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Kaleîdos

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Numero 21 del 2020

Titolo: Donne coraggiose

Autore: Redazionale


Articolo:
A 89 anni la svolta: da vedova triste a trasgressiva webstar
Storia di Licia
(tratto da «Coraggiose» a cura di Silvana Gavino - Cairo Editore)
«Adesso che ho da fare ancora nella vita? Ormai, a 87 anni, sono inutile. Il mio ciclo è finito». L'ho pensato al mio rientro a casa dal cimitero, dove avevo accompagnato mio marito, che mi ha lasciato in una fredda mattina di dicembre 2017, dopo sessantaquattro anni di vita insieme.
Dieci anni prima era stato colpito da un ictus, non usciva più e io gli sono stata sempre accanto continuando a dargli amore e a riceverlo. Non sono sola: mio nipote Emanuele, detto Elo, e la sua «quasi moglie» si sono trasferiti a vivere da me. È abbastanza per non essere triste, ma non abbastanza per essere felice.
Non ho più voglia di uscire con le amiche per una passeggiata. Non ho più entusiasmo neanche per la cucina né per il mio giardino. Tutto all'improvviso sembra perdere di senso. Precipito in un baratro di depressione. Per abitudine la notte, verso le tre, orario in cui di solito Aldo si alzava per andare in bagno, mi sveglio e allungo la mano per cercarlo, come per dire: «Ti serve qualcosa?» poi mi ricordo che non c'è più.
Alto, magro, biondo, occhi azzurri. Aldo era una persona molto seria, affidabile e intelligente.
Ci siamo sposati a Trieste, la nostra città, il 30 luglio 1955 e siamo andati a vivere a Viterbo, dove lui lavorava già da un anno come geometra. Le prime volte che siamo andati al mare ho dato scandalo per il mio bikini: a Trieste le donne lo indossavano tutte, a Viterbo invece sono stata la prima. E apriti cielo! Mio marito e io abbiamo riso tanto su questa storia. Una coppia affiatata.
Abbiamo perso nostra figlia
La mia vita non è stata semplice: la guerra, il trasferimento. Sono diventata prima mamma, poi nonna. E qui è arrivato il dolore più grande. È stato per Marina: aveva solo 28 anni quando quattro emboli ce l'hanno strappata via. È terribile accompagnare al cimitero la tua unica figlia, per tutta la vita hai sempre quell'immagine davanti. Ho scelto di non condividere quel dolore per non appesantire i miei cari.
Mi sono imposta di reagire. L'ho fatto per mio marito, ma soprattutto per mio nipote Emanuele, il figlio di Marina, che aveva solo 4 anni.
Per alleggerire il dramma che ci aveva colpito mi vestivo in modo bizzarro, colorato, con accessori vivaci. Emanuele mi trovava divertente e io continuavo a sforzarmi per fargli vedere che la vita continua. Non mi è mai interessato quello che potevano pensare gli altri. Quando però calava la sera e toglievo la maschera non era per niente facile sopravvivere al mio dolore. Ho reagito sempre, ma quando è andato via anche mio marito, non sono riuscita a rialzare la testa.
Forza nonna!
Da quando Aldo non c'è più, mio nipote Emanuele, esperto di digital marketing, cerca di coinvolgermi nelle sue attività, ma le mie risposte a volte sono perfino sgarbate.
«No, Elo, non ne ho voglia, lasciami in pace».
Un pomeriggio lui torna a casa dal lavoro con una macchina fotografica.
«Me l'hanno regalata, vorrei farti qualche ritratto». Lo guardo un po' titubante.
«E vuoi proprio fotografare me?» gli domando.
«Sì, devi aiutarmi, sei tu la mia nonna».
Mi sorride con i suoi occhioni azzurri e decido di accontentarlo. Comincia a fare qualche scatto e, a mia insaputa, li pubblica su Instagram.
«Nonna, guarda cosa ti scrivono» mi dice qualche giorno dopo.
«E come fanno a scrivermi?» domando io stupita.
«Ho messo la tua foto su un social» mi risponde mentre mi mostra il computer.
Resto basita. «Saluti dall'Australia. Adoro il tuo account» mi scrive una donna.
«Sei un'ispirazione» mi scrive un'altra.
Arrivano messaggi dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna, dal Belgio.
Emanuele me li legge tutti traducendoli.
Ma allora non sono così inutile. Questo pensiero, giorno dopo giorno, mi riporta alla vita.
La mia seconda giovinezza
Il tam-tam della Rete, con lo zampino di mio nipote, crea un nuovo mondo intorno a me. Sono coinvolta in progetti sociali ai quali partecipo con piacere, l'edizione italiana di una famosa rivista americana mi dedica la copertina e mi contatta la redazione del programma televisivo Le Iene che mi organizza un servizio con un famoso fotografo inglese, Julian Hargreaves.
«Lo stesso che ha fotografato Nicole Kidman e Richard Gere» mi dice entusiasta Emanuele.
Il ricavato delle foto è devoluto all'acquisto di computer e connessioni a internet per una casa di riposo per anziani, affinché anche loro abbiano la mia stessa opportunità di tornare a vivere e sentirsi utili. E non è finita.
Un fotografo polacco, Hektor Werios, m'inserisce in un progetto con modelle di diverse età per mostrare che non è solo la gioventù a essere bella, anche la vecchiaia può esserlo, e un brand di gioielli mi vuole omaggiare chiamando con il mio nome una nuova linea.
«Ma veramente sta accadendo tutto questo?» mi domando divertita.
Mi faccio fotografare mentre alzo il dito medio e mando a quel paese le maldicenze, mentre fumo uno spinello incurante delle raccomandazioni di mio nipote («Mi raccomando nonna, è solo per il servizio fotografico!»), ma anche mentre gioco a tennis e bacio una donna, per manifestare la mia vicinanza agli amori arcobaleno. Infine non disdegno scatti osé, perché nella vita bisogna provare tutto.
Scelgo i ricordi migliori
Chissà come avrebbe commentato Aldo questa mia avventura con Emanuele. Se me ne fossi andata io sarei stata felice di sapere che ha ritrovato il sorriso, si diverte e passa del tempo con nostro nipote. E se anche lui si fosse spogliato non ci avrei visto nulla di male. Amare è imparare a essere felici della gioia dell'altro. Perché non dovrebbe valere più dopo la morte? Quale persona che ci ama preferirebbe saperci tristi invece che felici? Si può tornare a sorridere, facendo sorridere anche i nostri cari defunti, ovunque siano.
Non dovremmo mai lasciare che la morte di qualcuno che amiamo uccida anche noi. Una parte di noi se ne va con loro, è vero, ma lo è altrettanto che una parte di loro continua a vivere con noi, ed è su quella che dobbiamo puntare, se vogliamo rispettare il senso della vita e rendere omaggio a ogni giorno che ci viene donato. La mia vita è stata bella ma non facile, eppure, quando mi guardo indietro mi piace concentrarmi solo sui ricordi migliori e ricordarmi che ho scelto di essere felice.
Licia Fertz, 90 anni, vedova, vive a Viterbo col nipote Emanuele ed è appassionata di cucina e giardinaggio. Il suo account Instagram «Buongiorno Nonna» ha 73 mila follower.



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