Logo dell'UIC Logo TUV

Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Kaleîdos

torna alla visualizzazione del numero 17 del Kaleîdos

Numero 17 del 2020

Titolo: Sono la vera Lady Chatterley dello scandalo

Autore: Rosa Baldocci


Articolo:
(da «F» n. 35 del 2020)
L'eroina ribelle, inquieta e sessualmente insoddisfatta, protagonista del più celebre romanzo di Lawrence, in realtà era sua moglie Frieda. Una baronessa tedesca, anticonformista e assetata di vita, che per sposarlo divorzia e rinuncia ai suoi figli. Diventando, non solo la sua musa, ma la compagna senza la quale non sarebbe diventato il grande scrittore che conosciamo. Un libro ce la racconta
Se non l'avete letto, di sicuro ne avrete sentito parlare. Perché «L'amante di Lady Chatterley», scritto dall'inglese D. H. Lawrence nel 1928, è uno di quei romanzi che hanno lasciato il segno.
Non soltanto per la fascinazione di una scrittura geniale, ma anche perché circondato dall'irresistibile aura dello scandalo, e di conseguenza della censura. In Inghilterra fu addirittura messo al bando per poi essere pubblicato soltanto nel 1960. Nel raccontarci quanto fosse arido il letto coniugale dell'irrequieta Connie, sposata a un ricco aristocratico, freddo e impotente, Lawrence tratteggiava infatti un'eroina inquieta, ribelle, sessualmente insoddisfatta, alla ricerca di un senso della propria vita al di là del decoro e della ricchezza borghesi. Un'eroina che gli era molto simpatica e che non avrebbe mai punito con la stessa, orribile sorte toccata all'Emma Bovary di Gustave Flaubert qualche decennio prima. Assolutamente no. Lawrence regalò infatti a Connie un magnifico amante, un guardiacaccia con cui rotolarsi nuda nei boschi, facendo l'amore sotto le stelle e con cui ritrovare una vita governata dalla tenerezza, dalla sensualità e dall'appagamento del corpo. Chiaramente all'epoca la materia era incandescente, anche perché sollevava il velo non solo sul gretto squallore del predominio maschile, ma anche sulla sempre rimossa questione del piacere femminile.
Lawrence si ispirò a sua moglie
Quando lessi il libro all'università, nessuno mi disse che dietro questa storia così rivoluzionaria e scandalosa pulsava il cuore di una donna vera. Forse passare dal piano della finzione a quello della realtà, in tema di ribellioni femminili, non era in quegli anni considerato consigliabile per noi giovani studentesse, vai a sapere. Fatto sta che, con grandissimo piacere, mi sono letta ora il bel libro dell'inglese Annabel Abbs, «Frieda», appena uscito per Einaudi, storia della vita della baronessa tedesca Frieda von Richthofen, nata in una famiglia di aristocratici decaduti, sposata a un rigido e mediocre professore di linguistica, madre di tre bambini e destinata a diventare musa, amante e poi moglie di D. H. Lawrence, figlio di un minatore ma ben presto uno dei più grandi scrittori del XX secolo.
Stanca di quell'esistenza spenta
Quando facciamo la conoscenza di Frieda siamo immediatamente dalla sua parte: terza di tre figlie di un barone senza più un soldo, vive nella fumosa e industrializzata Nottingham, ha tre bambini che sono il suo universo ed è sposata al professor Ernest Weekley, dedito a redarre il volume che spera lo porterà all'Università di Cambridge. Ernest la chiama «il mio bucaneve», ma raramente parla con lei, le fa una carezza, o semplicemente ride e scherza. Ogni giorno si chiude nel suo studio, ignaro di ciò che Frieda sente nel suo corpo o si affolla nella sua mente. Per lui la vita è una sequela di rassicuranti gesti tramandati, eseguiti sempre nello stesso modo. Frieda, ovviamente, è tutto il contrario: un fiume in piena. Di emozioni, parole, desideri così intensi da arrivare a sentirne la morsa dolorosa in ogni fibra del suo corpo.
Rompere le regole le costa carissimo
Ma la vita non sembra offrire a Frieda nulla di diverso dalle passeggiate coi suoi bambini adorati e il bacio della buonanotte di Ernest. «E sarebbe già molto», qualcuno le dice. Quando Frieda va a trovare le sorelle a Monaco, in Germania, la musica cambia. La città è invasa da una febbre vitale. Personalità come il dottor Otto Gross, discepolo di Freud, e i fratelli Weber predicano il libero amore, la morte della famiglia borghese, il sesso come linguaggio privilegiato in grado di unire gli esseri umani e Frieda ne è conquistata. Diventa amante di Gross, scopre nuove sensazioni e mondi, si infervora per le idee rivoluzionarie che negli Anni 20 accendono l'Europa. Che ne sarà di lei? Di ritorno in Inghilterra, alla sua solita, spenta vita, Frieda desidera, ma non osa. Si accende di speranza e tumulti quando arrivano le lettere di Otto, ma allo stesso tempo è consapevole che rinunciare al ruolo di madre le sarebbe impossibile. Ed è qui che Annabel Abbs scrive le sue pagine migliori: con il bisturi tagliente di chi sa sezionare i sentimenti contraddittori di una giovane madre, ci fa capire il carico di dolore di Frieda von Richthofen, chiamata per insegnamenti, interessi e doveri sociali a non infrangere le regole che tutti accettano e condividono.
Un'unione di sensi e intelligenze
Ma un giorno bussa alla sua porta il ventenne D. H. Lawrence, un ragazzo umile dal corpo ossuto e le scarpe rotte, però con la luce del genio negli occhi. È un allievo di suo marito, ha sei anni meno di lei, e sa usare le parole come nessuno al mondo. Le parla, la fa parlare. Di ciò che sente, di ciò che prova e rimpiange, del tumulto del suo giovane corpo desiderante. «Voglio una vita governata dall'estasi, non dall'educata affettazione delle bugie», le dice lui. «Voglio una vita coraggiosa. Una vita libera. Voglio essere me stessa», risponde lei, «ma devo pensare ai miei figli. Io sono anche questo. Solo che non è tutto». Intramontabile dilemma. Ed è l'amore. L'estasi. Quella rara, perfetta unione di sensi e intelligenze. I due diventano amanti, si rotolano nei prati facendo l'amore, lui intreccia viole del pensiero tra i peli pubici di lei, gesto intimo che descriverà nel romanzo dello scandalo.
La scelta di una vita anticonformista
Dopo due mesi Frieda abbandona tutto e tutti, si dirigono verso Monaco, vivono in grandi case ospiti di amici in Italia, viaggiano per tutto il mondo, Messico, Australia, Stati Uniti, litigano furiosamente e poi fanno la pace. Frieda divorzia e lo sposa, ma non vedrà più i suoi figli: all'epoca le mogli adultere non potevano averne la custodia. È lei la Lady Chatterley del celebre romanzo, ma non è solo questo. Senza di lei non ci sarebbe stato il Lawrence che conosciamo, così influenzato dalla sua presenza da scolpire un modello di libertà femminile (presente anche in altri suoi libri, in Ursula Brangwen di «Donne innamorate» o in Kate Leslie di «Serpente piumato») capace di rivoluzionare il clima morale del suo tempo. Una musa che non si limita a essere soltanto un ideale di bellezza e incanto, un'immobile icona funzionale alla creatività del genio. Frieda ebbe un ruolo centrale anche nella scrittura, nella revisione e nella scelta dei titoli dei romanzi di Lawrence (da «Figli e amanti» a «L'arcobaleno») senza mai rinunciare alla sua vita anticonformista. Rimasta vedova a 50 anni, si risposerà con un militare italiano più giovane di lei continuando a praticare l'ineguagliabile arte della libertà.
David Herbert Lawrence (1885-1930). La madre, nata in una famiglia borghese caduta in disgrazia, gli trasmette l'amore per i libri. Lui vince una borsa di studio e vari premi studenteschi per i suoi racconti e, nel 1911, pubblica il primo libro, «Il pavone bianco».
Rosa Baldocci



Torna alla pagina iniziale della consultazione delle riviste

Oppure effettua una ricerca per:


Scelta Rapida