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Kaleîdos

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Numero 14 del 2021

Titolo: Chiamami col mio nome

Autore: Sabrina Barbieri


Articolo:
(da «F» n. 26 del 2021)
Alighieri, Manzoni, Pascoli o Pirandello. Abbiamo incontrato le discendenti di grandi nomi della letteratura. Per scoprire cosa vuol dire avere un antenato così illustre
I 700 anni della morte di Dante Alighieri quest'anno sono stati celebrati con un calendario ricco di eventi organizzati non solo in Italia, ma un po' in tutto il mondo. Curiosando tra le varie iniziative abbiamo scoperto che i discendenti del Sommo Poeta risiedono in una tenuta che produce vini nel cuore della Valpolicella, in Veneto. Da qui l'idea di cercare altre eredi di grandi nomi della letteratura italiana. Il risultato lo trovate in queste pagine: le «nipotine» di Dante, del Manzoni, di Pascoli e Pirandello ci raccontano cosa ha significato avere un antenato tanto illustre quando «ingombrante».
Io e Manzoni, stessa passione per i giardini
Luisa Winsemann Falghera, 32 anni
D. Che legame ha con Alessandro Manzoni?
R. Sofia Manzoni, una delle figlie dello scrittore, era la nonna del mio bisnonno materno. La mia famiglia possiede ancora la casa che fu della figlia di Sofia, Margherita Trotti Bentivoglio. È una dimora storica a Trezzo sull'Adda, Milano. Proprio rimettendo in ordine uno degli armadi della villa, tempo fa è saltato fuori un carteggio tra Margherita e il fratello Alessandro. Ne ho curato la pubblicazione, s'intitola «Un giardino d'artista» (edizioni Ets). Anche lei è un po' scrittrice... No, ho solo riproposto lettere scritte da altri! Ho curato anche un secondo carteggio, sempre tra Alessandro Trotti Bentivoglio e una zia, ma resto un'imprenditrice agricola: la nostra azienda produce cereali biologici e recentemente siamo riusciti a mettere sul mercato una pasta fatta con i nostri grani. Veder nascere il frumento e poi riuscire a mangiarlo, è una soddisfazione enorme.
D. Ma a scuola, in italiano, come se la cavava?
R. Non benissimo. Non ho mai rivelato ad amici e compagni di scuola la parentela con Alessandro Manzoni, perché volevo evitare il confronto con un antenato così grande e non volevo essere considerata la «nipote di». Ma ricordo una cosa simpatica. Un giorno, commentando un mio tema, la professoressa d'italiano mi disse: «Fai frasi troppo lunghe. Ma chi ti credi di essere? Il Manzoni?». Però qualcosa in comune con lo scrittore ce l'ho.
D. Dica.
R. Anche lui aveva una grande passione per l'agricoltura e i giardini. Leggendo un vecchio libro, «Alessandro Manzoni fattore di Brusuglio», ho scoperto che le mie piante preferite erano anche le sue: il ginkgo biloba e il liquidambar.

Se fossi nata maschio sarei «Dante»: sono la 21a generazione del Sommo Poeta
Massimilla di Serego Alighieri, 40 anni
D. Sieti gli unici discendenti di Dante?
R. In linea diretta sì. Il figlio del poeta, Pietro, nel 1353 acquistò del terreno nella tenuta a Gargagnano, Verona, dove la mia famiglia vive ancora oggi e porta avanti una azienda vitivinicola, la Serego Alighieri del gruppo Masi. Ebbe dei figli che ebbero altri figli e così via, fino a noi. Io e mia sorella rappresentiamo la 21a generazione. Per l'alternanza dei nomi che vige in famiglia, se fossi stata maschio, mi sarei dovuta chiamare proprio Dante.
D. Perché avete il doppio cognome?
R. Nel 500 gli Alighieri restarono senza eredi maschi e il cognome fu portato avanti dai figli di Ginevra Alighieri che aggiunsero al cognome del padre, Marcantonio Serego, quello della madre.
D. Sente anche il peso di questo cognome?
R. Il preside era un «dantista» e, quando seppe di avere a scuola un'erede del sommo poeta, decise di istituire un'ora in più di lettura della Divina Commedia in tutta la scuola. Si figuri com'ero ben vista dai compagni! Comunque, sempre grazie a Dante, ho ripreso i rapporti con la scuola. Nel 2019, il preside mi ha chiamato dicendomi: «Visto che reciti a teatro, verresti a fare un ciclo di letture dantesche in aula?». E così ho iniziato a fare questi incontri con i ragazzi.
D. La recitazione è una sua passione?
R. Recito da più di 10 anni in una compagnia teatrale di Verona, la Giorgio Totola. Ma il mio lavoro principale è occuparmi delle pubbliche relazioni dell'azienda di famiglia.
D. Ha mai portato Dante in scena?
R. Mai, però a 3 o 4 anni ho recitato la Divina Commedia in una piazza di Venezia. Per gioco, ovviamente. Sapevo delle parti a memoria, senza avere consapevolezza di cosa significassero e di chi fosse Dante. Eravamo in gita con degli amici e papà mi mise su un pozzo e mi disse «dai, recita qualcosa» e io ho fatto il mio piccolo show. Evidentemente, la verve d'attrice c'era già.
D. Avete organizzato qualcosa di particolare per i 700 anni della morte del vostro antenato?
R. Le iniziative sono tante. Tra le varie cose, c'è una spilla commemorativa. L'idea è venuta ai miei genitori. L'ha realizzata Cleto Munari su disegno di Mimmo Paladino. Si chiama «A riveder le stelle».

Scrittrice come «nonno» Pirandello
Sofia Pirandello, 28 anni
D. Ricercatrice all'Università degli studi di Milano, ha pubblicato diversi racconti e un romanzo, «Candido suicida». Non dev'essere semplice scrivere con un antenato così.
R. Luigi Pirandello era il nonno di mio nonno. Per lui sì, l'eredità è stata pesante, amava scrivere e non ha mai pubblicato, credo proprio per evitare il confronto con il non io. Per me non è più così. Luigi Pirandello è sì un mio antenato, ma è soprattutto uno dei miei autori preferiti. E la cosa mi entusiasma soltanto. È come se un fan di David Bowie fosse anche suo nipote.
D. Quando ha scoperto la passione per la scrittura?
R. Credo di averla sempre avuta. Non appena ho imparato a scrivere, ho iniziato a mettere giù racconti, storie. Alle elementari ho persino scritto la mia autobiografia, ma non c'era molto da raccontare ai quei tempi. Vengo da una famiglia dove i libri sono sempre stati di casa. Anche da parte materna: mio nonno e mio zio sono giornalisti. Anzi, penso che sia stata più mia madre a trasmettermi la passione per la letteratura. Lei è una fisica, ma è una grande lettrice. Fra l'altro era una grandissima appassionata di Luigi Pirandello già prima di conoscere mio padre. Aveva tutta la sua produzione.
D. Lei è nata e cresciuta a Roma, è mai stata in Sicilia sui luoghi pirandelliani?
R. Certo. Sono romana, ma mamma è catanese. Sono stata in Sicilia moltissime volte. La prima volta che ho visitato la Casa Museo Luigi Pirandello ad Agrigento, avevo 10 anni. L'ultima, due anni fa, per la presentazione del mio libro, «Candido suicida». In quella occasione sono andata anche nei paesini nei dintorni, Favara, Aragona, dove l'eredità di Pirandello è ancora molto forte. La gente è molto affezionata a lui e alla sua famiglia. Ho avuto un'accoglienza calorosissima, non me l'aspettavo.

Il fanciullino che c'è in noi Pascoli
Nicoletta Pascoli, 61 anni
D. Giovanni Pascoli non ha avuto figli. In che modo lei è sua discendente?
R. Il poeta era il fratello del mio bisnonno Giuseppe. Noi siamo il filone veneto della famiglia. Giuseppe infatti, che non era ben visto dagli altri fratelli, aveva lasciato la Romagna e si era trasferito in provincia di Vicenza. Una quindicina di anni fa, abbiamo riunito i Pascoli veneti e quelli romagnoli in un grande raduno a San Mauro, dove si trova la casa natale di Giovanni.
D. Cosa ha voluto dire per lei portare questo cognome?
R. Nel periodo delle elementari non era tanto bello: mi chiamavano «cavallina storna», mi sentivo bullizzata, anche se allora questo termine non si usava ancora. E ogni volta che s'imparava a memoria una poesia di Pascoli, ero io quella chiamata a recitarla. Poi, crescendo, ho imparato a portare questo cognome con orgoglio.
D. Ma quando studiava le poesie di Pascoli le piacevano?
R. Non sono mai stata molto portata per la letteratura, però mi piacevano. Mi piaceva e mi piace ancora moltissimo l'idea del fanciullino. Noi Pascoli siamo proprio così: lo vedo confrontandomi con le cugine e i cugini. Siamo in tanti, ma abbiamo tutti dentro questo fanciullino che ci fa vedere le cose come sono, come le vede un bambino. È una nostra caratteristica, non credo dipenda dall'educazione.
D. Ha contatti con Casa Pascoli gli altri centri di cultura pascoliana?
R. Per ora ci sono i miei zii che mantengono i rapporti. Presto andrò in pensione, sono vice direttrice di banca, mi piacerebbe prendere il loro posto.
Sabrina Barbieri



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