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Kaleîdos

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Numero 21 del 2021

Titolo: La scienziata che previde i cambiamenti climatici

Autore: Rossana Campisi


Articolo:
(da «Donna moderna» n. 48 del 2021)
Si chiamava Eunice Newton Foote, era una ricercatrice americana e per un secolo e mezzo è stata dimenticata. Eppure fu la prima a intuire la causa del riscaldamento globale al centro della Conferenza Onu di Glasgow. Grazie a un esperimento casalingo
Eunice ha i capelli raccolti ed è concentratissima. Si è rinchiusa, al solito, in una piccola stanza di casa sua e ha messo su un tavolo 2 cilindri di vetro e 4 termometri. È una bella mattina di maggio, ciò che le interessa stavolta è misurare la temperatura di due gas quando vengono esposti alla luce diretta del sole. I gas, isolati dentro i cilindri, sono quelli presenti anche nell'atmosfera: anidride carbonica e idrogeno. Segna i gradi su un foglio, prima quando sono all'ombra e poi quando li mette al sole, e alla fine conclude: quello che «cattura» più calore è l'anidride carbonica. Eunice è una scienziata e, sulla base di questo esperimento domestico, ha un'intuizione: se la presenza di anidride nell'atmosfera dovesse aumentare, aumenterebbe anche la temperatura del nostro Pianeta.
Siamo a metà del 1800, negli Stati Uniti. L'intuizione di Eunice finisce nel documento «Circostanze che influenzano il calore dei raggi del sole», accettato all'incontro annuale dell'American Association for the Advancement of Science organizzato ad Albany, New York. A presentarlo però non è Eunice, sembra che le donne possano assistere ma non abbiano diritto di parola. Al suo posto interviene il professore Joseph Henry e la premessa alla platea è memorabile: «La scienza non è di nessun Paese e di nessun sesso. La sfera delle donne non abbraccia solo il bello e l'utile, ma anche il vero». Gli sembra quasi necessario giustificare una ricerca che, per quanto portata avanti da una donna, è dotata di un certo interesse. È il 23 agosto 1856. Oggi, nel 2021, c'è da sperare che durante la Conferenza Onu sul cambiamento climatico a Glasgow qualcuno ricordi anche quel lavoro. Servirebbe a far conoscere al mondo chi per primo scoprì la causa di ciò che da decenni studiamo per salvare il Pianeta, e il genere umano: Eunice Newton Foote, la scienziata che trovò la correlazione tra anidride carbonica e riscaldamento globale eppure è stata dimenticata dalla Storia.
Nata nel 1819 a Goshen, nel Connecticut, cresce a East Bloomfield, nel nord dello Stato di New York. Ha 6 fratelli e 5 sorelle. Della sua vita da ragazza si sa con certezza che studia in una scuola femminile che prepara all'università e permette alle studentesse di partecipare anche ai seminari di scienze tenuti in un college vicino. È in quelle aule che nasce il suo amore per la biologia e la chimica. Ne segue un altro, quello per Elisha Foote, un funzionario pubblico che ha una vocazione per la matematica e le invenzioni. Si sposano quando Eunice ha 22 anni. Elisha fa carriera: diventa giudice e, grazie anche alla moglie, coltiva le sue passioni lavorando in una delle commissioni dell'Ufficio brevetti americano, dove molte invenzioni vengono registrate a nome di entrambi i coniugi Foote. Peccato che la rivoluzionaria scoperta fatta solo dalla moglie resti nascosta per ben 155 anni: bisognerà aspettare fino al 2011 perché il ricercatore Raymond Sorenson porti alla luce questo «buco» nella storia della scienza. Il motivo? A quel convegno del 1856 il professor Henry si limitò a presentare lo studio di Eunice Newton Foote, ma non ne promosse il valore. La conferma della bontà della sua intuizione - che l'anidride carbonica non solo si riscalda di più ma si raffredda più lentamente rispetto agli altri gas, da cui l'origine dell'effetto serra - arriva 3 anni dopo, nel 1859: è il cuore della ricerca che fa guadagnare ad uno scienziato irlandese di nome John Tyndall l'epiteto di «fondatore della climatologia moderna». I suoi esperimenti saranno stati più precisi, ma del lavoro di Newton Foote non c'è nemmeno una citazione a piè di pagina.
Eunice si è scontrata con il maschilismo del mondo accademico dell'800 (e non solo dell'800), ma ha potuto contare sul sostegno del marito Elisha, femminista ante litteram. In calce alla «Declaration of Sentiments» della Seneca Falls Convention del 1848, la prima conferenza per i diritti delle donne mai organizzata, si trovano infatti le firme di entrambi i coniugi Foote. Che, intanto, hanno 2 figlie, Mary e Augusta, future scrittrici. Mary sposerà anche il senatore Henderson che nel 1864 fece approvare il 13o emendamento della Costituzione degli Stati Uniti: l'abolizione della schiavitù. Quando diventa madre Eunice non smette di lavorare ai suoi esperimenti, e con successo: ottiene un brevetto per aver creato con un pezzo di gomma indiana vulcanizzata, una sorta di riempimento per suole così da evitare il cigolio di stivali e scarpe; sviluppa una macchina per la fabbricazione di un tipo di carta più levigata, resistente e facile da strappare in modo uniforme. Chissà cos'altro avrebbe dovuto scoprire lei, per essere ricordata, e quanto altro potremo scoprire noi, visto che in tanti sono alla ricerca dei suoi studi sul global warming. Una ricercatrice americana di Scienze marine, Liz Foote, ha scoperto per caso di essere una lontana parente e sta indagando sulla sua antenata. Intanto, è uscito nel 2018 «Eunice», un cortometraggio che ne racconta la vita ed è visibile su YouTube. E John Perlin, ricercatore e autore di un libro sulla Foote, l'ha definita «la Rosa Parks della scienza». A noi piacerebbe chiamarla per nome e cognome, senza paragoni. Ci piacerebbe spezzare quel rito di salvataggio così collaudato che, a volte, consiste solo nel togliere polvere e oblio. Eunice, dal greco, significa «buona vittoria», e che lo sia per tutte.
Cosa cambia dopo il vertice sul clima
Dopo gli impegni sull'ambiente presi al G20 di Roma, si è appena conclusa a Glasgow la Cop26, il vertice Onu sul cambiamento climatico. Ecco un primo bilancio.
Confermato il taglio delle emissioni di Co2.
«I leader delle 20 maggiori potenze mondiali hanno confermato gli accordi di 6 anni fa a Parigi: la riduzione del 55% delle emissioni di anidride carbonica entro il 2030 e 100 miliardi di dollari per accelerare la transizione ecologica dei Paesi in via di sviluppo» spiega Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente che ha partecipato alla Cop26. «Ora servono azioni concrete e immediate, perché non resti un impegno al ribasso».
Parte un grande progetto di riforestazione.
«È stata raggiunta un'intesa su 1.000 miliardi di alberi da piantare per catturare la Co2, ma anche in questo caso mancano azioni concrete, a partire dal blocco immediato di tutte le deforestazioni attuali» dice Eroe. Cop26 promette di passare alla pratica con altri obiettivi intermedi e vincolanti lungo la strada verso le emissioni zero del 2050. «Gli accordi volontari, come la riduzione del 30% del metano entro 10 anni firmata da 100 Paesi, sono importanti ma insufficienti. E non basta lo stop ai sussidi pubblici per l'estrazione fossile quando i privati possono continuare indisturbati».
Resta cruciale il coinvolgimento di tutti noi.
Un elemento che fa ben sperare, però, c'è: «La partecipazione della società civile, guidata dalla marea di giovani che abbiamo visto anche a Glasgow: ci sentiamo tutti coinvolti e possiamo spingere i nostri leader dal basso perché si diano una mossa».
Rossana Campisi



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