar di città la Gazzetta dello Sport, il quotidiano sportivo dalle pagine rosa, passava di mano in mano e la sua lettura spesso dava luogo a simpatiche baruffe come più volte testimoniato nei film neorealisti.
Dal 1955 alla carta stampata si aggiungeva la televisione e il collegamento pomeridiano con Adriano De Zan, primo telecronista ufficiale del Giro d'Italia, diventava un appuntamento da non perdere: mitiche le adunanze davanti ai pochi televisori dell'epoca. L'amore per il Giro d'Italia non è mai venuto meno, anche quando il doping ha gettato qualche ombra sulla gara ciclistica, perché quell'appuntamento è parte integrante della nostra Storia, testimonia la nostra identità culturale.
Oggi il ritorno della passione per la bicicletta ha riacceso l'interesse per il Giro d'Italia e le varie emittenti televisive fanno a gara per aggiudicarsi i diritti mettendo in campo importanti risorse economiche e avveniristiche tecnologie. Nuovi strumenti di ripresa montati su elicotteri e velivoli speciali offrono immagini spettacolari, inedite, dando dinamicità all'evento sportivo e catturando l'interesse di un pubblico sempre più numeroso. A differenza di in tempo, l'attenzione non è circoscritta solo all'ultimo chilometro quando i campioni salgono sui pedali per tirare l'ultima decisiva volata, ma si manifesta per tutto il tempo della tappa.
Questo lungo preambolo, stilato nei giorni della forzata quarantena, rappresenta il desiderio recondito di libertà, ma descrive bene, a mio avviso, l'attesa gioiosa con la quale le Socie e i Soci dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti si preparavano ad accogliere il tour che tra febbraio e aprile 2020 avrebbe portato il «Cuore dell'Unione» nelle piazze più importanti d'Italia.
Immediatamente dopo l'Epifania, man mano che passavano i giorni, cresceva l'interesse per quella manifestazione che avrebbe testimoniato l'orgoglio e la riconoscenza di chi, seppur partito in una posizione di svantaggio, oggi si preparava a rendere testimonianza del ruolo avuto dall'Unione per il proprio riscatto morale e materiale. Come sempre nella vita ognuno è condizionato dal proprio carattere ed esprime gratitudine con i mezzi culturali che gli sono propri, ma questa volta era difficile trovare dissenso, forse perché la manifestazione non si svolgeva lontano ma si doveva manifestare vicino a casa dove i tuoi progressi nella società erano lì sotto gli occhi di tutti, fra la gente che ti aveva visto bambino. Spazio per ideologico dissenso proprio non c'era.
Con questo spirito ci accolse Catania, prima tappa del centenario nella stupenda Piazza Università, a pochi passi dalla Cattedrale, dalla statua dell'Elefante simbolo del capoluogo Etneo e dalla pittoresca imperdibile pescheria. Un palcoscenico incredibile dove sotto un moderno tendone finestrato avevano trovato posto le eccellenze dei saperi e delle conquiste dei Ciechi che l'Unione orgogliosamente si apprestava a portare in buona parte del nostro Paese. Il carattere e l'ospitalità siciliani, ed in particolare dei catanesi, avevano consentito l'avvio di una esperienza di grande valore simbolico.
Il 21 febbraio, giornata dedicata al Braille, le maggiori autorità cittadine, tra le quali il Sindaco, l'Arcivescovo, il Rettore dell'Università cittadina e il Direttore del quotidiano «La Sicilia», accolte dal Presidente Mario Barbuto, hanno inaugurato la struttura.
All'interno, tra gli altri, il Libro Parlato che aveva allestito una cabina di registrazione volta a promuovere il progetto «dona la voce»; la Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi, sostenuta da Enel Cuore, con i laboratori circondati da bambini di ogni età pronti a realizzare libri tattili; la Biblioteca con i laboratori dedicati alla promozione del Braille; il Museo Anteros di Bologna; la Fondazione Lia per il Reading al Buio: l'Unione che per l'occasione ha raccolto libri e fotografie a testimonianza dei progressi fatti dai Ciechi nell'ambito della Scuola e del Lavoro e tanto altro ancora.
All'esterno: Il Centro Helen Keller coi i cani guida, l'Unità Mobile Oftalmica per le visite preventive e il Pullman Polo Tattile multimediale con il bar al buio.
Tralascerei il protocollo per raccontare che quel che mi è rimasto più impresso è proprio la soddisfazione che si leggeva sui volti orgogliosi dei Ciechi catanesi e non solo. Il loro mondo, spesso nascosto, era lì, nel cuore della Città dove, tra i profumi delle storiche pasticcerie, la gente tradizionalmente passeggia. Essersi appropriati di quegli ambitissimi spazi anche per pochi giorni è stata davvero una nuova importante conquista. Raccontare dell'ospitalità goduta in quei giorni susciterebbe invidia e sarebbe comunque diminutivo, mi limito a dirvi che la sera del 21 febbraio dopo una simpatica rappresentazione teatrale siamo stati ospitati in un palazzo simile a quello del Gattopardo dove la cucina siciliana ha fatto da regina.
Il giorno dopo sono ripartito alla volta di Milano con il desiderio di raggiungere la Carovana del Centenario in occasione di un'altra tappa. Infatti la Carovana partì e fu festa a Catanzaro e Potenza, ma poi la rapida diffusione del coronavirus ha guastato i piani di tutti. Tuttavia, il desiderio di rappresentare i tesori e i saperi dei ciechi in tutto il Paese da parte dell'Unione non è svanito, certo dovranno essere adottate diverse modalità ma sicuramente il progetto verrà riproposto, perché i sogni non si abbandonano mai e come Coppi e Bartoli anche nelle salite e nelle discese più insidiose i Ciechi sono e sempre rimarranno in maglia rosa.



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