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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere Braille

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Numero 18 del 2021

Titolo: Una nuova sfida

Autore: Mena Mascia


Articolo:
Quando mi sono trovata a dovere accettare una carica cui avevo rinunciato da tutta una vita, quella di presidente territoriale della mia sezione, una responsabilità che a causa delle dimissioni della precedente presidente designata, l'immediata tentazione di rinunciarvi è stata forte, perché mi sono chiesta cosa avrei potuto dare ai soci che mi avevano accordato fiducia con il loro voto che non avessi già dato spontaneamente e senza il bisogno di dovere ricoprire cariche istituzionali in una vita spesa volontariamente per l'Unione. La circostanza mi è caduta come la classica tegola sulla testa, perché non me lo sarei mai aspettata di doverci pensare. Dato che però ad ogni azione corrisponde una reazione, (avevo accettato la vice presidenza territoriale per assicurare l'amica che in ogni momento le avrei dato una mano), ragione per cui coerenza ha voluto che la scelta cui ero stata invitata, mi facesse riflettere per ribadire a me stessa, prima che a voi, l'entusiastico scopo per il quale, nonostante la mia età, anzi a dispetto di essa, ho ingaggiato con la vita questa nuova sfida, abbandonando ogni perplessità per rimettermi in gioco. Non vi nascondo tuttavia che spesso la paura di non farcela mi crea un po' d'angoscia e qualche piccola sofferenza, ma mai pentimento. Considerato che appartenere è esserci, eccomi qua a raccontarvi qualche sensazione procuratami assistendo attentissima ai lavori del Consiglio Nazionale del 30 aprile ultimo scorso.
Il mio nuovo ruolo mi ha obbligata a farmi un dovere di parteciparvi, nonostante sapessi di non avere diritto a prendere la parola, anche se sono perfettamente consapevole che in quel contesto tanti sarebbero stati i problemi che mi avrebbero sollecitata a saperne di più sui vari argomenti trattati dai consiglieri che di volta in volta interloquivano, ma vi confesso che rimanere passiva tacendo è stato comunque difficile.
Tra i temi esaurientemente illustrati, non sono rimasta indifferente nel constatare che nonostante le nostre insistenze, in questo paese la difficoltà di essere vaccinati è stata uguale dappertutto, che la pandemia ha negativamente influenzato la condizione destabilizzante della Dad sui nostri bambini, specie su quelli con minorazioni aggiuntive, che si sarebbe parlato del dopo di noi, che occorre prestare attenzione perché non passi l'assunto secondo cui ogni cieco dovrebbe essere affidato ad un tutore assegnatogli dal tribunale, come se il solo fatto di non vedere lo rendesse incapace di intendere e di volere, che l'esserci dovuti abituare alle nuove tecnologie, pur aiutandoci nel disbrigo di importanti e doverose manifestazioni ci avrebbe isolati, rendendoci inattivi in presenza. Ognuno di questi temi avrebbe bisogno di ben altre competenze delle mie, parliamone però, perché il confronto dialettico ci sostenga nel riflettere, al fine di raggiungere il meglio degli obiettivi che insieme ci proponiamo.
Per rendere più forte la nostra centenaria associazione che tante conquiste ci ha regalato, e fare di noi dei cittadini attivi a tutto tondo, credo sia necessario che ciascuno abbia chiara un'autonomia di pensiero tale che la vita sia più facilitata nel quotidiano, aiutati proprio da quelle conquiste. Al di là del fatto che ogni esistenza sia maggiormente degna di essere vissuta, la soddisfazione di esserci riusciti può gratificarci al punto che non ci pesi l'innegabile cambiamento di ruoli intervenuti a farci diventare da figli che eravamo, a genitori dei nostri genitori, perché essere capaci di autogestirci e nello stesso tempo di accudire le persone anziane affidate alle nostre cure, laddove ci capitasse di dovercene occupare, è tenero e bellissimo.
Come dimenticare il rammarico di mia madre che usava dire alle amiche, quand'ero piccola: «a chi la lascerò quando non ci sarò più io»? Se ne è andata quasi quattro anni fa, prima di compiere i 97 anni, ed io ne sento la mancanza ancora oggi come il primo giorno in cui mi ha lasciata. Credo di essermi occupata di lei nel migliore dei modi, ma la cosa non mi consola, perché mi son dovuta sostituire a lei specialmente per gestire le piccole incombenze pecuniarie cui non era più in grado di badare. Per estinguere il suo libretto di risparmio, le poste avevano chiesto che io facessi da procuratrice per pagarle il restante dovuto. Facevo tanta fatica ad accettare la sua intervenuta fragilità, non sentendomi a posto con la coscienza, dovendo operare sul suo conto corrente, specie da quando, alla presenza di una notaia, questa le aveva chiesto se fosse contenta che io riscuotessi i suoi soldi per comprarle le medicine e quant'altro le servisse per farla soffrire meno. «Se lo deve proprio fare, va bene così», le aveva risposto rassegnata, mentre io mi ero sentita simile ad una ladra. L'alternativa sarebbe stata rappresentata dal farle avere un amministratore di sostegno, ma i tempi del tribunale sarebbero stati lunghi e lei stava troppo male per aspettarne la concretizzazione.
Prego chiunque mi ha letto di lavorare insieme per raggiungere un'autonomia di pensiero tale per cui la vita non debba mai sorprenderci impreparati.



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