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Corriere dei Ciechi

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Numero 4 del 2021

Titolo: ATTUALITÀ- La diversità

Autore: Letizia Paffumi


Articolo:
La diversità è la forza più tenace, che la natura abbia messo in moto per celebrare e perpetrare la vita in tutte le sue manifestazioni e in tutta la sua bellezza.
Noi sapiens sapiens nel distruggere le bio diversità del pianeta, per conformarle alle nostre false esigenze in un delirio di sopruso e potenza, ci stiamo autodistruggendo. Monoculture intensive che impoveriscono il terreno, abbattimento indiscriminato delle foreste, inquinamento di cielo e terra, estinzione di animali, sono i gravi rischi di una incapacità nel rispettare, nell'adattarsi alle regole, al sottile equilibrio che sottintende e sintetizza tutto il creato.
Solo nel caleidoscopico mondo delle diversità di cui noi stessi siamo costituiti, si cela la nostra più profonda umanità, le nostre radici, il turbinio delle nostre passioni, i nostri traumi, ma anche tutti i nostri talenti e potenzialità, la nostra volontà di bene, il nostro alito alla libertà.
Libertà nell'uguaglianza, nella parità dei diritti e naturalmente anche dei doveri, nel rispetto delle possibilità e tendenze individuali. Esiste la possibilità di scelta, cioè la funzione che più ci caratterizza, il nostro libero arbitrio.
L'etica dovrebbe essere quella del tendere alla uguaglianza nella massima diversità. La costruzione di un mondo in cui ci sia posto per tutti, in cui non si debba più parlare di discriminazioni, di genere, sesso, razza, religione, in cui non siano più messe al bando le minoranze, nel doveroso rispetto delle tradizioni, culture, peculiarità dei gruppi e delle singole persone. Questa utopia dovrebbe diventare, la base educativa delle future generazioni, la pedagogia funzionale alla possibilità di salvezza.
Solo in un ambito di collaborazione e di aiuto reciproco, nello sviluppo di dinamiche empatiche che ci permettano una reale condivisione, nell'abbattimento di una edonistica, egoica, indifferenza, potremo avere un futuro. La storia dovrebbe insegnare proprio a non rifare gli stessi errori, anzi ad imparare da essi e consentire così un effettivo progresso dell'intera umanità.
In seguito ai vasti movimenti culturali sorti tra la fine dell'Ottocento e il XX secolo, la lotta della classe operaia, il sorgere dei sindacati, il femminismo, il voto alle donne, il maggio francese ecc, l'autorealizzazione individuale, non più legata al clan alla famiglia o alla casta sociale di appartenenza, diviene una nuova, concreta, possibilità per il mondo occidentale, sorta in seguito alle trasformazioni delle condizioni della coscienza umana e a mutate costruzioni psicologiche e sociali.
La consapevolezza di sé come individuo fa sorgere nuovi valori, primi fra tutti quelli della realizzazione delle proprie potenzialità, attraverso una crescita personale.
L'individuo non più stigmatizzato e chiuso in un ruolo prestabilito dalla nascita alla morte, può aspirare al raggiungimento della propria autorealizzazione molto più che in passato.
L'espressione creativa di sé, diviene un concetto cardine attorno al quale costruire la propria identità e il proprio significato esistenziale, anche a costo di entrare in conflitto con la società, i suoi valori, i suoi modelli.
Nel contesto di queste dinamiche evolutive, psicologiche, economico sociali, si innesta, nei primi anni del secolo scorso, con la nascita dell'Unione Italiana Ciechi, il faticoso ma non di meno giusto riscatto dei diritti, fino a quel momento inevasi, di chi pur non vedendoci, può portare alla società un buon apporto in termini di intelligenze e operato.
Occorre far comprendere con chiarezza che disabilità non è certo sinonimo di incapacità.
Deve risultare evidente che tutti gli uomini e le donne disabili, qualora vengano seguiti ed educati o rieducati, a seconda dell'età e dei bisogni individuali, da operatori qualificati, in grado di sostenerli nel cammino riabilitativo, con l'ausilio dei numerosi sussidi anche tecnologici, fortunatamente oggi disponibili, sono perfettamente in grado di sviluppare i loro talenti e di conseguire ottimi risultati scolastici e professionali. L'integrazione deve finalmente trasformarsi in un dato di fatto, non soltanto in un'ammissione ideale, o in un obbligo sancito dalla Legge. Occorre a tutti i livelli, promuovere l'inclusione nel contesto civile, essere parte attiva, avere visibilità e presenza, aiutati e non compatiti, cittadini come tutti gli altri, che godono di pari diritti e di pari dignità. Poter essere parte attiva nel processo di sviluppo di una società più inclusiva, ecologica, rappresentativa non solo dei poteri forti, finanziari, bancari ed imprenditoriali.
Questa è una meta che ci consente di elevare il livello qualitativo di civiltà che si evidenzia nell'efficacia di sviluppare un assetto politico di wi-fi in grado di tutelare, accogliere e gestire al meglio anche quelle che vengono comunemente definite, fragilità di un sistema, che paradossalmente si possono rivelare, invece, dei punti di forza. La vera risoluzione di cambiamento è nell'accogliere le diversità, che sono una risorsa irrinunciabile e vitale per un effettivo e proficuo progresso futuro.
Solo nel riconoscimento delle nostre molteplici parti e possibilità, noi possiamo acquisire una sempre maggiore autostima e consapevolezza dei nostri ruoli nel mondo, non certo nella forzata omologazione che per chiari scopi consumistici, ci viene imposta da un capitalismo malato.
La diversità è complessa, difficile da gestire, talvolta causa conflitti e guerre ma se guardiamo il rovescio di questa medaglia, è proprio in questa complessità che si cela una autentica possibilità di relazione, poiché non c'è relazione senza conflitto. Non stiamo parlando di un mondo quieto passivo, inanimato ma di uno spazio sociale vivo, anche tumultuoso ma onesto e costruttivo, un mondo in cui le persone si possano esprimere liberamente e partecipare, ognuna a seconda delle proprie possibilità, tendenze, aspirazioni.
In un panorama così, attivo, vitale e dinamico, anche la disabilità può essere accolta come una nuova opportunità di conoscenza e di scambio.
La diversità non è altro che una differenza e, in quanto tale, sia essa di genere, tendenza sessuale, di razza o determinata dalla disabilità, non deve essere fonte di paura, di sospetto e, conseguentemente, di allontanamento e di esclusione, ma al contrario dev'essere colta come un'occasione di arricchimento reciproco che può creare un senso di appartenenza e realizzarsi attraverso un dialogo aperto, sincero e scevro di pregiudizi.
In questa particolare contingenza storica di forte crisi che il mondo occidentale sta vivendo, le fasce più deboli e vulnerabili della popolazione e particolarmente, volendo restringere il campo al settore dell'handicap, quello delle donne disabili è un ambito che rivela delle criticità notevoli.
Le donne disabili sono vittime di una doppia, ingiustizia. Alla discriminazione di genere si aggiunge infatti quella della disabilità. Perché se la donna è vista come un "oggetto", il fatto di essere disabile la rende un oggetto difettoso, non funzionale ad un sistema che detta un'arida, avida, ansia di accumulo, in un tempo lineare, sempre proteso al futuro che non consente una vera presenza, una possibilità di attenzione, di ascolto e accettazione. Far crescere il seme, nutrirlo, portarlo a compimento, in un tempo ciclico, che segue i ritmi della natura, come le stagioni, le fasi lunari, la stessa maternità, è una peculiarità del femminile, di cui la nostra società è sostanzialmente carente. Tutto deve essere consumato in tempi rapidi, vige il mito del fare non dello stare, dell'apparire non dell'essere, del possesso al posto dell'amore. Il femminile e l'handicap sono accomunati da un senso di estraneità e di disagio nei confronti di una società che esalta il corpo e la prestazione. In una cultura incapace di discernimento, le donne disabili oggi devono fare i conti con i pregiudizi di chi le vuole troppo fragili, bisognose di cura, vittime, asessuate o al massimo esclusivamente eterosessuali, incapaci di essere madri. Una delle tante conseguenze di questi pregiudizi è che le donne disabili hanno meno possibilità di ricevere una educazione sessuale adeguata, si abituano ad avere un rapporto negativo con il proprio corpo e fanno fatica a costruirsi una idonea identità di genere. Oggi avere una relazione positiva con il proprio corpo è difficile per ogni donna.
Bombardate continuamente da modelli di perfezione, di giovinezza, le donne devono quotidianamente combattere per tenere in piedi la loro autostima, le donne disabili devono combattere ancora più ferocemente per non farsi distruggere da un sistema che non ammette varianti, che non vuole differenze, ma omologazione di corpi e di pensieri
Facendo il punto, allora, la società vuole che le donne siano belle, attraenti ma anche madri, mogli, crocerossine. La stessa società nega tutto ciò alle donne disabili. La maternità è ancora vista con sospetto. Tutte le donne Disabili o no, devono avere la possibilità di scegliere, scegliere di avere figli se li vogliono, scegliere di avere un corpo e di metterlo in mostra se lo desiderano, scegliere di avere una sessualità e di viverla liberamente senza costrizioni, scegliere di essere rappresentate e di rappresentarsi, tutte, perché in fondo si combatte la stessa battaglia. Occorre arrivare a sentirsi libere prima di tutto nella mente e nel cuore: nessun tipo di disabilità deve impedire ad una donna di essere quella che si sente dentro, perché quando gli ostacoli sono nella testa la strada è già sbarrata, per qualsiasi persona. Dobbiamo essere noi stesse le portatrici di questa volontà di affermazione, di una reale presenza nel mondo, in una prospettiva di cambiamento e di trasformazione delle relazioni, nel coraggio di sconfiggere ogni giorno attraverso la nostra presenza attiva, il pregiudizio che circonda tutte le diversità, dando una faticosa ma instancabile testimonianza nel mondo.



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