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Kaleîdos

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Numero 23 del 2021

Titolo: Luana Toniolo «Io, dentro quella macchina del tempo chiamata Pompei»

Autore: Laura Badaracchi


Articolo:
(da «Donna Moderna» n. 50 del 2021)
Nella città sepolta dalla lava del Vesuvio questa giovane archeologa vede riaffiorare di continuo tracce dall'antichità, come la «stanza degli schiavi» appena ritrovata. «Conoscere il passato ci aiuta a riscoprire le nostre radici»
Dall'università Ca' Foscari di Venezia al Parco archeologico di Pompei, passando per missioni di scavo in Turchia ed Egitto e ricerche in atenei dall'Europa agli Stati Uniti. Luana Toniolo, 38 anni, laurea e dottorato in Conservazione dei beni culturali, oggi è funzionario archeologo nella città sepolta dall'eruzione del Vesuvio nel 79 dopo Cristo, testimone di scoperte sorprendenti e autrice di studi altrettanto entusiasmanti sui reperti ritrovati. Come la «stanza degli schiavi» emersa qualche settimana fa sotto 6 metri di cinerite, cioè la roccia formata dalle ceneri vulcaniche: 16 metri quadrati, all'interno di una villa romana, dove dormiva una famiglia che si occupava dei cavalli. Accanto ai letti, anche 8 anfore provenienti dall'odierna Turchia e dall'Africa. «Più delle grandi scoperte mi colpiscono questi ritrovamenti «minori», perché svelano le vicende delle persone comuni di cui i libri di storia non parlano» spiega Luana. Nel Parco di Pompei, dove arrivano da tutto mondo 4 milioni di visitatori all'anno, è anche responsabile dei Depositi archeologici, dell'Ufficio editoria, dell'Antiquarium e delle altre sedi espositive, oltre che di alcune zone degli scavi che corrispondono agli antichi quartieri. Meraviglie che racconta ad adulti e bambini attraverso video sul sito pompeiisites.org e sui social. «Sono comunicativa di carattere, ma nonostante questo non riesco a trovare un fidanzato» scherza.
D. È nata a Este, in provincia di Padova. Figlia unica, papà medico e mamma casalinga. Come ha scoperto l'archeologia?
R. All'ultimo anno del liceo classico ho frequentato con 3 compagni uno stage di un mese al Museo archeologico di Este. Sono rimasta affascinata dal funzionamento di uno scavo e dal lavoro in deposito, dove ho lavato i cocci e li ho studiati. Quegli oggetti tra le mie mani facevano parte della quotidianità di persone che mangiavano, cucinavano, vivevano... Così è iniziata la mia fascinazione per l'antico, il desiderio di ricostruire le nostre radici attraverso un contatto diretto con i resti del passato. Mi emoziona sempre l'idea di avvicinarmi alle generazioni che ci hanno preceduto.
D. Così il passato diventa vivo?
R. L'antico non è chiuso dentro ai libri o all'interno della cerchia di pochi studiosi: rivive quando lo comunico agli altri, che riescono a emozionarsi perché lo sentono vicino. La nostra vita è fragile, oggi come ieri: durante la pandemia forse ce ne siamo resi conto. Graffiti e iscrizioni di 2.000 anni fa svelano sentimenti e passioni uguali ai nostri, ma le somiglianze si trovano anche nelle tecnologie usate allora per costruire le case e cucinare. Persino le griglie per arrostire sono simili alle nostre e la salsa a base di tonno e pesce azzurro, che a Pompei era prodotta in larga scala e rivenduta nell'impero romano, richiama la colatura di alici prodotta oggi a Cetara, sulla Costiera amalfitana. Togliendo il tappo di alcune giare ancora sigillate, ho sentito il profumo del pesce. La mia immaginazione si è scatenata anche quando pochi mesi fa ho visto riemergere un carro con i cavalli... Pompei è una macchina del tempo. Coordinare alcuni scavi mi ha permesso questa vicinanza concreta, fisica, alla quotidianità della vita passata.
D. Cosa le chiedono i visitatori del Parco?
R. Gli adulti sono colpiti dai calchi in gesso delle vittime dell'eruzione: solo qui è stato possibile usare questa tecnica per riempire sotto la cenere i vuoti che corrispondevano esattamente alla forma di persone e animali. Poi sono attratti da come funzionava la vita quotidiana di allora. I bambini mi chiedono se i loro coetanei andavano a scuola, per esempio. Per loro ho ideato dei video con il topo giornalista Geronimo Stilton che intervista me e altri esperti.
D. Cosa direbbe a chi sogna di fare l'archeologo?
R. Direi di seguire le proprie passioni. Una sera alcuni amici mi hanno fatto notare: «Quando parli del tuo lavoro, si vede la gioia negli occhi». Ma il percorso non è stato semplice. Durante il dottorato, concluso nel 2012 senza borsa di studio, ho iniziato a collaborare con varie università e a partecipare a missioni di scavo, ma ero sempre precaria, ansiosa e scoraggiata. A fine 2014 è uscito un bando per la segreteria tecnica del Grande Progetto Pompei, per il restauro e la messa in sicurezza del sito. Mi sono detta: è l'ultimo tentativo, altrimenti cambio lavoro. Sono risultata fra 44 archeologi selezionati, a tempo determinato. Nel 2016 ho partecipato al concorso pubblico per funzionari dei beni culturali: lavoravo di giorno e studiavo di notte, ma l'ho passato. Ho imparato a seguire la manutenzione, gli aspetti amministrativi, il codice degli appalti, le mostre e gli eventi serali. Bisogna essere testardi, «capatosta» come dicono qui a Napoli, e lavorare in squadra con i colleghi. Io li considero ormai la mia famiglia.
D. Riesce a ritagliarsi un po' di tempo libero?
R. Per un aperitivo e una cena con gli amici, sempre, così come per andare al mare: sono diventata una persona del Sud, mi dicono. Guardare il panorama della Penisola sorrentina, anche in una giornata difficile, mi cambia l'umore. Nel fine settimana cerco di partire per vedere posti stimolanti, muovendomi con treni e pullman: non ho la macchina per scelta. Prima della pandemia d'estate volavo spesso in Asia, quest'anno ho raggiunto la Macedonia. Poi viaggio grazie ai libri: adoro la letteratura americana. E il cinema muto: sono fissata con Charlie Chaplin, in tv guardo anche le serie d'amore e programmi di cucina, anche se ai fornelli sono negata. Alla rosticceria sotto casa a Napoli mangio fritti in abbondanza.
D. E cura molto il look.
R. Sono modaiola e seguo le tendenze, amo i colori accesi e vivaci che ritrovo pure negli affreschi e nei gioielli pompeiani. I colleghi mi prendono in giro: dicono che sui social del Parco archeologico dovrei fare una rubrica sulla moda nella Roma imperiale. Chissà...
Un emozionante docufilm
Dal 29 novembre al 1o dicembre era presente nelle sale «Pompei. Eros e mito», docufilm diretto da Pappi Corsicato, con Isabella Rossellini nei panni della narratrice e la colonna sonora di Remo Anzovino. Prodotto da Sky, Ballandi e Nexo Digital, con il contributo scientifico del Parco archeologico di Pompei e partecipazione del Museo archeologico nazionale di Napoli, a partire dai resti della città e dagli affreschi ci accompagna indietro nel tempo di 2.000 anni: dalle lotte fra gladiatori alla ricerca dell'immortalità di Poppea Sabina, seconda moglie dell'imperatore Nerone. Un passato che si fa vicino nella città sepolta che l'Unesco ha dichiarato Patrimonio mondiale dell'umanità.
Laura Badaracchi



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