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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere dei Ciechi

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Numero 3 del 2021

Titolo: ATTUALITÀ- Il lavoro di un Tiflologo

Autore: Federica Piz


Articolo:
Federica Piz - Responsabile del Centro di Consulenza Tiflodidattica di Padova

"Gli studenti non sono vasi da riempire ma fiaccole da accendere". Plutarco

Il lavoro di un Tiflologo consiste nel fornire consulenze a famiglie e docenti di bambini e ragazzi ipovedenti o non vedenti, offrendo gli strumenti e la vicinanza necessari durante la costruzione del percorso di vita di ciascuno, perché la disabilità non rappresenti un ostacolo alla realizzazione a cui tutti abbiamo diritto.
Il Centro di Consulenza Tiflodidattica di Padova nasce nel gennaio 2000 presso l'Istituto per i minorati della vista "Luigi Configliachi" su iniziativa della Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi Onlus.
Le province di competenza dello stesso sono: Padova, Vicenza, Verona, Venezia, Treviso, Rovigo, Trento e Bolzano.
In questo breve contributo vorrei raccontarvi un'esperienza che in parte sembra collaterale ma, a pensarci bene, potrebbe ricentrare lo scopo principale del nostro lavoro nel sistema della scuola inclusiva dei nostri giorni e nella rete familiare e sociale a cui prestiamo i nostri servizi.
Perché ho deciso di occuparmi della docenza agli insegnanti? In diciotto anni di esperienza sul campo mi sono resa conto che il percorso scolastico per un disabile visivo è tanto importante quanto complesso. Sia nel caso di alunni ciechi assoluti e, ancora più nel caso di alunni ipovedenti, è fondamentale partire dalla conoscenza del singolo alunno dopo un'osservazione attenta all'individuazione dei punti di forza e di debolezza di ciascuno; si passa poi alla fase di costruzione del percorso individualizzato che prevede un lavoro rispetto alla metodologia, alla predisposizione dei materiali tiflologici e alla scelta degli ausili didattico-strumentali. Data la complessità del percorso appena descritto, molti dei docenti che lavorano con i nostri bambini disabili visivi non hanno la formazione necessaria. Manca la specializzazione sulla disabilità visiva ai docenti di sostegno ed è qui che si inserisce il nostro contributo.
Dall'anno accademico 2018-19 mi è stata proposta dall'Università degli Studi di Padova una collaborazione per l'organizzazione dei laboratori riguardanti la minorazione visiva nell'ambito del Corso di specializzazione per il sostegno didattico agli alunni con disabilità (CSAS). Il mio compito era l'organizzazione e la gestione di 8 ore in modalità laboratoriale per sei gruppi di docenti di diversi livelli scolastici, dall'infanzia alla scuola secondaria di primo e secondo grado, per un totale di circa 300 corsisti all'anno. Ho accolto con entusiasmo questa proposta perché mi è sembrata un'opportunità per provare a facilitare il percorso formativo rendendo disponibili al mondo della scuola informazioni e strumenti che potranno tornare utili nel concreto lavoro con gli alunni.
Sono stati organizzati due incontri di quattro ore ciascuno in cui, ad una breve introduzione teorica per consolidare i prerequisiti tiflologici conoscitivi, seguiva un lungo spazio di attività pratica con questi contenuti:
- la padronanza del Codice Braille e delle sue particolarità. Qui gruppi di tre corsisti insieme potevano sperimentare l'uso delle dattilobraille, cimentarsi nella scrittura di semplici frasi e allenare la lettura simulando il lavoro da fare a scuola. Le frasi proposte realizzate in Braille, infatti, presentavano degli errori che in modalità ludica dovevano essere trovati e corretti, compito che presumibilmente gli insegnanti si troveranno a dover affrontare nella realtà delle classi con alunni ancora inesperti;
- la realizzazione di materiali didattici per alunni con disabilità visiva, sempre in gruppi di 5/6 persone a partire da spunti offerti in fotocopia e potenziali contenuti dei manuali di studio usati nelle scuole. Anche qui la simulazione con tempi stretti, anziché essere una forzatura, aveva l'obiettivo di mettere tutti di fronte alla necessità di produrre materiali utili agli studenti anche con poco tempo di preavviso, come spesso accade nella vita scolastica vera, fornendo strumenti che non esistono già preconfezionati ma risultano indispensabili per la tipologia dei nostri alunni. Come infatti l'apprendimento verbale è sostenuto da quello visivo, in assenza di quest'ultimo canale, non si può pensare di privare una parte di apprendenti di un duplice accesso: nel nostro caso va attivato il canale tattile per la valenza conoscitiva fondamentale che ricopre a fianco del linguaggio orale non sufficiente se usato da solo.
Vorrei condividere alcune immagini dei lavori laboratoriali svolti dagli studenti del corso: la Mucca Carolina (fig. 1) è la tavola tattile realizzata da un gruppo di corsisti di scuola dell'infanzia con la tecnica del collage materico e una scritta in codice Braille; l'apparato respiratorio (fig. 3) realizzato da un gruppo di corsisti di scuola secondaria di I grado con materiale polimaterico a partire dalla scheda proposta dalla docente (fig. 2).
Tracciando un bilancio dell'esperienza fatta, mi sento di dire che otto ore certamente non possono garantire la formazione su un campo complesso e ampio come quello della didattica per gli alunni aventi disabilità visiva ma sono un'opportunità che val la pena di valorizzare. In primo luogo, garantisce una prima infarinatura informativa e poche realtà dedicano uno spazio alla formazione laboratoriale sulla disabilità sensoriale, come la nostra Università degli Studi di Padova ha deciso di fare; in secondo luogo, non è pensabile mai una formazione che si chiuda con un corso universitario. Anzi, il miglior apprendimento che poteva essere attivato da un corso come questo è lo stile di ricerca-azione che un insegnante dovrebbe assumere: la consapevolezza, cioè, che ogni giorno presenta delle domande nuove per cui non esistono risposte già pronte ma vanno cercate quotidianamente.
Da soli? No, sarebbe una fatica improba: si deve fare rete, fra associazioni del territorio, famiglie, scuole, vari enti preposti ai servizi alle persone. Tutti dovremmo intraprendere percorsi condivisi e intrattenere relazioni produttive perché solo nella sinergia si affrontano al meglio le sfide a cui la disabilità ci espone; la capacità di collaborare in comunità di pratiche in cui ciascuno porta competenze diverse e qualità umane complementari. Solo vivendo in prima persona l'esperienza che la diversità è una risorsa si potrà essere degli educatori credibili per i piccoli che dobbiamo formare. Lavorando insieme per risolvere problemi comuni si può mettere in gioco l'empatia, la negoziazione, la mediazione. E questi sono gli obiettivi che Edgar Morin ci ha indicato nel suo I sette saperi necessari all'educazione del futuro "insegnare la comprensione fra gli umani è la condizione e la garanzia della solidarietà intellettuale e morale dell'umanità" (Raffaello Cortina editore, p. 97).
Nel corso degli anni al Centro di Consulenza Tiflodidattica di Padova, si sono rivolti diversi ex corsisti che assegnati come docenti ad alunni con deficit visivo hanno voluto approfondire le idonee metodologie da attuare, formarsi in maniera più specifica sulla strumentazione utile per i loro studenti, ricevere indicazioni tiflologiche più adatte; la relazione di fiducia e conoscenza già avviate ha reso questo passaggio naturale e immediato determinando un processo sinergico.
La scuola inclusiva di oggi ha bisogno di insegnanti professionisti riflessivi, motivati di fronte alle sfide e attivi nella costruzione del percorso educativo dei loro alunni. Sono indispensabili a tal fine: non solo il bagaglio professionale ma anche l'atteggiamento nel lavoro di apertura, di entusiasmo, di motivazione di fronte alle difficoltà, il dialogo costante con le famiglie, la collaborazione con gli specialisti, la messa in discussione delle proprie pratiche.
Ogni realtà per esistere deve pensarsi e raccontarsi, l'identità non è qualcosa di dato ma va pazientemente costruita. Le parole che raccontano servono a questo, cercano un senso alla molteplicità caotica della vita di tutti i giorni e lo comunicano agli altri in modo che tutti possano riceverne un beneficio.
Riflettere insieme sulla propria professione può diventare uno strumento per valorizzarla, renderla sempre più consapevole, capitalizzare "ciò che si è e si può ancora diventare" (Duccio Demetrio, Raccontarsi, Raffaello Cortina editore, p. 195).
Quindi, posso pensare serenamente che ci sono molte strade dall'osservazione scolastica, alla consulenza tiflologica, dalla formazione universitaria ai laboratori di creazione del materiale tiflodidattico, tutte percorribili quando abbiamo chiara la meta a cui tendiamo: il benessere scolastico dei nostri ragazzi speciali.



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