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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Gennariello

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Numero 9 del 2020

Titolo: C'era una volta

Autore: Redazionale


Articolo:
Il cavallo nero
C'era una volta una bella dama di un reame lontano, che aveva un cavallo terribilmente irrequieto. L'aveva acquistato per via del suo aspetto elegante e del pelo lucente ma l'animale era risultato impossibile da cavalcare e stava calmo solo quando la dama lo portava, tenendolo per le briglie, a passeggiare nel bosco. L'animale era noto nel reame ormai perché creava sempre scompiglio e causava problemi ai commercianti, così il re ordinò che la dama liberasse l'animale nella foresta impedendogli per sempre di tornare.
A malincuore, la dama decise di fare l'ultima passeggiata col cavallo nero nel bosco. Tenendolo per le briglie, per un po' seguì il viale ciottoloso fra gli alberi, poi decise di abbandonare il sentiero per raggiungere il cuore del bosco, dove avrebbe abbandonato l'animale. Mentre camminava tristemente, i capelli della dama si impigliarono in un albero, ed il cavallo, quasi ne avesse intuito le intenzioni, iniziò a correre velocemente scomparendo nel folto del bosco. Quando la dama realizzò che il cavallo era ormai perso per sempre, si sedette su di una roccia ed iniziò a piangere. Pensava al suo bell'animale: abituato alla vita domestica, non sarebbe certo sopravvissuto a lungo nel bosco. Si pentì di aver obbedito al re e si rimproverò per la facilità con cui si era lasciata persuadere ad abbandonare la propria bestia, che aveva amato così tanto.
Al tramonto, la dama smise di piangere. Cercò di ritrovare il sentiero per tornare a casa, ma si rese conto di essersi perduta. Proprio quando iniziava a perdere la speranza di tornare a casa, udì le note dolci di un violino provenire da lontano e decise di seguire quella dolce melodia. Arrivò in una radura, dove un giocoliere, con un violino sulla spalla e un arco nella mano, suonava per gli uccelli battendo il ritmo con i piedi. Vicino a lui, il cavallo nero ascoltava, immobile, estasiato dalla musica. Il sorriso della dama si allargò per la meraviglia di quella scena. Si avvicinò al giocoliere, il quale, distratto dal bel sorriso della dama che sbucava dal bosco, cadde per terra inciampando in una radice. Lei gli corse incontro.
«Posso aiutarvi?» chiese lei tendendogli una mano.
«Non vi preoccupate!» rispose con gentilezza il giocoliere. «Mi spiace di aver fatto la figura del tonto, ma tanta bellezza mi ha confuso!» continuò.
«Sono venuta per il mio cavallo...» rispose la dama arrossendo.
«Ah, è vostro? Certamente deve essere un combinaguai! È piuttosto irrequieto!».
Lei annuì gravemente, abbassando lo sguardo.
«Eppure sono certo che sia la vostra passione!» continuò il giocoliere. «Forse è difficile da gestire, causa delusioni, certe volte sfugge e non lascia dormire tranquilli, per tutti i pensieri che dà. Ma è come tutte le passioni: portano dispiaceri qualche volta ma sono l'essenza della vita».
Le parole del giocoliere fecero riflettere la dama che arrossì: come aveva potuto abbandonare la sua passione solo perché per gli altri era una causa persa? Ringraziò il giocoliere e prese le briglie del cavallo decisa a riportarlo al reame. Quello che gli altri pensavano non era importante. Era la sua battaglia e l'avrebbe vinta senza scoraggiarsi mai più. Avrebbe addomesticato il cavallo, con impegno e determinazione, e ci sarebbe certamente riuscita. Bastava non demordere e continuare a credere che in un modo o nell'altro ce l'avrebbe fatta.
Si avvicinò al giocoliere e gli diede un bacio sulla fronte. Prima di allontanarsi da quell'uomo però si domandò cosa ci facesse lui, solo nella foresta. Forse un giocoliere che suona il violino non era ben visto a corte. Forse l'avevano bandito.
«E voi che fate qui?» gli chiese dunque, prima di ripartire.
«Sono libero, perché ho scelto la mia passione!» rispose quello, e dopo averle caldamente sorriso riprese a suonare con gioia il suo violino.
Spesso, le lezioni di vita che ci cambiano nel profondo si nascondono nelle parole più semplici.
Charlie Foo

La leggenda dell'uva
Tanti e tanti anni fa la vite non produceva frutti. Era una pianta ornamentale.
Un contadino aveva una vite bella e rigogliosa. I suoi rami, carichi di foglie, si allungavano sempre più e coprivano con la loro ombra le pianticelle vicine. «Anche le piccole piante hanno bisogno di sole» pensava il contadino. «Devo perciò potare la vite».
Un giorno egli tagliò energicamente tutti i rami della bella pianta e tolse molte foglie degli altri. La vite ne soffrì e pianse.
Quando scese la sera, un usignolo si posò delicatamente sopra un piccolo ramo della pianta e cominciò a cantare per consolarla. Il canto dell'usignolo era così dolce che le stelle si commossero e fecero discendere un po' della loro energia sulla vite. Allora la pianta sentì scorrere in sé una linfa nuova. Le sue gemme si aprirono e tante foglioline verdi spuntarono sui rami quasi spogli.
Le sue lacrime, belle come perle, si trasformarono a poco a poco in piccoli frutti... Al sorgere del sole, dai rami pendevano i primi grappoli d'uva. La vite era diventata così una pianta fruttifera. I suoi frutti avevano l'energia delle stelle, la dolcezza del canto dell'usignolo e il colore del cielo all'aurora.

L'asino e il pozzo
Un giorno l'asino di un contadino cadde in un pozzo. Non si era fatto male, ma non poteva più uscire. Il povero animale, disperato, continuò a ragliare sonoramente per ore.
Il contadino era straziato dai lamenti dell'asino, voleva salvarlo e cercò in tutti i modi di tirarlo fuori ma dopo inutili tentativi, si rassegnò e prese una decisione crudele. Poiché l'asino era ormai molto vecchio e non serviva più a nulla e poiché il pozzo era ormai secco e in qualche modo bisognava chiuderlo, chiese aiuto agli altri contadini del villaggio per ricoprire di terra il pozzo.
Il povero asino imprigionato, al rumore delle palate e alle zolle di terra che gli piovevano dal cielo capì le intenzioni degli esseri umani e scoppiò in un pianto irrefrenabile. Poi, con gran sorpresa di tutti, dopo un certo numero di palate di terra, l'asino rimase quieto.
Passò del tempo, nessuno aveva il coraggio di guardare nel pozzo mentre continuavano a gettare la terra.
Finalmente il contadino guardò nel pozzo e rimase sorpreso per quello che vide. Ad ogni palata di terra che gli cadeva addosso, l'asino se ne liberava, scrollandosela dalla groppa, facendola cadere e salendoci sopra. Man mano che i contadini gettavano le zolle di terra, saliva sempre di più e si avvicinava al bordo del pozzo.
Zolla dopo zolla, gradino dopo gradino l'asino riuscì ad uscire dal pozzo con un balzo e cominciò a trottare felice.




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