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Kaleîdos

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Numero 11 del 2021

Titolo: L'aborto è un diritto: Alice ci mette la faccia

Autore: Giusy Fasano


Articolo:
(da «F» n. 22 del 2021)
È cominciato tutto con quel post su facebook: «Ho abortito e sto benissimo». Alice Merlo, 27 anni, ha deciso di riassumere con quelle cinque parole le sue sensazioni. Può sembrare irrispettoso verso le donne che vivono l'aborto come un dramma, che se ne vergognano o che sono sommerse dai sensi di colpa. Ma con quelle parole lei non negava né giudicava il loro diritto di sentirsi diversamente. Rivendicava semplicemente il suo diritto di non stare male. «Io sono arrivata preparata a quel momento», spiega. «Nel senso che nella vita ho sempre avuto il privilegio di avere accesso alla cultura e al pensiero critico. Ho scelto l'aborto farmacologico con assoluta consapevolezza un istante dopo aver saputo di essere incinta, non ho avuto difficoltà di nessun genere».
Tutto inizia con quel post
Alice nella vita si occupa di comunicazione digitale, vive con la famiglia a Genova, è innamorata di Balù, un meticcio di 42 chili, e da febbraio è la testimonial della campagna informativa sull'aborto farmacologico voluta dalla Uaar (Unione degli atei e degli agnostici razionalisti). Lo è diventata dopo quel post su Facebook. L'hanno cercata e lei ha detto che sì, le andava di metterci la faccia. Perché di questo si tratta; manifesti con la sua faccia e con lo slogan che dice: «Aborto farmacologico, una conquista da difendere».
La conquista da difendere è la Ru486, cioè la pillola per l'interruzione volontaria di gravidanza, diritto previsto dalla 194, una legge che consente alle donne di abortire in sicurezza, senza il ricovero in ospedale e l'operazione chirurgica.
Minacce via web
A qualcuno, però, la campagna non è piaciuta. Men che meno la narrazione che Alice ha sempre fatto del suo aborto, avvenuto a settembre dell'anno scorso. Così è partita la solita raffica di insulti, sui social, su Messenger o direttamente sui manifesti. Parole spesso irripetibili. O frasette tipo «Vorrei vederti felicemente ammazzata», «Vorrei che tua madre ti avesse abortita», «Sadica, hai ammazzato tuo figlio», «Assassina», «Pillola o proiettile non cambia». C'è chi l'ha minacciata di stupro, sono arrivate perfino velate minacce di morte. La settimana scorsa una donna le ha scritto: «Sei una piaga schifosa, spero che non diventerai mai madre e che Dio ti renda completamente sterile». Fanatismo confuso con il diritto di parola, materiale per la polizia postale. E intanto Alice passa oltre e non molla. «Io vado avanti», promette.
Il sostegno di nonna Luisa
Ci sono dettagli che Alice ripete a ogni diretta in rete, a ogni incontro pubblico: «Non ho mai pensato o detto che l'aborto è o possa essere un metodo contraccettivo». Oppure: «Non ho mai detto che l'aborto è un'esperienza felice. So bene che le persone hanno storie e bagagli culturali diversi per affrontare la vita. Però il dolore dev'essere ascoltato, non imposto. Io non ho vissuto il mio aborto come un dramma e non avrebbe senso raccontarlo diversamente». Accanto a questa ragazza con una montagna di capelli in testa c'è la sua famiglia («i miei primi fan») e c'è soprattutto sua nonna Luisa, 82 anni, che appena ha potuto uscire dalla Rsa ha chiesto di andare a vedere i manifesti ancora intatti di Genova. Era il suo modo di sostenere Alice, il piccolo gesto di una grande donna.
Giusy Fasano



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