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Kaleîdos

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Numero 19 del 2021

Titolo: La mia Oliva, che si ribella alla violenza

Autore: Viola Ardone


Articolo:
(da «Grazia» n. 9 del 2021)
Discriminata dalla madre perché nata bambina, abusata da un uomo, dopo averlo rifiutato. Oliva Denaro è la protagonista del nuovo romanzo di Viola Ardone ed è una donna che cerca di liberarsi dal potere maschile. Grazia anticipa qui alcune pagine di questo libro
La femmina è una brocca: chi la rompe se la piglia, così dice mia madre. Io ero più felice se nascevo maschio come Cosimino, ma quando mi fecero nessuno si curò del mio parere. Dentro la pancia noi due stavamo insieme ed eravamo uguali, però poi siamo venuti diversi: io con la camicina rosa e lui celeste, io con la bambola di pezza e lui con la spada di legno, io con la vestina a fiori e lui con le braghette a righe.
A nove anni lui aveva imparato a fischiare, con e senza le dita, mentre io sapevo farmi la coda, sia bassa che alta. Adesso che ne abbiamo quasi quindici, lui è diventato dieci centimetri più alto di me e può fare molte cose più di me: camminare per il paese con il sole e con il buio, mettere i pantaloni corti e, nei giorni di festa, anche lunghi, parlare con le femmine e con i maschi di tutte le età, bere un bicchiere di vino alla domenica con l'acqua dentro, dire parolacce, sputare e, quando è stagione, correre fino alla spiaggia e farsi il bagno di mare con i calzoncini. Io sono favorevole al bagno di mare.
Mia madre, tra noi due, preferisce Cosimino perché lui è chiaro di pelle e di capelli, come mio padre, e invece io sono nera, come il corvo. Non è una brocca, lui. Non si rompe. E se si rompe si rimette insieme. Io a scuola sono sempre stata brava, mentre Cosimino di studiare non aveva volontà. Mia madre non si dispiacque e gli disse che doveva rimboccarsi le maniche e trovare un buon lavoro per non fare la fine di mio padre. Io lo guardavo nell'orto, accovacciato sulle piante di pomodori: non mi sembrava che avesse fatto una fine, perché a lui, anzi, piace iniziare sempre cose nuove dal principio. Come quando, con i soldi ricavati dalla vendita delle lumache che avevamo raccolto dopo una abbondante pioggia, riuscì a comprarci le galline. Disse che il nome delle bestie potevo deciderlo io, e a me piacciono i colori: Rosina, Celestina, Verdina, Violetta, Nerina...
Poi volle costruire il pollaio con le assi di legno e io gli passavo i chiodi, infine la mangiatoia per il becchime e io gli passavo il seghetto. Quando tutto fu pronto, gli chiesi: «Pà, lo tingiamo di giallo?». Mia madre si intromise: «Che gliene cale alle bestie se è nero o è giallo? È sciupìo». «Con il giallo sono più contente», osservai, «e quando uno è contento fa più uova». «Ah, sì? Te l'hanno detto in un orecchio?» chiese mia madre. Poi ci voltò le spalle e se ne tornò in casa borbottando nella sua lingua d'origine, il calabrese cosentino, che è diverso dal siciliano. Lo parla sempre quando ha i nervi intorcinati per non farsi intendere da noialtri e si lamenta di essersene venuta qua al Sud. Mio padre prese un pennello, lo immerse nel giallo, lo tirò fuori e il colore gocciolava nel secchio come le uova sbattute pronte per la frittata, mi sembrava addirittura di sentirne il profumino. Io sono favorevole alla frittata.
Dipingevamo insieme e a ogni passata il colore brillava sotto il sole. «Salvo Denaro, hai la testa dura come il coccio: tale il padre, tale la figlia», disse mia madre quando tornò in cortile. Ogni volta che era adirata lo appellava per nome e cognome, come fosse la maestra a scuola. «Mai una volta che mi dai ascolto. E a te: la gonna buona ti sei messa per lavorare, non sia mai Iddio si sporca! Vatti a cambiare, e mantieniti pulita», ordinò, togliendomi il pennello di mano. «Te l'ho fatto, il figlio maschio», aggiunse rivolta a mio padre, e chiamò mio fratello. Cosimino uscì nell'aia e cominciò a pittare controvoglia, ma dopo dieci minuti gli principiò un dolore alla mano e se la svignò alla chetichella.
Io nel frattempo avevo indossato il camice per i servizi, così ripresi a lavorare con mio padre fino a sera, quando le galline se ne andarono a dormire tutte contente nella loro casetta gialla. La mattina ne trovammo una stecchita: era Celestina. Per la puzza di pittura, urlò mia madre in calabrese. Per la febbre dei polli, mi sussurrò mio padre.
Io non sapevo a chi dare ragione: lei parla parla, e sempre mi elenca tutte le regole, e in questo modo è facile disobbedirle. Mio padre invece fa spesso il silenzio, perciò non riesco mai a capire che cosa devo fare per essere amata. Come fu e come non fu, seppellimmo la gallina dietro l'orto, lui con l'indice e il medio uniti insieme disegnò una croce nell'aria davanti a sé. «Riposa in pace», disse, e tornammo in casa. Anche la vita delle bestie è travagliosa, pensai io.
Viola Ardone



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