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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti

 

Percorso di psicoterapia espressiva con un gruppo di non vedenti

Ravenna 07/07/2012 uicra@uiciechi.it

Percorso di psicoterapia espressiva con un gruppo di non vedenti

Nel periodo maggio- giugno 2012, la sottoscritta, Dr.ssa Federica Carbone, Psicologa e specializzanda Psicoterapeuta, ha elaborato e condotto un progetto di Psicoterapia Espressiva con un gruppo di non vedenti, a Ravenna, presso la sede della Sezione dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti.
Il gruppo era composto da 6 (inizialmente 7) persone non vedenti, di cui due con residuo di vista (a livelli differenti), ed una non vedente congenita (dalla nascita).
Il gruppo era misto, sia di età che di genere.
Gli incontri sono stati 8 nel complesso, suddivisi in due incontri settimanali della durata di due ore ciascuno.

L’obiettivo principale e di partenza è stato quello di far sperimentare diversi materiali artistici, per arrivare ad un prodotto finale ad ogni incontro, al fine di provare cosa possa significare l’arte (intesa in senso più lato) anche per chi non possa fruirla attraverso lo sguardo, la vista.
La sfida (per me e per loro!) è stata quella di non utilizzare solamente materiali tridimensionali o forme preconcette per aiutare e supportare un lavoro ‘ad ogni costo’, ma lasciarsi andare alla pura sperimentazione del materiale aldilà della forma, dell’idea mentale di base, aldilà di qualunque risultato.
Lo scopo era una concentrazione e un piacere /dispiacere all’interno del processo stesso, che non pervenisse dal risultato finale.
Riuscire a staccarsi dall’idea di dover far qualcosa di utile, di concreto, di oggettivo e materiale, è stato un processo arduo (per alcuni di più per altri meno ovviamente), ed intenso, ma che ha visto impegno, messa in gioco e partecipazione di tutti i componenti del gruppo, in modo quasi inaspettato e rapido.
Le rigidità iniziali si sono nel tempo sciolte, la fiducia della relazione creata ha fatto sì che, seppur per breve tempo, ci si sia potuti sperimentare e mettere alla prova in un modo nuovo per ciascuno, scoprendo parti di sé o di altri (-sé) ancora nascoste o sconosciute.
Aldilà della differenza di età, soprattutto fra la maggior parte del gruppo ed una ragazza di 20 anni, vi è stato un arricchimento comune ed uno scambio davvero significativi.

Le sessioni in generale si svolgevano nel seguente modo:
- Accoglienza e domande varie
- Spiegazione del lavoro che si stava per svolgere (spesso diviso in due parti e spiegato ogni volta prima di iniziare e mai in anticipo)
- Svolgimento
- Titolo e verbalizzazione di gruppo
- Saluti

Dal primo incontro si è creata una cartellina che ogni partecipante ha personalizzato, dove si sono poi potuti raccogliere tutti i lavori che si producevano di volta in volta. E al termine del percorso, ognuno è stato libero di scegliere se portare con sé i lavori o lasciarli.
I materiali utilizzati sono stati; supporti di vario spessore e grandezza, stoffe, fili e tessuti di vario genere, creta, pasta da modellare, matite colorate, pennarelli grossi e fini, pastelli di cera, gessetti, spezie e altre polveri, scatole di legno sottile da decorare, stencil e altro.

I materiali hanno rappresentato un ostacolo a volte, in alcuni, in altri un senso di curiosità e libertà, hanno rappresentato una sfida, uno scoglio, un’avventura, un timore o un blocco. La soddisfazione o meno del lavoro finale ha spesso preso il sopravvento, ma alla fine non era più uno stereotipo che ‘il non vedente deve lavorare solo con materiali di cui può sentire e modellare una forma’ - come il legno o la creta-, ma può anche sperimentarsi con altro aldilà del ‘vedere’ il risultato finale. Esclusivamente per un piacere sensoriale del fare e del fare insieme, che va oltre alla creazione.

Ciò che è nato da questi incontri sono sì, tanti prodotti finali, più o meno riusciti forse, ma soprattutto la scoperta e l’arricchimento rispetto alle possibilità che una persona con una minorazione, si può dare. Spesso infatti, si danno per scontate essere alcune e non altre.
Il senso di liberazione da alcuni preconcetti, questo è stato alla fine il risultato più grande.
Oltre al fatto di aver creato un gruppo coeso e unito, che si è concesso, che si è sperimentato e che si è supportato molto vicendevolmente, anche nei momenti di difficoltà.

L’incontro finale è stata una sintesi, durante la quale tutti i partecipanti hanno potuto rivisitare i lavori fatti nel corso delle sessioni, e hanno potuto soprattutto sperimentarsi come gruppo (per la prima volta)che deve scegliere, decidere, pensare e risolvere eventuali divergenze. Tutto questo attraverso la creazione di una storia unica, con un lavoro personale scelto da ognuno.
L’idea era di una conclusione che desse un senso di unità e creazione comune, al fine di sentire e vivere positivamente la conclusione di un percorso unico e condiviso.

Uno dei partecipanti iniziali, ha mostrato grande resistenza nel primo incontro, e per un insieme di eventi anche esterni, non è più riuscito a partecipare agli incontri successivi.


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