Logo dell'UIC Logo TUV

Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere dei Ciechi

torna alla visualizzazione del numero 9 del Corriere dei Ciechi

Numero 9 del 2020

Titolo: RUBRICHE- Occhio alla ricerca

Autore: a cura di Andrea Cusumano


Articolo:
Anche per la retinite pigmentosa legata all'X una promettente cura basata sulla terapia genica
La terapia genica si è rivelata una tecnologia medica particolarmente adatta per combattere le malattie di origine genetica e quindi le patologie retiniche eredo-familiari, la cui cura è sempre stata ritenuta, solo fino a pochissimo tempo fa, una vera e propria chimera.
Il riconoscimento della prima cura basata sulla terapia genica in ambito oftalmologico, quello per la Amaurosi congenita di Leber di tipo 2 dipendente da una mutazione in omozigosi del gene RPE65, da parte della FDA (Food and Drug Administration) statunitense nel dicembre del 2017, ha rappresentato una pietra miliare nella storia dell'oculistica e ha aperto la strada a un futuro estremamente promettente per il trattamento di altre patologie retiniche eredo-familiari, in particolare per la retinite pigmentosa.
È infatti di marzo scorso una pubblicazione sulla prestigiosa rivista scientifica Nature Medicine che riporta i risultati preliminari del primo studio clinico - di fase 1/2 - di terapia genica su pazienti affetti da retinite pigmentosa legata all'X causata da mutazioni del gene RPGR. Prima di vedere i risultati di questo studio, ricordiamo brevemente cos'è la retinite pigmentosa e in particolare cos'è la retinite pigmentosa legata all'X.
La retinite pigmentosa (RP, dall'inglese retinitis pigmentosa) è una patologia retinica eredo-familiare rara che si presenta in circa 1-5 individui ogni 10 mila nati e causa una distrofia progressiva dei fotorecettori.
L'età di insorgenza della retinite pigmentosa è compresa tra l'infanzia e la seconda decade di vita. Il decorso della patologia è solitamente lento e il più delle volte sono necessari decenni perché i pazienti arrivino a soffrire deficit visivi importanti; tuttavia in alcuni casi la progressione della RP può essere più rapida e portare alla perdita della visione in tempi più brevi. Fino ad oggi i ricercatori hanno identificato più di 50 geni/loci associati alla retinite pigmentosa, ognuno dei quali può determinare una diversa modalità di trasmissione genetica: autosomica dominante, autosomica recessiva, recessiva legata all'X, mitocondriale. La retinite pigmentosa legata all'X (XLRP, dall'inglese X-linked retinitis pigmentosa) è una forma molto comune di RP - essa rappresenta infatti circa il 20% dei casi totali - ed è determinata, nella maggioranza dei casi, da una mutazione a livello del gene RPGR (Retinitis Pigmentosa GTPase Regulator), che è localizzato sul cromosoma X.
La XLRP si manifesta prevalentemente negli individui di genere maschile. Ciò accade perché gli uomini presentano nelle loro cellule un solo cromosoma X e quindi una sola copia del gene RPGR, mentre le donne ne posseggono due. Negli uomini la presenza di una sola copia difettosa del gene RPGR è sufficiente a determinare l'insorgenza della malattia, nelle donne, invece, sono necessarie due copie difettose del gene RPGR. Poiché le mutazioni del gene RPGR sono rare nella popolazione, le donne ereditano solitamente il gene difettoso solo da uno dei due genitori e posseggono quindi anche una copia sana del gene, che permette loro di non manifestare la patologia o di manifestarla in modo più lieve. Le donne possono ereditare due copie malate del gene RPGR - una da ogni genitore - e quindi manifestare la malattia, ma questo è un evento estremamente raro, pertanto la maggior parte delle persone affette da XLRP sono uomini.
La rivista Nature Medicine ha riportato i risultati preliminari del primo studio di terapia genica per la retinite pigmentosa legata all'X effettuato nell'uomo. La ricerca ha coinvolto 18 pazienti con diagnosi di XLRP confermata mediante test di genetica molecolare. Trattandosi di uno studio di fase 1/2, finalizzato a testare la sicurezza della metodologia e l'effetto dose-dipendente del vettore impiegato, sono stati selezionati unicamente pazienti con patologia allo stadio avanzato.
I pazienti sono stati suddivisi in 6 gruppi di 3 persone e ogni gruppo è stato sottoposto a un trattamento con farmaco a concentrazioni crescenti di vettore virale. Il farmaco è stato somministrato mediante iniezione sottoretinica in due fasi, con formazione di un bleb (una sorte di "bolla" formata dal sollevamento della retina). I pazienti sono stati trattati con prednisolone per 21 giorni a partire da 2 giorni prima dell'inizio del trattamento.
Il follow-up ha evidenziato una risposta infiammatoria sottoretinica nei pazienti che hanno ricevuto dosi più elevate di vettore virale. Tale infiammazione, di moderata intensità, è rimasta contenuta nella zona d'iniezione dove è stato rilasciato il vettore ed è stata trattata e risolta mediante somministrazione orale di corticosteroidi. In totale sono stati riportati 55 casi di eventi avversi, di cui 35 oculari e 20 non oculari, nessuno dei quali gravi e non connessi all'inoculazione dei vettori virali.
Oltre a valutare la sicurezza del metodo, lo studio ha voluto evidenziare eventuali variazioni nella visione conseguenti alla terapia genica, mediante la misurazione di parametri quali l'acuità visiva (tavole ETDRS), la microperimetria (MAIA) e lo spessore retinico centrale. La pubblicazione riporta i risultati del follow-up dei pazienti per i primi 6 mesi, che hanno mostrato miglioramenti del campo visivo - iniziati a 1 mese dalla procedura e mantenuti per tutto il tempo del follow-up - in 6 pazienti. Tale miglioramento si è dimostrato dose-dipendente: a dosi più basse il guadagno visivo non è stato apprezzabile e comunque vi è stato un ritorno alle condizioni iniziali dopo 3 mesi, mentre per concentrazioni medio-alte si sono avuti un aumento della sensibilità retinica e un recupero del campo visivo perduto a causa della patologia e tali effetti terapeutici sono stati conservati fino al 6° mese di follow-up. I miglioramenti rilevati strumentalmente sono stati percepiti anche soggettivamente dai pazienti come aumento della limpidezza visiva e allargamento del campo visivo. I miglioramenti non sono stati osservati nell'occhio adelfo non trattato.
Per il clinical trial della terapia genica per la Amaurosi congenita di Leber, il primo ad aver ottenuto risultati tangibili e riconosciuti dalla comunità medica e scientifica mondiale, vi è stato un miglioramento nella visione notturna, risultato atteso in virtù del ripristino della funzionalità della proteina RPE65 mancante, che ha una funzione fondamentale nel ciclo visivo. Nella terapia genica per la retinite pigmentosa legata all'X, invece, l'aspettativa non era tanto quella di migliorare la visione quanto quella di stabilizzare il declino visivo sottraendo i fotorecettori alla morte cellulare. Nei modelli animali utilizzati nella sperimentazione preclinica che ha preceduto la sperimentazione clinica non vi era stato un miglioramento delle funzioni visive, pertanto i risultati preliminari di questo primo studio clinico per la terapia genica per la retinite pigmentosa legata all'X, con il miglioramento precoce del campo visivo osservato nei gruppi di pazienti che hanno ricevuto dosi intermedie di vettore virale, ha rappresentato ad oggi un risultato davvero eccellente con la prospettiva che nel futuro i risultati attesi per i pazienti affetti da questa grave e invalidante patologia possano divenire una concreta realtà.



Torna alla pagina iniziale della consultazione delle riviste

Oppure effettua una ricerca per:


Scelta Rapida