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Il Progresso

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Numero 22 del 2021

Titolo: Attualità- A Cop26 Cina e Stati Uniti hanno annunciato a sorpresa di voler collaborare sul clima

Autore: Antonio Piemontese e Luca Zorloni


Articolo:
(da «wired.it» del 10 novembre 2021)
I due colossi annunciano di voler cooperare su metano, deforestazioni ed emissioni, ma non si tocca il carbone, su cui né Washington né Pechino hanno annunciato l'uscita definitiva
Mentre gli Stati Uniti hanno schierato a Cop26 l'artiglieria pesante, catapultando sui palcoscenici della conferenza del clima delle Nazioni Unite in corso a Glasgow l'ex presidente Barack Obama, la speaker della Camera Nancy Pelosi scortata dalla deputata Alexandria Ocasio-Cortez, il segretario dei trasporti Pete Buttigieg, la Cina ha steso sui negoziati la pesante ombra dell'assenza del suo presidente, Xi Jinping, nei giorni di apertura. Ma mentre si avvicina l'incontro virtuale tra Xi e l'inquilino della Casa Bianca, Joe Biden, previsto per la settimana prossima, e dalle stanze dei negoziati viene svelata la prima bozza degli accordi, a sorpresa a Glasgow i due giganti presentano una dichiarazione congiunta con cui si impegnano a collaborare sulle sfide dell'ambiente e del clima nei prossimi dieci anni. È una manovra di avvicinamento, ma ci sono dei caveat. La Cina non ha sottoscritto tutta una serie di accordi multilaterali, che sono stati firmati in questi giorni a Cop26, da quello sul metano a quello sul carbone, e il suo inviato sul clima, Xie Zhenhua, ha parlato di responsabilità «differenziate». Pertanto, se in mesi di temperature al calor bianco tra le due sponde del Pacifico un documento congiunto è un segnale di apertura, occorre attendere la fine dei negoziati per vedere cosa comporterà. Nemmeno gli Stati Uniti, per esempio, hanno siglato l'accordo per uscire dal carbone, un impegno di cui fa esplicita menzione per la prima volta nella storia delle Cop la bozza degli accordi di Glasgow e che è considerato dai negoziatori uno dei punti più a rischio nelle trattative del rush finale.
I contenuti della dichiarazione
Nella nota congiunta Washington e Pechino ribadiscono l'impegno a contenere l'aumento delle emissioni «ben al di sotto dei 2 gradi e di compiere gli sforzi per limitarlo a 1,5 gradi». Si cita l'intenzione a collaborare su cornici regolatorie per ridurre le emissioni di gas serra negli anni Venti, politiche per incoraggiare l'elettrificazione e lo sviluppo di tecnologie come sistemi per la cattura dell'anidride carbonica (considerata troppo costosa e lenta per rispondere alle sfide della crisi del clima dai suoi critici). Cina e Stati Uniti hanno preso l'impegno di «aumentare la misurazione delle emissioni di metano» e di rafforzare il controllo e la ricerca di soluzioni per contenere le emissioni, con l'obiettivo di arrivare preparati alla Cop27, che sarà ospitata l'anno prossimo in Egitto. Si sono impegnati a incontrarsi nella prima metà del 2022 per abbattere le emissioni dall'industria dei rifiuti e nella filiera agricola, mentre la Cina ha detto che scriverà un suo piano nazionale in materia. Gli impegni si estendono anche all'investimento nelle rinnovabili e alla lotta alla deforestazione, al sostegno alla raccolta dei 100 miliardi destinati dai Paesi più ricchi alla transizione ecologica in quelli in via di sviluppo (promessi per il 2020 e qui assicurati annualmente solo dal 2025) e alla scrittura delle «regole» previste dagli accordi di Parigi. Cina e Stati Uniti vogliono creare un gruppo di lavoro congiunto sul clima e si sono dati fino al 2025 per comunicare i propri contributi determinati a livello nazionale al 2035 (Nationally determined contributions, Ndc), ossia il pacchetto di impegni per ridurre le emissioni e centrare gli obiettivi degli accordi di Parigi.
Gli impegni della Cina
Xie Zhenhua, che per Pechino ha già partecipato ai negoziati di Copenaghen e Parigi, ha annunciato un piano in due fasi da qui al 2030. «Dal 2021 al 2025 la Cina si impegna a mettere uno stretto controllo all'investimento del carbone», ha detto Xie, mentre dal 2026 al 2030 si parla di «un calo della costruzione di impianti a carbone», come previsto dal quindicesimo piano quinquennale varato da Pechino.
Pertanto, non si parla di un'uscita, strada che il Dragone non intende percorrere perché ritiene il carbone una fonte necessaria per assicurare continuità energetica ad aziende e famiglie mentre investe sulle energie verdi. A maggior ragione ora che la Cina sta affrontando una crisi energetica, uno dei motivi che hanno trattenuto Xi Jinping in casa. Resta confermato l'impegno di non investire più in centrali a carbone all'estero. Come evidenzia il centro studi tedesco sulla Cina Merics, Pechino nel 2019 era responsabile per il 13,3% delle emissioni di Co2, contro il 17,36% dell'Unione europea e il 24,82% degli Stati Uniti. Il commissario al Green Deal, Frans Timmermans, ha salutato l'accordo come «una spinta per i negoziati», ma se, come osservano Barbara Pongratz e Nis Grünberg di Merics, sarebbe toccato all'Unione colmare l'assenza della Cina, l'accordo congiunto tra i due tiene l'Europa fuori da questo filo diretto. Con tutte le conseguenze diplomatiche del caso: con l'India, Cina e Stati Uniti sono i più importanti consumatori di carbone al mondo.
Cosa pensano di fare gli Stati Uniti
Nella sua conferenza stampa l'inviato speciale per il clima di Joe Biden, John Kerry, ha paragonato il percorso sul cambiamento climatico a quello che, nel corso della guerra fredda, condusse al disarmo. «Quando Reagan e Gorbaciov si incontrarono a Reykjavík, l'Unione Sovietica era l'Impero del Male» ha detto lo statunitense «con 50 mila testate puntate l'uno contro l'altro. Eppure ce l'abbiamo fatta». E ha aggiunto: «Ogni viaggio comincia con il primo passo, e abbiamo molta strada davanti. Questa dichiarazione include affermazioni forti su scienze, emissioni e la necessità urgente di accelerare le azioni, e non nel futuro, ma adesso. Non lo dicono la Cina e gli Stati Uniti, lo dice la scienza. E i nostri due paesi, principali emettitori a livello mondiale, hanno la responsabilità di indicare la via».
Kerry ha annunciato un accordo per limitare il metano: «Pechino entro Cop27 il prossimo anno presenterà un piano nazionale ambizioso di riduzione delle emissioni, e ridurre il metano è la strategia più veloce ed efficace per contenere l'aumento della temperatura».
Né Kerry né la controparte cinese hanno nascosto la mano. Entrambi hanno sottolineato che le differenze rimangono: ma sul clima si va avanti assieme, dicono. «Possiamo lasciare Glasgow non lavorando assieme, con il mondo che si chiede come sarà il futuro, o cooperando verso una strada migliore», è la linea dell'inviato di Washington. Accordo storico? la domanda di Wired a Kerry a margine dell'incontro. «Solo il futuro potrà dirlo. Vediamo che succede», la risposta. E il futuro si gioca nei prossimi giorni.



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