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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti

 

Non vedenti sempre più nel buio

Da Famiglia Cristiana del 15/12/2011

Autore: Dott. Saverio Gaeta

Intervista TOMMASO DANIELE

È un accorato grido d’allarme, quello lanciato da Tommaso Daniele, il presidente dell’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti: «La riforma dell’assistenza, approvata recentemente dal Parlamento, limita l’intervento pubblico ai soli casi di estremo bisogno economico non soltanto del disabile, ma anche della sua famiglia. Una logica che ci fa tornare indietro di molti decenni, perché cancella brutalmente i diritti fondamentali conquistati dai disabili in lunghi anni di dure lotte e di grandi sacrifici».
– Ma in tempo di crisi economica non è necessario che lo Stato cerchi di risparmiare dovunque sia possibile, per esempio assoggettando l’indennità di accompagnamento dei ciechi e degli altri disabili a un tetto di reddito?
«Certamente, ma in questo caso occorre chiedersi se sia un vero risparmio. Chi non conosce la realtà si ferma al sillogismo: il bilancio statale è in difficoltà, non ci sono soldi, è giusto che l’assistenza venga garantita soltanto a chi non ha i mezzi per provvedere da solo».
– E invece?
«È un provvedimento inutile, oltre che iniquo. Se infatti verrà stabilito un tetto alto per salvaguardare i redditi di lavoro, non ci saranno risparmi; se invece il tetto dovesse essere basso al punto da travolgere anche i redditi da lavoro, si creerebbe una situazione tale che i ciechi dovrebbero scegliere tra l’impiego e l’indennità di accompagnamento, con il risultato di creare un esercito di assistiti anziché di soggetti attivi e produttivi».
– Ma questi fermenti di rigore non derivano anche dalla problematica dei falsi invalidi, che suscitano reazioni sfavorevoli nell’opinione pubblica ogni qual volta ne viene scoperto uno?
«Noi siamo i primi a chiedere di stroncare questo fenomeno, poiché i soldi dati ai falsi invalidi vengono di fatto sottratti a quelli veri. Ogni volta che ne abbiamo avuto la possibilità, ci siamo costituiti parte civile nei processi penali contro questi impostori. Oltre ai nostri 120.000 iscritti complessivi, svolgiamo infatti la rappresentanza di tutti i non vedenti italiani. Addirittura, una quindicina delle nostre sezioni locali hanno denunciato falsi invalidi iscritti nei loro elenchi, non appena si sono accorti che si trattava di una truffa».
– Però vi siete anche sollevati nei confronti delle verifiche avviate dall’Inps per verificare le reali condizioni di quanti ricevono contribuiti statali per la loro disabilità...
«La protesta non è stata affatto sulle verifiche, che appoggiamo in pieno, ma piuttosto sulle modalità con cui non di rado vengono attuate. Non è possibile che disabili gravi vengano convocati a decine nel medesimo giorno e costretti a lunghe e faticose attese per essere sottoposti alle visite di controllo. Quello che chiediamo è che si rispetti sempre la dignità delle persone e ci si renda conto che un cieco o un altro diversamente abile ha bisogno di poter stare in un ambiente adatto alla sua menomazione. Talvolta la semplice programmazione degli orari d’appuntamento riuscirebbe a evitare gravi disagi».
– Qual è invece la situazione che i ciechi stanno vivendo nell’ambito professionale?
«I tradizionali impieghi come centralinista e fisioterapista sono stati superati dalla tecnologia o dalle normative europee che richiedono almeno la laurea triennale. È perciò sempre più difficile l’immissione dei non vedenti nel mondo del lavoro».
– Avete provato a immaginare qualche alternativa?
«Certamente, poiché istruzione e lavoro sono le due direttrici maestre per il processo di integrazione dei disabili. Sin dal 2000 abbiamo predisposto i corsi per tre nuove figure: addetto alle relazioni con il pubblico, addetto alle banche dati e addetto al marketing. Tranne che in Campania e in Toscana, però, le amministrazioni regionali non si sono date da fare per avviare la relativa formazione professionale, che rientra fra le loro competenze. E così tutto è bloccato, mentre significative risorse continuano a essere impiegate negli inutili corsi per centralinisti. Un’altra idea più recente, scaturita dalla constatazione che le intercettazioni telefoniche sono divenute di stringente attualità, è quella di preparare periti fonici, in grado di sbobinare i nastri registrati. La particolare sensibilità acustica dei ciechi risulterebbe di indubbia utilità».
Saverio Gaeta

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