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Numero 23 del 2021

Titolo: Medicina- Quando il «cuore non ce la fa più»: che cos'è lo scompenso cardiaco

Autore: Antonella Sparvoli


Articolo:
(da «Il Corriere Salute» del 14 dicembre 2021)
L'insufficienza cardiaca, più nota come «scompenso» è un problema molto diffuso ed è una delle maggiori cause di ricoveri in ospedale, ma è poco conosciuto
In Italia lo scompenso cardiaco colpisce più di un milione di persone e rappresenta la prima causa di ricovero, dopo il parto naturale. Non solo, a cinque anni dalla diagnosi un paziente su due va in contro a decesso, con una prognosi peggiore rispetto al tumore del pancreas o quello del polmone. Tuttavia una diagnosi più precoce, nuove terapie che si stanno affacciando all'orizzonte e un'ottimizzazione delle cure già disponibili potrebbero contribuire a ridurre l'impatto di questa sindrome, migliorando la qualità di vita e le prospettive dei pazienti. Lo hanno ricordato gli esperti di recente riuniti a Bergamo, presso l'Ospedale Papa Giovanni XXIII, in una tre giorni sulle «zone grigie» di questa sindrome, ovvero quegli aspetti ancora poco indagati o rimasti senza risposta nelle recenti Linee guida realizzate dall'European Society of Cardiology.
Campagna di informazione
Allo stesso tempo dal fronte dei pazienti è appena partita una campagna di sensibilizzazione. L'Associazione italiana scompensati cardiaci (Aisc) ha infatti predisposto un punto di informazione itinerante che farà tappa in diverse città italiane (www.associazioneaisc.org). Si tratta di un camper adibito ad ambulatorio con a bordo medico e infermiere con la possibilità di offrire a tutti coloro che lo desiderano una visita di controllo e materiale informativo sulla patologia, anche per un'opportuna attività di prevenzione.
Il «malfunzionamento»
«Il primo problema che si incontra quando si parla di scompenso cardiaco è che circa 7 persone su 10 non riescono a incasellare questa condizione, a capire di cosa si tratti. E qui potrebbe venire in soccorso l'altro nome usato per descriverlo, ovvero insufficienza cardiaca, termine che dà più idea di ridotta funzionalità di pompa del cuore» premette Michele Senni, direttore della Cardiologia e del Dipartimento cardiovascolare dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Il nostro cuore può infatti essere considerato come una pompa: da una parte, contraendosi, eietta (spinge) il sangue fuori, e dall'altra deve anche riempirsi a ogni battito. «Si parla di scompenso cardiaco, o meglio ancora di insufficienza cardiaca, quando la capacità di pompa del cuore si altera» continua Senni. «Il cuore può avere problemi a eiettare perché la contrattilità è ridotta (scompenso cardiaco a funzione sistolica ridotta, o sistolico), ma può avere problemi anche perché fa fatica a riempirsi (scompenso cardiaco diastolico), nonostante abbia una funzione sistolica conservata. Quando si ha una disfunzione diastolica è come gonfiare con la bocca un pallone da calcio rispetto a un palloncino: hanno forma e volume uguali, ma non si riesce a gonfiare il primo perché ha maggiore spessore, mentre il palloncino è più elastico e distensibile».
Sintomi e segni
Fatica a respirare sotto sforzo o addirittura a riposo, aumento rapido del peso in pochi giorni e gonfiore alle gambe sono le manifestazioni più tipiche, a cui si aggiunge una sensazione di stanchezza generalizzata. La causa più frequente è la cardiopatia ischemica, conseguenza di un precedente infarto, ma possono favorirlo anche l'ipertensione non curata, il diabete e le disfunzioni delle valvole cardiache.
I ricoveri ei farmaci
«La storia naturale della malattia è costellata da ricoveri che diventano sempre più frequenti e duraturi» spiega Senni. «Dopo ogni ricovero, nonostante il paziente torni a casa e creda di stare come prima, c'è un peggioramento: il cuore perde ogni volta riserve contrattili o nella capacità di riempimento». Alcuni farmaci possono aiutare a tenere sotto controllo la malattia e ridurre i sintomi. Per lo scompenso sistolico i pilastri della terapia medica sono quattro: i farmaci beta-bloccanti, gli Arni (inibitori del recettore dell'angiotensina e della neprilisina), gli antagonisti dell'aldosterone e, più di recente, le glifozine, farmaci mutuati dalla diabetologia. Per quanto riguarda il trattamento dello scompenso cardiaco a funzione sistolica preservata (diastolico) di certezze ce ne sono meno. Tuttavia ci sono nuove prospettive. In uno studio presentato all'ultimo congresso dell'European Society of Cardiology e oggetto di una pubblicazione sul New England Journal of Medicine, a cui ha partecipato anche la cardiologica di Bergamo, una glifozina ha mostrato di ridurre la mortalità cardiovascolare e l'ospedalizzazione per scompenso del 21 per cento. «Questa scoperta» spiega Senni «offre un'opportunità di cura importante per molti pazienti in tutto il mondo. Per i centri di riferimento sullo scompenso cardiaco, come il nostro, è un passo che avrà un significativo impatto sul miglioramento della prognosi negli anni a venire».
La prevenzione
Nonostante i progressi terapeutici, resta fondamentale la prevenzione: bisogna contrastare i fattori di rischio cardiovascolare e tenere alla larga il diabete, visto che oggi almeno quattro pazienti su dieci sono diabetici. Ciò può essere fatto intervenendo prima di tutto sullo stile di vita. Questo significa fare una regolare attività fisica, mantenere il peso forma o dimagrire se si è in sovrappeso od obesi, non fumare, tenere la pressione sanguigna sotto controllo, limitare il consumo di alcolici e seguire una dieta sana ed equilibrata con un ridotto apporto di sale, grassi animali, zuccheri raffinati, privilegiando frutta, verdura, legumi, pesce e cereali integrali.
Antonella Sparvoli



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