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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Scheda formativa per la pensionistica

1)PARTE PRIMA: APPUNTI DI STORIA DELLA PENSIONISTICA PER I CIECHI CIVILI

1.1) L'impegno dell'Unione e le conquiste ottenute:

La pensione per i ciechi civili costituì fin dall'inizio uno dei punti qualificanti del programma di azione predisposto in particolare da Aurelio Nicolodi, il Presidente Fondatore dell'Unione Italiana Ciechi. Egli avviò nel tempo più volte il discorso con le competenti autorità di Governo. Era così riuscito ad avere qualche assicurazione anche al massimo livello. Tuttavia il progetto fu ripetutamente dilazionato prima a causa della guerra in Etiopia e poi per la partecipazione italiana alla guerra civile di Spagna. Purtroppo a questi eventi seguì presto addirittura l'entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale. Tuttavia fu proprio nel difficile inizio del 1943 che egli riuscì ad ottenere l'emanazione di un decreto che istituiva una imposta addizionale sui biglietti degli spettacoli. Con le entrate di quella imposta doveva essere costituito un fondo destinato all'erogazione della pensione per i ciechi civili. Purtroppo però proprio il 1943 fu l'anno della guerra perduta, così la disposizione non poté avere seguito. Nel 1946 nelle difficoltà del dopoguerra, l'addizionale fu anzi soppressa con un Decreto del Ministro del Tesoro Scoccimarro.

L'Unione però, dopo aver conseguito la rappresentanza legale della categoria dei minorati della vista, attraverso il Decreto Legislativo 26 settembre 1947 n. 1047, tornò presto a far sentire la sua pressione per avere un'assistenza economica per i privi della vista. Pure in mezzo alle ristrettezze del periodo postbellico, nel 1950, il Governo De Gasperi concesse un piccolo sussidio mensile a favore di 20 mila ciechi civili. Poi concesse un piccolo aumento nel 1952 e ancora nel 1953.

Fu però solo nel 1954, sotto la guida del Presidente Paolo Bentivoglio e dopo la manifestazione detta "la marcia del dolore", percorsa da numerosi privi di vista da Firenze a Roma, che si poté ottenere la legge n. 632 del 9 agosto, chiamata "legge Pieraccini" dal nome del suo presentatore. Essa, per la prima volta, stabilì un diritto soggettivo ad una prestazione economica per cecità civile. Si trattava di un "assegno a vita" non solo per ciechi assoluti, ma anche, in misura minore, per minorati della vista aventi un residuo visivo fino ad un massimo di 1/10. Quel risultato fu conseguito facendo leva sul primo comma dell'articolo 38 della Costituzione: "Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento ed alla assistenza sociale". Ciò implicava un limite di reddito, che fu dapprima riferito non solo al cieco, ma anche alla sua famiglia. Comunque tale assegno, già nei primi anni, poté essere concesso a circa 30 mila ciechi in condizioni particolarmente difficili. Per l'erogazione dell'assegno venne contestualmente istituita l'Opera Nazionale Ciechi Civili.

Con successiva legge 10 febbraio 1962 n. 66 la prestazione economica venne trasformata in "pensione non reversibile". Ciò per i ciechi assoluti e rispettivamente per gli aventi un residuo visivo non superiore ad 1/20. Invece l'"assegno a vita", di ammontare minore, veniva conservato solo dai cosiddetti "decimisti", che ne fossero già in godimento.

Subentrato alla Presidenza Nazionale Giuseppe Fucà, la Legge n. 406 del 28 marzo 1968 segnò un'altra tappa importante con l'istituzione di una "indennità di accompagnamento" per i ciechi assoluti aventi diritto alla pensione.

Fu poi la volta della Legge 27 maggio 1970 n. 382, che dal nome del suo promotore fu chiamata "legge Piccoli". Essa adeguò l'importo della pensione in misura sensibile, aumentò notevolmente il limite di reddito riferendolo esclusivamente al cieco, e non più alle entrate dell'intero nucleo famigliare, ed infine migliorò anche le norme sull'indennità di accompagnamento, indicando per essa un limite di reddito più alto di quello previsto per la pensione. La medesima legge soppresse l'Opera Nazionale Ciechi Civili e demandò la gestione dei benefici economici al Ministero dell'Interno, per il tramite delle Prefetture, presso le quali cominciò ad operare un Comitato Provinciale di Assistenza e Beneficenza Pubblica per la decisione delle pratiche. La materiale erogazione dei benefici veniva affidata in un primo momento agli Enti Comunali di Assistenza.

L'articolo 23 della Legge 11 agosto 1972 n. 485, adeguò la misura dell'assegno a vita conservato a favore dei "decimisti" titolari da prima del 1962.

La Legge 18 dicembre 1973 n. 854 tolse di mezzo il tramite degli Enti Comunali di Assistenza organizzando il pagamento da parte del Ministero dell'Interno attraverso gli uffici postali ed istituì il libretto di pensione per la riscossione.

Altra tappa importante della "gestione Fucà" fu costituita dalla conquista dell'indennità di accompagnamento al solo titolo della cecità. Tale risultato fu acquisito con la Legge 16 aprile 1974 n. 114, precisamente con l'articolo 5, comma 4. Questo essenziale traguardo si è fondato sul secondo comma dell'articolo 3 della Costituzione, che obbliga lo Stato a rimuovere gli ostacoli che di fatto limitano l'uguaglianza dei cittadini. In questa prospettiva si tratta di eguagliare i punti di partenza delle persone meno fortunate riguardo all'integrità fisica, per cui non ricorrono limiti di reddito né valutazioni della situazione economica.

Continuando nel progresso di queste forme assistenziali, con l'articolo 7 della Legge 3 giugno 1975 n. 160 si ottenne l'applicazione della "perequazione automatica" alle pensioni, assegni ed indennità per ciechi civili, invalidi civili e sordomuti, nonché la rivalutazione annuale dei relativi limiti di reddito. Ciò costituì una garanzia sulla continuità sostanziale dei benefici già ottenuti.

Occorre rilevare che tale sistema veniva adottato per le prestazioni economiche a favore di tutti i minorati civili; infatti all'inizio degli anni 70, sulla scia dei ciechi, anche i sordomuti (con legge 26 maggio 1970 n. 381) e gli invalidi civili (con legge 30 marzo 1971 n. 118) avevano ottenuto analoghi trattamenti di pensione. Perciò le nuove disposizioni che si succedevano nel tempo contemplavano tutte e tre le categorie.

Così la successiva Legge 21 febbraio 1977 n. 29 aumentava i limiti di reddito per le pensioni delle tre categorie di minorati civili.

Anche nella Legge 29 febbraio 1980 n. 33, l'articolo 14 septies elevava nuovamente ed in modo consistente i limiti di reddito per tutti, oltre ad estendere il diritto alla pensione anche ai ciechi minorenni.

Poco prima, e cioè nel giorno della patrona Santa Lucia del 1979, il Presidente Fucà aveva avuto la gioia di ottenere l'approvazione per un decisivo aumento dell'indennità di accompagnamento con la Legge 22 dicembre 1979 n. 682, che stabiliva anche il principio della "equiparazione" della indennità di accompagnamento per i ciechi civili assoluti a quella percepita dai ciechi di guerra. Peraltro su tale equiparazione nacquero presto difficoltà di attuazione, cosicché il Presidente Kervin dovette impegnarsi per ottenere la Legge 4 maggio 1983 n. 165 allo scopo di estendere ai ciechi civili assoluti determinati miglioramenti della indennità di accompagnamento dei ciechi di guerra.

L'anno dopo, a conclusione di una lunga vertenza, si ottenne pure una legge interpretativa del succitato articolo 14 septies, con la quale veniva confermato che anche ai "ventesimisti" doveva essere applicato il medesimo limite di reddito per la pensione, come ai ciechi assoluti. Era questa la Legge 8 ottobre 1984 n. 660.

Dal 1986 al 1988 l'Unione fu costretta a difendersi dai reiterati tentativi del Governo di introdurre nelle "leggi finanziarie" restrizioni e tagli sulle pensioni dei ciechi.

Nello stesso 1988 però il Presidente Tommaso Daniele riuscì a strappare la Legge 21 novembre n. 508, con la quale veniva istituita una "indennità speciale" a favore dei ventesimisti al solo titolo della minorazione, mentre venivano stabiliti aumenti dell'indennità di accompagnamento, e la stessa veniva estesa anche ai ciechi assoluti minorenni, "in sostituzione" della pensione. In detta legge veniva pure istituita l'"indennità di comunicazione" per i sordomuti.

Nella Legge 11 ottobre 1990 n. 289 l'Unione è poi riuscita a far inserire, accanto all'indennità di frequenza per i minori invalidi civili, l'aumento di entrambe le indennità per i ciechi civili, nonché una consistente maggiorazione sulla indennità di accompagnamento a favore dei minorenni ciechi assoluti pluriminorati. Si trattava così di un primo passo per giungere alla cumulabilità delle indennità di accompagnamento spettanti appunto ai pluriminorati.

Sempre nel 1990 però l'Unione ha dovuto ancora difendersi dalle iniziative negative del Governo. Essa è riuscita a respingere i tentativi di sottoporre l'indennità di accompagnamento ad un limite di reddito. Non ha potuto invece impedire che nella Legge 29 dicembre 1990 n. 407, all'articolo 3, venisse introdotta la "incompatibilità" a percepire le pensioni del Ministero dell'Interno per quei ciechi, sordomuti ed invalidi civili che contemporaneamente avessero una "pensione di invalidità" dell'assicurazione obbligatoria.

Le conseguenze di questo provvedimento sono state così pesanti, da imporre la necessità di porvi rimedio. Così l'incessante azione della Presidenza e della Direzione Nazionale dell'Unione che ha incontrato ampia comprensione presso il Presidente del Consiglio Onorevole Andreotti, ha portato ad ottenere che, ad un anno di distanza, la suddetta incompatibilità È stata tolta di mezzo per i ciechi civili, i sordomuti e gli invalidi civili totali (comma 1 dell'articolo 12 della Legge 30 dicembre 1991 n. 412). Ciò con effetto retroattivo in modo da annullare i danni derivanti dalla legge di un anno prima.

Nello stesso momento l'Unione ha condotto vittoriosamente a termine anche lo sforzo per ottenere l'equiparazione dell'indennità di accompagnamento dei ciechi civili assoluti a quella dei ciechi di guerra. E' quanto ha stabilito l'articolo 1 della Legge 31 dicembre 1991 n. 429. Da quel momento anche il meccanismo di adeguamento annuale È stato finalmente applicato su tutto l'ammontare dell'indennità, e non solo su di una quota fissa, come avveniva invece in precedenza. In tal modo l'equiparazione è risultata effettiva e costante, secondo quanto stabilito per i ciechi di guerra nell'articolo 1 della Legge 10 ottobre 1989 n. 334. Si è così potuta evitare la necessità di successive periodiche rincorse che implicavano l'esigenza di ottenere ogni volta un nuovo provvedimento legislativo.

Nella stessa Legge 31 dicembre 1991 n. 429, vi è poi l'articolo 2, che è altrettanto importante. Esso infatti finalmente ha dato luogo, con la medesima decorrenza arretrata dell'articolo 1, cioè dal primo marzo 1991, all'agognata cumulabilità delle due indennità di accompagnamento (quella per ciechi civili assoluti e quella per invalidi civili non deambulanti) a favore dei pluriminorati gravissimi che abbiano diritto ad entrambe.

1.2) L'intermezzo tra il 1992 ed il 1997:

Dopo questi successi la storia della nostra pensionistica non ha registrato ulteriori tappe legislative richieste o volute dalla Unione e dalle altre associazioni dei minorati per cause civili. Interventi legislativi vi sono stati da parte del Governo, in sede di "Legge Finanziaria", quasi ogni anno. Essi sono stati seguiti da decreti applicativi e da circolari del Ministero dell'Interno e del Ministero del Tesoro. Qui ci limiteremo a registrare gli interventi di un certo rilievo.

La circolare del Ministero dell'Interno n. 2 in data 22 gennaio 1992 ha ammesso che le indennità di accompagnamento possono spettare anche ai minori al di sotto dei 15 mesi di età, cosa che prima era negata dallo stesso Ministero dell'Interno. La medesima circolare ha ricordato che dopo la legge 21 novembre 1988 n. 508 l'indennità di accompagnamento era stata estesa anche ai ciechi minorenni, mentre prima essa poteva spettare soltanto ai minori invalidi civili. La circolare n. 19 dello stesso Ministero in data 15 dicembre 1992 ribadiva la non cumulabilità stabilita dal quarto comma dell'articolo 1 della Legge 21 novembre 1988 n. 508 fra la indennità di accompagnamento per minorati civili (ciechi o invalidi) ed "analoghi trattamenti" percepiti per invalidità di guerra, di servizio, o derivanti da infortunio sul lavoro.

La circolare passa quindi ad interpretare il comma 5 dello stesso articolo 1 e giunge ad affermare che la possibilità in esso stabilita di opzione per l'uno o l'altro dei trattamenti (ad esempio di carattere civile o di lavoro) può essere esercitata soltanto da chi sia pluriminorato. Si tratta di una affermazione grottesca. L'opzione deve essere fatta da una persona che per un'unica minorazione abbia avuto due trattamenti; invece l'opzione fra due trattamenti riguardanti due minorazioni distinte è un assurdo, in quanto si tratterebbe di una scelta fra minorazioni invece che di una scelta fra trattamenti, che entrambi sono spettanti. E' necessario che la circolare ministeriale venga superata. Ciò è possibile attraverso opportuni emendamenti ai commi 4 e 5 del predetto articolo 1. Al comma 5 si dovrà chiarire che vi è la possibilità di opzione quando i trattamenti diversi siano stati attributi per una unica minorazione. Al comma 4 si dovrà pure chiarire che la "non cumulabilità" vi è quando appunto vi sono diversi trattamenti per una stessa minorazione.

Norme riguardanti le pensioni per minorazioni civili sono contenute nel Decreto Interministeriale n. 553 del 31 ottobre 1992. In esso è previsto l'obbligo per i fruitori di dette pensioni di presentare entro il 30 giugno di ciascun anno una dichiarazione di responsabilità sulla situazione reddituale precisando i redditi soggetti ad IRPEF; in caso contrario dovrebbe essere revocata la pensione, come già previsto nell'articolo 3 ter della Legge 21 febbraio 1977 n. 29.

Altra norma importante del Decreto Interministeriale sopra citato è quella richiamata nella circolare del Ministero dell'Interno n. 20 in data 11 dicembre 1993. In essa si sottolinea il fatto che la dichiarazione reddituale non deve più riguardare i redditi dell'anno in corso, in quanto si tratterebbe di un "reddito presunto". La dichiarazione deve riferirsi ai redditi dell'anno precedente; peraltro detti redditi vanno commisurati col limite di reddito relativo all'anno in corso.

Qualche altra norma di rilievo in materia è contenuta nella legge finanziaria per il 1994 (Legge 24 dicembre 1993 n. 537). Le norme che interessano sono contenute in particolare nell'articolo 11. Nel comma 4 vi si tratta dei casi di accertato reddito superiore; per questi casi è stabilito l'obbligo ad una rinuncia scritta entro 30 giorni dall'accertamento, salvo in caso diverso la restituzione di quanto percepito indebitamente nell'anno precedente. Nello stesso articolo è precisata la distinzione fra la fase dell'accertamento sanitario e la procedura invece per gli accertamenti ai fini della decisione amministrativa. Inoltre vi si prevede la soppressione dei Comitati Provinciali di Assistenza e Beneficenza Pubblica.

Rilevante in materia è il Decreto del Presidente della Repubblica in data 21 settembre 1994 n. 698, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 298 del 22 dicembre 1994. Esso contiene il Regolamento di applicazione della citata legge 537 del 1993. Vi sono quindi disciplinati i principi già espressi nella Legge. In particolare vi è la soppressione del Comitato Provinciale di Assistenza e Beneficenza Pubblica, lasciando le decisioni amministrative all'esclusiva valutazione della Prefettura.

Ciò comporta che l'Unione, come le altre Associazioni rappresentative di categoria, non fa più parte dell'organo decisionale. Con ciò esse non sono più in grado di entrare nel merito, e seguire prontamente le pratiche e di conoscerne direttamente l'esito. Ciò non torna certo ad onore di chi ha proposto ed appoggiato quella norma, che tra l'altro non brilla per spirito democratico.

Nel Regolamento è anche previsto che gli eventuali ricorsi sono da presentare per il tramite delle Prefetture in carta bollata.

Nel testo del Decreto in questione e nella circolare ad esso riferita (circolare del Ministero dell'Interno n. 1 in data 7 gennaio 1995) risulta anche un dato positivo. E' stato cioè semplificato il modulo di domanda, che è allegato al Decreto stesso. In essa ora l'interessato si limita a chiedere ciò che gli potrà spettare in base alla minorazione che gli verrà eventualmente riconosciuta. E' così caduto il principio del "petitum" precedentemente affermato nel Decreto del Ministero del Tesoro in data 9 novembre 1990. In base ad esso l'interessato poteva ricevere solo le prestazioni che avesse espressamente richiesto. Si era così verificato l'assurdo che, ad esempio, un cieco assoluto non potesse ricevere la indennità di accompagnamento per il fatto che si era limitato nella domanda a chiedere genericamente "la pensione".

Interessa anche la circolare del 24 giugno 1995 n. 7 del Ministero dell'Interno. In essa era precisato che non è più necessaria l'autenticazione della firma sulle dichiarazioni di responsabilità in riferimento a pratiche tendenti ad ottenere prestazioni assistenziali obbligatorie. Ciò è del resto espressamente previsto già dall'articolo 1, comma 8 bis della Legge 28 febbraio 1986 n. 45. Un'altra circolare del 17 giugno 1997 n. 25 precisa che tali facilitazioni valgono sia per la documentazione in sede di presentazione della domanda sia per quella presentata per le verifiche e per le autodichiarazioni dell'interessato.

Altra circolare del Ministero dell'Interno in data 24 agosto 1996 n. 7 fa riferimento fra l'altro alla Legge 8 agosto 1996 n. 425 di conversione del Decreto Legge 20 giugno 1996 n. 323. In essa l'articolo 4, comma 3 nonies, ha abrogato il comma 4 dell'articolo 11 della legge 537/1993. Con ciò cade l'obbligo di rinuncia degli interessati ed il recupero dei ratei dell'anno precedente non dovuti.

La medesima circolare conferma l'abrogazione del comma 3 dell'articolo 5 del sopra richiamato D.P.R. 698 del 21 settembre 1994, che comportava l'obbligo da parte dell'interessato di comunicare entro 30 giorni l'eventuale mancanza di requisiti di legge.

La circolare del Ministero degli Interni in data 21 gennaio 1998 n. 1 si riferisce alla Legge Finanziaria per il 1998, che è la Legge 27 dicembre 1997 n. 449. Di essa interessano la nostra pensionistica gli articoli da 52 a 60. In particolare il comma 4 dell'articolo 52 dispone che non siano più da effettuare le presentazioni delle dichiarazioni reddituali di responsabilità entro il 30 giugno di ciascun anno da parte dei beneficiari delle prestazioni. Tali autodichiarazioni sono sostituite da controlli incrociati da effettuare dal Ministero del Tesoro con le banche dati del Ministero delle Finanze e del casellario centrale dei pensionati.

La circolare 20 febbraio 1998 n. 7 del Ministero dell'Interno stabilisce che possa essere adottata la sospensione della prestazione, e non la revoca, quando venga a scadenza una decisione della Commissione Sanitaria che si sia pronunciata con la clausola della rivedibilità per una determinata data. E' chiaro che la revoca di una prestazione per il solo fatto che l'accertamento sanitario avesse stabilito la "rivedibilità" del titolare entro una certa data sarebbe arbitraria ed illegittima; quanto alla sospensione del beneficio, bisognerà distinguere tra due casi: o l'interessato, chiamato dall'autorità competente alla vista di rivedibilità non vi si è presentato senza giustificato motivo, oppure è la competente autorità che alla visita di rivedibilità non l'ha chiamato; ed in tale ultima eventualità nessuna conseguenza negativa potrà legittimamente essere fatta ricadere sull'interessato, che non ne ha alcuna responsabilità.

La circolare del Ministero dell'Interno in data 16 giugno 1998 n. 16 fa presente che l'articolo 60 della Legge 449/97 sopracitata, ha prorogato il termine della presentazione di una autodichiarazione di responsabilità relativa alla minorazione, dal 31 marzo al 31 ottobre.

E' questo per ora il riassunto della storia della nostra pensionistica. A noi tutti l'impegno di collaborare per scriverne qualche altra pagina più positiva possibile.

2) PARTE SECONDA: SITUAZIONE ATTUALE DELLA PENSIONISTICA PER I CIECHI CIVILI

Fermata così al 1998 l'analisi dello sviluppo storico della pensionistica, esaminiamo ora in modo statico la situazione attuale quale ci si presenta alla stessa data sulla base delle leggi vigenti. E' infatti evidente l'importanza di individuare le singole norme in vigore contenute nelle numerose disposizioni citate, in modo da poter fare riferimento ad esse per applicarle nei singoli casi che possono essere sottoposti agli operatori.

2.1) SEZIONE PRIMA: PENSIONE PER CIECHI CIVILI

A) Fonti normative

La normativa che forma la base della pensione è contenuta nella Legge 10 febbraio 1962 n. 66 della quale rimangono in vigore almeno l'articolo 7, con l'affermazione del diritto alla pensione "in considerazione delle specifiche esigenze derivanti dalla minorazione", l'articolo 8, con il riferimento alla cecità assoluta e rispettivamente al limite visivo massimo di un ventesimo, nonché l'articolo 19 sulla conservazione del diritto all'"assegno a vita" "ad personam" per i soli "decimisti" che ne fossero in godimento a quella data.

Della Legge 27 maggio 1970 n. 382 sono tuttora in vigore per quanto riguarda la pensione: l'articolo 3 sul diritto alla tredicesima mensilità della pensione, l'articolo 6 sulla continuità della corresponsione "ad personam" dell'"assegno a vita" ai "decimisti" che ne fossero in godimento al 1° marzo 1962, l'articolo 11, in particolare per la parte in cui precisa il concetto di cecità assoluta, l'articolo 14 per le caratteristiche del certificato oculistico di parte da allegare alla domanda di riconoscimento della cecità, l'articolo 17 sulla decorrenza dei benefici.

Della Legge 18 dicembre 1973 n. 854, per il momento, rimangono in vigore le disposizioni sui libretti di pensione e la scadenza delle 6 rate annuali per i pagamenti delle pensioni, indennità ed assegni, salvo il fatto che tale scadenza è stata poi leggermente spostata al giorno 28 dei medesimi mesi dispari.

Della Legge 3 giugno 1975 n. 160, per quanto ci interessa rimane in vigore il principio della perequazione automatica di cui al primo comma dell'articolo 7, anche se successivamente il sistema ne è stato modificato.

Del pari vigenti sono le disposizioni dell'articolo 14 septies della Legge 29 febbraio 1980 n. 33 sull'esistenza dei limiti di reddito "calcolati agli effetti dell'Irpef", limiti di cui naturalmente la misura è stata aggiornata ogni anno.

Così pure è vigente la Legge 8 ottobre 1984 n. 660, interpretativa del sopracitato articolo 14 septies della n. 33/80 (limite di reddito unico per ciechi assoluti e per ciechi "ventesimisti").

B) Dati attuali e di dettaglio

Per l'anno 1998 il limite di reddito per le pensioni ai ciechi civili sia assoluti sia ventesimisti è fissato in Lire 22.846.235.-, riferite come si è detto ai redditi dell'anno 1997. Tale limite viene aggiornato di anno in anno secondo gli indici ISTAT. Per il 1998 l'ammontare della pensione è stabilito in Lire 420.080.- per i ciechi assoluti che non risultino ricoverati. Per lo stesso periodo l'ammontare è invece di Lire 388.460.- per i ciechi ventesimisti e i ciechi assoluti ricoverati.

Tutti gli importi delle pensioni suddette vengono aggiornati secondo gli indici ISTAT come per le altre pensioni, con l'inizio di ciascun anno.

Per i ciechi assoluti ricoverati la pensione è ridotta all'ammontare di quella per i "ventesimisti". Infatti il Ministero dell'Interno ha interpretato in tal modo la confusa e discutibile dizione del secondo comma dell'articolo 14 septies della Legge 29 febbraio 1980 n. 33.

Detto per inciso, la pensione per i "ventesimisti" ha lo stesso ammontare di quella per i sordomuti e di quella per gli invalidi civili, tanto totali, quanto anche parziali.

Fa dunque eccezione unicamente la pensione per i ciechi assoluti non ricoverati, che è leggermente superiore alle altre, come si è visto.

Occorre anche rilevare che per la pensione per i ciechi civili vi è un'unica limitazione riguardo all'età: i ciechi assoluti minorenni non hanno diritto alla pensione. Questa limitazione non vi è invece per i ciechi "ventesimisti", i quali sono gli unici invalidi ad avere diritto alla pensione, anche se minorenni. Per essi dunque non esiste alcun limite di età, né inferiore, né superiore.

Invece le altre categorie (sordomuti e invalidi civili), riguardo alle loro pensioni, hanno un limite di età inferiore (ne restano cioè esclusi i minorenni) e rispettivamente un limite di età superiore, posto precisamente a 65 anni. Arrivati a quella età la loro pensione di sordomuti e rispettivamente di invalidi civili si trasforma in "pensione sociale" e passa all'INPS. Il limite di reddito per la pensione per invalidi civili non assoluti è lo stesso che per la "pensione sociale", cioè, per il 1998 Lire 5.169.450.- e tale limite è uguale all'importo annuo della "pensione sociale" stessa. Questa "pensione sociale" non è dunque per i soli privi di reddito, come invece sono le vere e proprie "pensioni sociali" per gli anziani non invalidi civili e non sordomuti. Se però gli invalidi civili ed i sordomuti non sono stati riconosciuti come tali prima di compiere i 65 anni, non possono percepire (come invece avveniva prima della Legge 21 marzo 1988 n. 93), quella particolare "pensione sociale" coi limiti di reddito per invalidi civili o per sordomuti, bensì eventualmente la sola "pensione sociale" vera e propria per anziani privi di reddito.

Queste nozioni non ci riguardano direttamente come ciechi, ma ci interessano per i nostri pluriminorati, oltre che per un confronto con le altre categorie, sempre utile, specie quando dobbiamo rivendicare qualcosa o vogliamo promuovere un'azione comune con le altre Associazioni.

Al panorama di cui sopra resta da aggiungere che dal 1962 continua ad esistere una categoria "ad esaurimento" (ed in pratica già quasi esaurita), che è formata dai cosiddetti "decimisti", cioè da persone che hanno un residuo visivo superiore ad un ventesimo, ma non superiore ad un decimo. Per essi l'ammontare dell'assegno‚ minore rispetto alla pensione: per il 1998 è Lire 288.240.- mensili; il limite di reddito è più basso: per il 1998 Lire 10.983.760.- annue. Il titolo di quanto percepiscono è diverso (non "pensione", ma appunto "assegno a vita").

C) La questione del computo dei redditi

E' opportuno puntualizzare quale deve essere il computo dei redditi al fine di stabilire se nei singoli casi esista o meno il diritto alla pensione.

L'articolo 14 septies della Legge 29 febbraio 1980 n. 33, parla di limiti di reddito "calcolati agli effetti dell'Irpef". E' evidente dunque che il computo va effettuato come se venisse fatto per applicare l'imposta sui redditi delle persone fisiche. Ne consegue che:

a: il calcolo va riferito all'imponibile, cioè la cifra sulla quale si dovrebbe applicare l'imposta, ossia ad esempio, lo stipendio al netto dei contributi, ma al lordo delle ritenute erariali;

b: gli arretrati e le liquidazioni di fine lavoro non dovrebbero rientrare nel computo, in quanto soggetti a tassazione separata;

c: naturalmente non possono rientrare nel computo quei redditi che per loro natura non sono assoggettabili all'Irpef. E' evidente che se il conto da fare è quello valido per le tasse, in esso non possono rientrare i redditi non tassabili.

Durante gli anni scorsi il Ministero dell'Interno e le Prefetture computavano i redditi calcolandoli "agli effetti dell'Irpef" quando si trattava di calcolare il lordo, cioè quando conveniva loro; quando invece loro non conveniva si dimenticavano la regola e computavano tranquillamente anche i redditi non tassabili, equivocando su una interpretazione di un parere del Consiglio di Stato. Così computavano le pensioni di guerra, le rendite I.N.A.I.L., le "pensioni sociali" per invalidi civili e sordomuti ultrasessantacinquenni, ed anche le pensioni ed indennità erogate dallo stesso Ministero dell'Interno.

Si dovette affrontare per questo una lunga battaglia, che durò per tutti gli anni '80. Il Ministero fu portato molte volte in giudizio e sempre sconfitto. Si arrese infine con la circolare n. 2 del 15 gennaio 1990 dopo che anche il Consiglio di Stato si fu espresso apertamente secondo la nostra tesi (parere della Sezione prima n. 1078/88, in data 15 giugno 1988).

La vittoria era importante in linea di principio, ma per noi era preziosa in particolare perché toglieva di mezzo tra l'altro, quell'artificioso impedimento alla realizzazione pratica del cumulo delle pensioni per vari nostri pluriminorati. Così dunque ora non si potrà computare ad esempio la pensione e l'indennità di accompagnamento per cecità allo scopo di negare la pensione per sordomutismo o per invalidità civile, facendo artificiosamente superare il limite di reddito ad un pluriminorato che avesse magari semplicemente una pensione minima dell'I.N.P.S. come unico reddito computabile.

D) Aspetto sanitario del cumulo delle pensioni per i pluriminorati:

Fin dal 1981 il Consiglio di Stato si era pronunciato inequivocabilmente in favore della legittimità del cumulo delle pensioni per i pluriminorati (parere 18 dicembre 1981 n. 1973/80 - Sezione prima). In esso aveva affermato che il cumulo era possibile ogni volta che le varie pensioni spettavano per minorazioni diverse "per la causa del loro riconoscimento". In altre parole: un cieco può avere anche la pensione di invalidità civile (oltre a quella per cecità) soltanto se ha contemporaneamente alla cecità un altro tipo di invalidità tale da configurare distintamente l'invalidità civile; un sordomuto può avere (oltre alla pensione per sordomutismo) anche quella per invalidità civile, ma solamente se oltre al sordomutismo ha anche un'altra invalidità distinta da esso e tale da configurare da sola l'invalidità civile prevista nelle apposite tabelle.

Il Consiglio di Stato aveva dunque detto la cosa più ovvia e più semplice del mondo. A quel punto alcune Prefetture si sono inventate quel che il Consiglio di Stato non si è mai sognato di dire. Secondo qualche fantasioso funzionario, infatti, quelle che contano non sarebbero le varie minorazioni (cecità, sordomutismo, invalidità civile), che come si sa danno diritto alle rispettive prestazioni; invece occorrerebbe guardare alla causa fisica delle minorazioni, la quale secondo loro dovrebbe essere diversa per poter dar luogo alle diverse pensioni.

Per costoro, se uno è cieco e contemporaneamente, supponiamo, invalido civile spastico, il tutto a causa di un'unica cerebropatia, dovrebbe avere una sola pensione; se invece lo stesso spastico fosse cieco per un glaucoma, dovrebbe ricevere due pensioni. Naturalmente ciò non è scritto in nessuna legge, in nessun parere del Consiglio di Stato ed in nessuna circolare a parte il fatto che tutto ciò fa a pugni col più elementare senso comune, oltre che col senso giuridico. Infatti le varie leggi sulle pensioni per le diverse minorazioni civili sono state fatte per dare un aiuto in danaro per le esigenze derivanti da tali minorazioni. Dunque: se queste minorazioni non derivano da cause di guerra, di lavoro o di servizio, essendo minorazioni civili, e se sono plurime, sarà alle singole minorazioni che le diverse leggi avranno riguardo attribuendo le diverse prestazioni per esse rispettivamente stabilite.

Nessuno può aggiungere altri requisiti a quelli che le leggi prevedono. Il Consiglio di Stato giustamente esige che per concedere il cumulo delle prestazioni vi siano "cause diverse per il loro riconoscimento" cause diverse che sarebbero rispettivamente la cecità, il sordomutismo, l'invalidità civile, che danno appunto luogo a riconoscimenti diversi. Invece i funzionari di quegli uffici si sono messi in testa che "causa del riconoscimeto" sia la causa morbosa. Viceversa la causa morbosa non c'entra per nulla e non può avere alcuna rilevanza giuridica, anche quando sia conosciuta.

Dunque: quando ci sono contemporaneamente le minorazioni diverse (cecità e/o sordomutismo e/o invalidità civile prevista dalle tabelle apposite del Ministero della Sanità), in presenza degli altri requisiti che diano diritto alle diverse pensioni (reddito nei limiti, età, ecc.) le diverse pensioni devono essere concesse. E lo stesso discorso faremo più avanti, parlando delle indennità.

L'Unione ha sollevato questo problema, perché ad esempio coloro che durante la gestazione della madre sono stati colpiti dalla rosolia, pur essendo pluriminorati gravissimi, da quelle alcune Prefetture erano privati del loro diritto al cumulo delle pensioni. Si è così ottenuta la circolare 15 maggio 1991 n. 8 del Ministero dell'Interno alle Prefetture. Essa, a proposito dello strano modo di operare di quelli alcuni Uffici Prefettizi, si esprime così: "Detta interpretazione non può ritenersi corretta e legittima, e, pertanto, eventuali posizioni considerate sulla base di detto principio vanno riesaminate concedendo al pluriminorato le diverse provvidenze connesse ai singoli esiti (minorazioni o malattie) derivanti, quindi, anche da un'unica causa civile invalidante.".

E' necessario perciò che le Sezioni dell'Unione Italiana Ciechi che ne venissero a conoscenza si oppongano facendo presentare gli opportuni ricorsi richiamando la citata circolare n. 8/1991 del Ministero dell'Interno. E' necessario in particolare che essi segnalino questi casi alla Presidenza Nazionale.

Tale dunque risulta fino all'inizio dell'autunno 1998, la situazione delle nostre pensioni.

2.2) SEZIONE SECONDA: INDENNITA' DI ACCOMPAGNAMENTO ED ALTRE INDENNITA'

Per completare il quadro delle prestazioni economiche erogate dal Ministero dell'Interno resta ora da parlare delle varie indennità.

A1) Fonti normative:

La Legge 28 marzo 1968 n. 406 è la disposizione istitutiva della indennità di accompagnamento per i ciechi assoluti. L'articolo 1 stabilisce che l'indennità di accompagnamento è concessa ai ciechi assoluti titolari della pensione, "ad integrazione della pensione stessa", e quindi automaticamente.

La Legge 27 maggio 1970 n. 382 dedica all'indennità di accompagnamento gli articoli 4 e 7. L'articolo 4 ribadisce il carattere di automaticità e di stretta connessione tra la titolarità della pensione per i ciechi assoluti e la concessione della indennità di accompagnamento. L'articolo 7 poi sdoppia la figura dell'indennità di accompagnamento in quanto prevede la concessione di essa anche ad altri ciechi assoluti "non aventi diritto alla pensione" per il fatto di superare il relativo limite di reddito, sempreché non raggiungano un ulteriore limite superiore. Il concetto introdotto dalla Legge in parola era dunque il seguente: il cieco assoluto che avesse diritto alla pensione aveva sempre diritto all'indennità di accompagnamento, ma all'indennità di accompagnamento poteva avere diritto, a certe condizioni, anche il cieco assoluto non avente diritto alla pensione.

Della Legge 16 aprile 1974 n. 114, resta vigente il quarto comma dell'articolo 5, che ha fissato il principio che l'indennità di accompagnamento di cui agli articoli 4 e 7 della Legge 27 maggio 1970 n. 382, "per i ciechi assoluti viene corrisposta al titolo della cecità".

Della Legge 22 dicembre 1979 n. 682, è importante ricordare il primo comma dell'articolo 1, che stabiliva "l'indennità di accompagnamento goduta dai ciechi civili assoluti ...... dall'1/1/1982 viene equiparata a quella goduta dai grandi invalidi di guerra ai sensi della tabella E, lettera A bis, n. 1 del D.P.R. 23 dicembre 1978 n. 915." (cioè a quella che nel 1979 era l'indennità di accompagnamento dei ciechi di guerra).

Lo stesso concetto si trova riaffermato pure nella Legge 4 maggio 1983 n. 165. Essa interpreta la disposizione sopra riportata della Legge 682/1979 e riferisce l'equiparazione anzidetta agli articoli 1 e 6 e alla tabella E, lettera A bis del D.P.R. 30 dicembre 1981 n. 834, contenente l'indicazione dell'indennità di accompagnamento dovuta ai grandi invalidi di guerra.

Va detto altresì per inciso che la Legge 11 febbraio 1980 n. 18 aveva nel frattempo disposto la concessione di una "indennità di accompagnamento" anche a favore degli invalidi civili totalmente inabili ed aventi necessità di accompagnamento o di assistenza continua.

Così la Legge 21 novembre 1988 n. 508, tuttora pienamente vigente, ha potuto fissare la nuova disciplina di entrambe le indennità di accompagnamento, quella per invalidi civili totalmente inabili e rispettivamente quella per ciechi assoluti, estendendo altresì quest'ultima anche ai ciechi minorenni. Essa ha pure istituito altre due indennità: la piccola "indennità speciale" per ciechi "ventesimisti" e la "indennità di comunicazione" per i sordomuti. Resta pienamente in vigore la Legge 31 dicembre 1991 n. 429, sia per le disposizioni dell'articolo 1 riguardante l'equiparazione dell'indennità di accompagnamento dei ciechi civili a quella dei ciechi di guerra, sia per le norme dell'articolo 2 sulla cumulabilità delle varie indennità per i ciechi assoluti pluriminorati.

B1) Dati attuali e di dettaglio:

Per il 1998 l'indennità di accompagnamento per i ciechi assoluti è fissata in Lire 1.093.100.-; rispettivamente l'indennità speciale per i ciechi "ventesimisti" ammonta a Lire 90.915.-.

L'indennità di accompagnamento per invalidi civili assoluti non deambulanti o non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita ammonta a Lire 783.190.-. L'indennità di comunicazione per i sordomuti, sempre per il 1998, è di Lire 318.660.-.

Tutte le indennità già menzionate sono concesse al solo titolo della minorazione, e cioè senza limiti di reddito, stante il fatto che i tentativi governativi di introdurre un limite di reddito sono stati respinti. Dopo la concessione anche ai minorenni ciechi assoluti della indennità di accompagnamento non vi sono più per nessuna delle indennità limiti di età, né inferiori, né superiori.

C1) Cumulabilità delle varie indennità nei casi di pluriminorazione:

E' importante rilevare che, nei casi dei pluriminorati, le varie indennità erogate dal Ministero dell'Interno per le diverse minorazioni sono di regola tra loro compatibili e cumulabili. Ciò del resto è ovvio. Infatti dette indennità sono dovute al titolo della minorazione; l'unico requisito per averle è rappresentato dalla cecità, rispettivamente dall'invalidità civile totale e/o dal sordomutismo. Una volta che si possieda più d'una di queste minorazioni si ha perciò diritto alle indennità che spettino per ciascuna di esse. Il cieco assoluto che sia anche sordomuto sommerà l'indennità di accompagnamento con quella "di comunicazione"; il cieco "ventesimista" che sia anche invalido civile assoluto sommerà la piccola "indennità speciale" con quella di accompagnamento; e così via. Ciò del resto era ammesso espressamente anche dal Ministero dell'Interno nella circolare n. 2 del 19 gennaio 1989 alle Prefetture. Quella circolare peraltro proseguiva affermando che non sono invece cumulabili tra loro le due "indennità di accompagnamento", rispettivamente per ciechi assoluti e per invalidi civili totalmente inabili. Questa pretesa incompatibilità era basata unicamente su di un argomento formale e puramente nominalistico e pretestuoso: che cioè tutte e due si chiamano "indennità di accompagnamento". Ora invece, come già si è detto, con l'articolo 2 della Legge 31 dicembre 1991 n. 429 è stata finalmente stabilita la cumulabilità anche di queste due indennità, quando il cieco assoluto sia anche invalido civile assoluto non deambulante o non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita.

Naturalmente va ripetuto anche qui, a proposito delle indennità, quanto si è detto a proposito delle pensioni: non ha alcuna rilevanza il fatto che la causa morbosa possa essere unica o plurima. Per il diritto alle prestazioni conta unicamente la pluralità delle minorazioni. A più minorazioni devono corrispondere più indennità spettanti.

3) PARTE TERZA: ACCERTAMENTI SANITARI

3.1) Loro evoluzione nel tempo

Dal 1954 al 1970 gli accertamenti della cecità venivano eseguiti dall'Opera Nazionale Ciechi Civili per mezzo di oculisti di fiducia dell'Opera stessa.

La Legge 27 maggio 1970 n. 382, come già si è visto, soppresse detta Opera e per gli accertamenti della cecità istituì una apposita Commissione Sanitaria Provinciale (articolo 10) composta da due oculisti di cui uno designato dall'Unione, e dal Medico Provinciale con funzioni di Presidente. La Commissione aveva sede appunto presso l'Ufficio del Medico Provinciale. Contro le sue pronunce gli interessati potevano ricorrere ad una apposita Commissione Sanitaria Regionale, avente composizione analoga e sede nel capoluogo di Regione. Contro le decisioni di quest'ultima si poteva proporre azione giudiziaria di fronte alla giurisdizione ordinaria.

Dopo il 1978, con l'applicazione della riforma sanitaria e la costituzione delle Unità Sanitarie Locali, le Commissioni in parola furono appoggiate ad esse Unità e così si continuò ad operare gli accertamenti fino al 1988. Analoghe normative vigevano anche per i sordomuti e per gli invalidi civili, naturalmente con Commissioni distinte e specialistiche per ciascuna categoria.

Il Decreto-Legge 30 maggio 1988 n. 173, convertito forzosamente con apposito voto di fiducia dalla Legge 26 luglio 1988 n. 291 (chiamata "Legge Amato" dal Ministro del Tesoro che la volle con tenacia degna di miglior causa), cambiò totalmente il sistema degli accertamenti sanitari trasferendo gli stessi alle "Commissioni mediche per le pensioni di guerra". Ne derivarono gli inconvenienti della moltiplicazione del lavoro arretrato e della sostanziale incompetenza per la mancanza di specializzazione, in quanto si trattava di "Commissioni-calderone", che avrebbero dovuto accertare tutte le minorazioni. Esse cominciarono ad operare solo nel settembre del 1989. Alla prova dei fatti però mancarono gli obiettivi che il promotore si era prefisso di raggiungere. Ciò nonostante, con l'articolo 6 bis, comma 1, della Legge 25 gennaio 1990 n. 8, si volle aggiungere a quelle Commissioni pure l'attribuzione della competenza per gli accertamenti delle varie invalidità anche a fini diversi da quelli pensionistici.

3.2) Disciplina attuale:

Con un improvviso, quanto scontato, "dietrofront", il nostro estroso legislatore ha infine (per ora) stabilito che per quanto riguarda gli accertamenti di prima istanza le Commissioni mediche per le pensioni di guerra vengano sostituite con Commissioni nuovamente nominate dalle Unità Sanitarie Locali. Peraltro con questa Legge (L. 15 ottobre 1990 n. 295) non si è avuto il coraggio di ammettere che la scelta del 1988 era stata sbagliata, e di tornare quindi al sistema precedente. Invece anche questa nuova soluzione ripete l'inconveniente della assoluta genericità degli accertamenti, ricalcando il sistema delle "Commissioni calderone" mancanti degli specialisti competenti per le varie minorazioni. Il Presidente della Commissione deve essere un medico-legale (e speriamo che se ne trovi uno disponibile in ogni U.S.L.), uno dei due altri componenti deve preferibilmente essere un medico del lavoro (chissà perché?), ma non si parla di oculisti, di otorinolaringoiatri, di neurologi, di traumatologi.

Le Commissioni di accertamento sanitario sono integrate con la presenza di un medico rappresentante l'Unione, quando si tratta di pratiche di ciechi. E' evidente che, mancando le Commissioni stesse di medici specialisti, è necessario che almeno il rappresentante dell'Unione sia un oculista, se si vuole che la sua presenza qualifichi la Commissione e che abbia un certo peso.

La legge (D.L. 30 maggio 1988 n. 173, articolo 3, comma 4, convertito nella Legge 26 luglio 1988 n. 291, articolo 1, comma 4) prevede la possibilità per l'invalido di farsi assistere nella visita da un medico di sua fiducia, ma si tratta di una ipotesi difficilmente realizzabile e poco frequentata.

Dopo l'accertamento delle Commissioni delle UU.SS.LL., le pratiche vengono da esse inviate all'esame delle Commissioni mediche periferiche "per le pensioni di guerra e di invalidità civile". Ciò implicherà un ritardo, perché queste ultime hanno tempo 60 giorni per verificarle, salvo che, durante tale periodo di attesa, venga eventualmente disposta la sospensione della pratica per una nuova visita, o da parte dell'U.S.L., o della Commissione periferica stessa. Il Ministero del Tesoro, dal quale appunto dipendono le Commissioni per le pensioni di guerra, ha pure riservato ad esse la competenza per le revisioni sanitarie, per controllare la permanenza dei requisiti di minorazione.

Contro le pronunce delle Commissioni sanitarie di primo grado, i ricorsi in materia sanitaria, vanno inviati in raccomandata con avviso di ricevimento, entro 60 giorni dalla ricezione del provvedimento, al Ministero del Tesoro - Direzione Generale dei servizi vari e delle pensioni di guerra - per il successivo esame della Commissione superiore per le pensioni di guerra e di "invalidità civile". Ciò vale tanto per i ricorsi contro gli accertamenti di primo grado (delle Commissioni delle UU.SS.LL.), quanto per quelli contro gli accertamenti di secondo grado (delle Commissioni periferiche "per le pensioni di guerra e di invalidità civile").

Una volta trascorsi i 180 giorni di tempo che il Ministero del Tesoro ha a disposizione per decidere sul ricorso, sentita la Commissione Medica Superiore anzidetta, anche per i ricorsi in materia sanitaria è prevista la possibilità di adire la giurisdizione ordinaria.

Il predetto sistema composito (U.S.L. da un lato, organi del Ministero del Tesoro dall'altro) potrebbe essere anche accettabile se almeno le Commissioni di prima istanza fossero specialistiche, e cioè si articolassero distintamente per gli accertamenti rispettivamente della cecità, del sordomutismo, dell'invalidità civile.

Invece, dovendo accertare tutto, le Commissioni generiche possono finire per non accertare nulla. Lo stravolgimento del sistema, prodotto dalla "legge Amato" per escludere gli abusi, sembra destinato a costituire un boomerang, in quanto nel segno della genericità, gli abusi possono diventare anche più facili.

3.3) Le nuove tabelle delle invalidità:

Un accenno va fatto anche al Decreto Legislativo 23 novembre 1988 n. 509. In quel Decreto, e precisamente, all'articolo 2, era prevista l'emanazione da parte del Ministero della Sanità entro 60 giorni dalla sua entrata in vigore, e cioè praticamente entro la metà di febbraio del 1989, di un Decreto contenente nuove tabelle dell'invalidità civile. Le nuove tabelle dovevano sostituire quelle contenute nel Decreto del Ministero della Sanità in data 25 luglio 1980. Siccome il Decreto Ministeriale in realtà non venne mai alla luce, si è previsto nuovamente nella Legge 15 ottobre 1990 n. 295 di emanarlo entro 30 giorni, cosa che come al solito non è stata fatta. Finalmente le nuove tabelle vennero approvate con Decreto del Ministero della Sanità in data 5 febbraio 1992, che peraltro ha effetto dal 12 marzo 1992. L'adozione delle nuove tabelle ha comportato che il requisito per aver diritto alla pensione per invalidi civili parziali non è più l'invalidità del 67% (superiore a 2/3), bensì almeno del 74%. Peraltro una sentenza della Corte Costituzionale (Sentenza n. 209 del 29 - 31 maggio 1995) si è pronunciata nel senso che la precedente disciplina (invalidità appunto superiore a 2/3) va applicata non solo agli accertamenti sanitari effettuati prima del 12 marzo 1992, ma anche alle domande comunque presentate prima di tale data.

A differenza dalle precedenti tabelle di invalidità, quelle del 1992 includono anche le percentuali di invalidità da attribuire alla cecità, sia assoluta, che parziale. Alle minorazioni visive è stata anche dedicata una apposita tabella. A parte la presenza in essa di un errore materiale (nella prima riga orizzontale l'ultimo valore di visus deve essere pari a "meno di 1/20" come è giustamente scritto nella prima colonna verticale, e non già "meno di 1/10" come erroneamente segnato), i contenuti della tabella lasciano qualche perplessità: il visus di 1/20 in entrambi gli occhi viene valutato come invalidità all'80%, mentre lo stesso visus di 1/20 in un occhio solo (e meno di 1/20 nell'altro occhio - es. 1/30 -) viene ritenuto invalidità al 100%. Anche avervi incluso la cecità non può non creare qualche equivoco, agli effetti pratici, sia in riferimento al collocamento al lavoro (i ciechi assoluti sono tutti invalidi al 100%), come pure per quanto attiene alla disciplina pensionistica specie in riferimento ai casi dei pluriminorati, dato che per ciascuno di essi potrebbe risultare per due volte una invalidità del 100%.

Come nota generale sulle tabelle del 1992, si può osservare che esse sono più restrittive di quelle del 1980, cioè, a parità di minorazione, attribuiscono percentuali di invalidità più basse.

3.4) Il Regolamento per gli accertamenti sanitari delle invalidità:

Le norme applicative delle varie leggi vigenti in materia di accertamenti sanitari di quella che viene globalisticamente e discutibilmente definita come "invalidità civile" in senso lato, anche se comprende pure la cecità e il sordomutismo, sono contenute nel Regolamento emanato con Decreto del Ministero del Tesoro n. 387 del 5 agosto 1991, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 286 - Serie Generale - del 6 dicembre 1991. In esso si sono fatte confluire tutte le disposizioni di dettaglio concernenti il funzionamento delle diverse Commissioni e le procedure che vanno espletate per gli accertamenti sanitari ed i relativi ricorsi. Vi sono pure indicati i successivi adempimenti di collegamento con le Prefetture per le rispettive pratiche amministrative.

Si notino in particolare le disposizioni contenute nell'articolo 8, riguardanti l'incompatibilità della contemporanea appartenenza a diverse Commissioni di vario grado, e l'incompatibilità tra la partecipazione alla redazione di un verbale di visita ed il rapporto eventuale di clientela dell'assistito.

Una norma veramente positiva è quella del comma 4 dell'articolo 1. Essa infatti stabilisce espressamente la possibilità di formare, in particolare per gli accertamenti della cecità, una Commissione specialistica unica per tutta la Provincia con l'espressa inclusione di un medico oculista. Ferma restando l'attribuzione della Presidenza ad un medico legale, anche se il terzo componente della Commissione viene indicato "prioritariamente" in un medico specialista in medicina del lavoro, tale indicazione non è tassativa e potrebbe praticamente essere superata con l'inclusione di altro oculista. Si renderebbe così la Commissione veramente "specializzata" e qualificata. In ogni caso resterebbe evidente l'esigenza che il sanitario rappresentante dell'Unione sia a sua volta un oculista.

E' auspicabile che tale prassi venga raccomandata ed adottata ovunque, tanto più che essa è prevista "su domanda" dell'Unione Italiana Ciechi, e precisamente da presentare (su sollecitazione delle sezioni provinciali interessate) dal Consiglio Regionale U.I.C. all'Assessore Regionale alla Sanità.

Abbiamo lasciato le considerazioni su questo regolamento alla fine di questa terza parte sugli accertamenti sanitari, anche se esso è uscito in una data anteriore rispetto alle nuove tabelle. Lo abbiamo lasciato alla fine proprio per mettere in rilievo le considerazioni sull'articolo 1, comma 4, che offre la possibilità a tutte le sezioni d'Italia dell'Unione di poter avere una commissione provinciale specialistica, che assicuri un vero accertamento della cecità, rigoroso e fatto con le opportune garanzie di chiarezza e precisione. Riteniamo infatti che ciò costituisca un punto di particolare importanza di fronte alle autorità preposte e all'opinione pubblica, che deve aver chiara la serietà dell'Unione e della nostra categoria.

Fino all'ottobre 1998 più della metà delle Sezioni provinciali dell'Unione Italiana Ciechi ha provveduto a far istituire le Commissioni provinciali specialistiche per l'accertamento della cecità, appunto come previsto al comma 4 dell'articolo 1 del Decreto del Ministero del Tesoro in data 5 agosto 1991.

4) PARTE QUARTA: INDICAZIONI OPERATIVE, SUGGERIMENTI E CONSIGLI PRATICI

Tenuto conto di tutte le disposizioni citate, è opportuno cercare di individuare quali sono le indicazioni pratiche che gli organi periferici dell'Unione possono seguire e possono dare agli interessati per essere di aiuto nell'espletamento delle pratiche pensionistiche.

4.1) Domande (moduli e presentazione):

Anzitutto è senza dubbio auspicabile che le Sezioni dell'Unione Italiana Ciechi si procurino ed abbiano a disposizione i moduli per le domande di riconoscimento della cecità, sia ai fini dell'assistenza economica, sia anche ai fini dell'acquisizione di altri benefici, come ad esempio l'esenzione dal ticket, o per ottenere altri vantaggi stabiliti dalla Legge 5 febbraio 1992 n. 104 riguardante l'handicap. Gli impiegati dell'Unione e i dirigenti debbono essere in grado di suggerire la presentazione delle domande opportune ed indicare le modalità da seguire agli aspiranti ai suddetti benefici. Peraltro gli uffici dell'Unione devono ricordare la necessità di presentare il più tempestivamente possibile le domande completate e documentate come prescritto. Infatti si deve ricordare che ogni scadenza di fine mese che venisse superata nella presentazione comporterebbe la perdita di un mese di decorrenza.

E' bene che sia possibilmente l'Unione a presentare le domande dei ciechi, in modo che questi non siano costretti ad affidarsi ai patronati. Questi ultimi infatti, dovendo occuparsi un po' di tutto, non possono avere una precisa competenza anche relativamente a questo particolare tipo di pratiche.

A proposito delle domande occorre tenere presente che, al compimento dei 18 anni di età, è necessario che coloro che a quell'età possono acquisire il diritto alle pensioni presentino la relativa domanda, in coincidenza col fatto che verranno a quel punto convocati per un accertamento sanitario che confermi i loro requisiti di invalidità.

4.2) Certificato oculistico (mancanza requisito cecità, oculisti rappresentanti U.I.C., convocazione a visita collegiale):

Alla domanda deve essere allegato, come è noto, un certificato di un medico specialista oculista. Per poter avere appunto un certificato oculistico "di parte" redatto in forma conveniente per allegare alla domanda, sarebbe bene che le Sezioni dell'Unione avessero e mettessero a disposizione un modulo-questionario da far compilare da uno specialista oculista. Tale modulo dovrebbe venire intestato con il nominativo del minorato della vista e portare opportuni spazi riservati alla diagnosi per ciascun occhio e quindi all'indicazione dell'eventuale residuo visivo, sia naturale, sia corretto, riscontrato dallo specialista in ciascun occhio, oppure all'indicazione espressa della cecità assoluta. A tale proposito si tenga presente che il quinto comma dell'articolo 11 della Legge 27 maggio 1970 n. 382 precisa che la cecità assoluta consiste nella "totale mancanza della vista o ... mera percezione dell'ombra e della luce". In tal senso si è sempre ritenuto fondato ed indicativo il parere espresso dalla Commissione oculistica superiore dell'Opera Nazionale Ciechi Civili, che in data 2 luglio 1964 dichiarò che si può far rientrare nella cecità assoluta, oltre alla percezione della luce, anche la percezione del "movimento della mano a distanza ravvicinata" (convenzionalmente fino a 30 centimetri).

Il certificato oculistico che si allega alla domanda deve comunque indicare la diagnosi e l'eventuale residuo visivo, che in ciascun occhio non deve superare 1/20, anche con eventuale correzione di lenti.

Se invece dal certificato oculistico risultasse un residuo visivo superiore ad un ventesimo sarà poi l'Unione stessa a sconsigliare la presentazione di domande di riconoscimento della cecità ai fini pensionistici. In tal caso si potrà suggerire agli interessati la presentazione di domanda di riconoscimento dell'invalidità civile, semprechè ricorrano gli estremi almeno di quella (presumibile 74% di invalidità). Si dovrà pure tenere presente che dopo aver compiuto i 65 anni gli invalidi civili (come anche i sordomuti) possono presentare domanda solo per l'indennità di accompagnamento o di comunicazione, e non per la pensione.

In tale circostanza gli interessati potranno essere indirizzati alla competente Associazione nazionale, salvo che essi non preferiscano seguire altre loro strade.

Nei casi in cui vi dovessero essere fondati dubbi sul residuo visivo, indicato nel certificato oculistico di parte come "non superiore ad 1/20", l'Unione potrà mettere sull'avviso nei modi più opportuni il proprio oculista in seno alla Commissione competente. Infatti l'oculista dell'Unione è presente a garanzia di tutti i ciechi, ma dei soli veri ciechi. A questo proposito si ricordi che oltre all'oculista rappresentante dell'Unione aggiunto alla Commissione U.S.L., vi è anche l'oculista rappresentante dell'Unione aggiunto alla Commissione medica provinciale per le pensioni di guerra e di invalidità civile.

Anche per il tramite di tali oculisti di fiducia sarà bene che l'Unione mantenga gli opportuni contatti con le Commissioni Sanitarie. Ciò potrà servire anche per sollecitare periodicamente le visite relative ai ciechi, in modo da abbreviare la giacenza delle domande.

4.3) Esiti degli accertamenti sanitari, istruttoria delle pratiche presso le Prefetture:

Una volta che siano state effettuate le visite si comprende che molto importante sarebbe poter avere l'esito dell'accertamento sanitario (sia esso positivo, come anche nel caso fosse negativo), specie per quanto riguarda le pratiche che siano state presentate a cura dell'Unione. In passato tale possibilità era normale. Ora possono aversi delle difficoltà che derivano in particolare dalla Legge 31 dicembre 1996 n. 675, la cosiddetta legge della "privacy". Si tenga comunque conto che quella discussa e discutibilissima legge sulla riservatezza ammette all'articolo 10, comma 4, che vengano comunicati i dati quando vi sia una previsione di legge per tale comunicazione. Per quanto riguarda le pratiche pensionistiche dei ciechi civili tale previsione di legge esiste ed è l'ultimo comma dell'articolo 11 della Legge 27 maggio 1970 n. 382. Ivi si prevede che il Segretario della Commissione trasmetta all'Unione Italiana Ciechi l'elenco dei nominativi dei visitati con l'indicazione dell'esito per ciascuno di essi. Pertanto l'Unione può insistere per avere dalla Commissione tali risultati.

Comunque potranno essere presi contatti con i singoli interessati, che hanno un vantaggio dal comunicare all'Unione gli esiti o addirittura dal fornire copia dei referti. In tal modo l'Unione potrà meglio seguire le loro pratiche. Da tali contatti deriva la possibilità di aiutare gli interessati a preparare la documentazione in modo da poterla presentare, possibilmente attraverso l'Unione stessa, alla amministrazione competente. Così si potrebbe seguire l'istruttoria fino al completamento di ciascuna pratica. Oltre a verificare la regolarità e completezza della documentazione, si dovrebbero aiutare gli interessati a compilare il modulo riguardante i redditi, sia per facilitare persone poco pratiche, sia per evitare loro qualche inconveniente. Ad esempio, talora, in certi moduli, può essere richiesto di denunciare anche i redditi non tassabili. Sarà bene che in questo caso si aggiunga un'apposita scritta: "Reddito non assoggettabile ad Irpef, perciò non computabile ai sensi del'articolo 14 septies della Legge 29 febbraio 1980 n. 33, nonché della circolare 15 gennaio 1990 n. 2 del Ministero dell'Interno alle Prefetture". E come ricordiamo sono redditi non tassabili: pensioni di guerra e per servizio, rendite INAIL, pensioni sociali, pensioni ed indennità erogate dal Ministero dell'Interno, sussidi assistenziali, ecc., secondo la previsione dell'articolo 34 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 601.

Le dichiarazioni dell'interessato, ed in particolare quelle riguardanti i suoi redditi, non hanno bisogno di essere autenticate, dato che la Legge 28/02/1986 n. 45 esonera da tale adempimento "le dichiarazioni di responsabilità da rilasciarsi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali obbligatorie" (articolo 1, comma 8 bis).

Naturalmente a coloro che siano provvisti di redditi assoggettabili ad IRPEF per un imponibile complessivo superiore al limite di legge, fissato per il 1998 appunto in Lire 22.846.235.- sarà necessario precisare che non potranno ricevere la pensione per ciechi civili. In ogni caso essi potranno ricevere l'indennità spettante, essendo comunque le indennità stabilite al solo titolo della minorazione.

La Sezione potrà poi accordarsi con ognuno degli interessati per conoscere da lui l'esito della pratica quale gli verrà comunicato dall'amministrazione competente. Ciò nel caso che l'esito finale non venisse da essa comunicato all'Unione. Peraltro l'associazione anche in tal caso farà bene a ricordare all'amministrazione che, anche dopo la Legge 675 del 31 dicembre 1996 sulla privacy, vi è stata in data 27 maggio 1997 una circolare n. 23 del Ministero dell'Interno nella quale si precisa che alle associazioni rappresentative di categoria almeno i nominativi dei soci che abbiano sottoscritto la delega per il pagamento della quota sociale devono essere comunicati dall'amministrazione competente. Anche da questo esempio risulta chiaro che per poter seguire a dovere le pratiche le Sezioni devono diligentemente approfondire la conoscenza delle circolari che la Presidenza Nazionale invia loro sulla materia. Pure utile sarà sempre la lettura delle circolare dell'amministrazione pubblica che di tempo in tempo sarà competente in proposito.

4.4) Ricorsi in materia amministrativa e giurisdizionale:

Dei ricorsi in materia sanitaria si è già parlato nella parte terza, al paragrafo 2. Nel caso invece in cui ci fosse una decisione amministrativa di carattere negativo ed ingiusta, la Sezione che ne venisse a conoscenza dovrebbe far presentare dall'interessato un tempestivo ricorso, possibilmente aiutandolo a redigerlo. Questo ricorso amministrativo va presentato in raccomandata con avviso di ricevimento alla Amministrazione che ha emesso il provvedimento, entro i 60 giorni dall'avvenuta ricezione da parte dell'interessato della notifica negativa.

Naturalmente l'Amministrazione destinataria può non accogliere il ricorso, o per averlo espressamente respinto, o (come avviene quasi sempre) per non avervi dato risposta alcuna entro 180 giorni da quando lo ha ricevuto. Tale ultima ipotesi configura il "silenzio-rigetto", come risulta dal combinato disposto dell'articolo 6 del D.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199 e dell'articolo 6, comma 8 del già citato Decreto del Ministero del Tesoro n. 387 del 5 agosto 1991. Ciò vale anche per i ricorsi in materia sanitaria. In queste situazioni l'interessato (o il suo legale rappresentante se trattisi di minore o interdetto) può ricorrere al giudice ordinario, che in primo grado è il Pretore in qualità di giudice del lavoro.

Il giudizio, se non accettato dalla parte soccombente, potrà dare luogo ad un secondo grado presso il Tribunale competente per l'appello, nonché ad un procedimento definitivo presso la Corte di Cassazione. Le Sezioni potranno fornire argomenti ai ciechi ricorrenti ed ai loro avvocati, seguendo la pratica nei diversi gradi della causa, in modo da aiutare, consigliando e suggerendo, dopo aver eventualmente indicando agli interessati qualche legale onesto e capace.

In tutti questi casi sarà molto opportuno da parte delle Sezioni informare la Presidenza Nazionale dell'Unione sugli argomenti dei ricorsi e sulle varie vicende della causa.

4.5) Vantaggi associativi da tali attività:

Tutti i comportamenti associativi di cui sopra sono evidentemente a favore dei privi della vista che l'Associazione ha il compito di rappresentare e tutelare. Tuttavia essi, ed altri che si possono fruttuosamente sperimentare, comportano di riflesso anche notevoli vantaggi per l'Associazione stessa. Perseguendo queste modalità di intervento infatti si avranno maggiori probabilità di avere l'iscrizione di nuovi soci e di far conoscere l'Associazione sul territorio. Sarà pure possibile avere da parte dei soci in tal modo assistiti un maggiore attaccamento all'Unione. Esso potrà esprimersi nella continuità dell'iscrizione, nella fedeltà verso l'Associazione, ed anche talvolta nel versamento di contribuzioni utili per le attività dell'Unione.

4.6) Pratiche per ciechi pluriminorati:

Nei confronti dei ciechi che fossero affetti da altre minorazioni (invalidità civile grave dal 74% in su oppure sordomutismo) le nostre Sezioni faranno bene ad adoperarsi (possibilmente attraverso la collaborazione con le consorelle Associazioni competenti, ma se necessario anche direttamente, visto che si tratta di nostri assistiti) alla presentazione delle eventuali pratiche per l'assistenza economica prevista per quelle minorazioni. Si tenga presente però che, se l'invalidità civile non raggiunge il 100%, il limite di reddito, come già si è detto, è pari all'ammontare annuo della pensione sociale: per il 1998 Lire 5.169.450.-.

L'esperienza che l'Unione ha fatto nel campo delle pluriminorazioni potrà essere di sostegno anche alle altre Associazioni competenti, in modo da far valere i sacrosanti diritti di questi soggetti, che meno di tutti sono in grado di difendersi e che più di tutti hanno bisogno.

In materia di pluriminorati si faccia attenzione a qualche situazione particolare, che è necessario illustrare con qualche esempio: Tizio è stato riconosciuto invalido civile e la sua percentuale di invalidità è stata stabilita dalla Commissione Sanitaria tenendo conto tra l'altro di una sua minorazione visiva. Aggravatasi più tardi tale minorazione, lo stesso soggetto viene riconosciuto anche cieco "ventesimista". Però la sua pratica dovrà tornare alla Commissione Sanitaria di primo grado che dovrà scorporare dal suo referto di invalidità civile la minorazione visiva, perché riconosciuta e retribuita a parte. La Commissione dovrà ridefinire la sua percentuale di invalidità civile, che potrebbe così risultare diminuita, con eventuale conseguente perdita della pensione di invalidità civile, se questa non dovesse più spettare con la nuova percentuale.

Si noti invece che Tizio, sebbene riconosciuto "ventesimista", se è titolare di indennità di accompagnamento quale invalido civile totalmente inabile, non perderà tale indennità.

Ciò si ricava dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 346 del 14-22 giugno 1989, confermata dalla circolare n. 23/89 del 28 dicembre 1989 del Ministero dell'Interno alle Prefetture.

La sentenza della Corte Costituzionale è giustamente motivata dal fatto che globalmente la situazione dell'invalido è tale nel caso suddetto da configurare il diritto all'indennità di accompagnamento per invalidi civili assoluti non in grado di deambulare o di compiere gli atti quotidiani della vita.

Se non si fosse deciso così, si sarebbe commessa una ingiustizia, perché le due situazioni sopra considerate verrebbero trattate allo stesso modo, anche se nel secondo caso la minorazione è in realtà più grave.

4.7) Pagamento delle prestazioni pensionistiche:

Sappiamo che normalmente i pagamenti di queste prestazioni pensionistiche avvengono su presentazione del libretto di pensione all'ufficio postale competente. Naturalmente la riscossione può essere fatta anche da una persona di fiducia del titolare, purché si sia provveduto a presentare tempestivamente all'ente erogatore la relativa delega autenticata. Essa potrà essere preparata anche su indicazione delle modalità da parte degli uffici dell'Unione. A parte la possibilità anzidetta di delega in favore di chiunque, si tenga conto che per l'interdetto riscuoterà il tutore, per l'inabilitato il curatore.

La Legge 29 maggio 1989 n. 211 ha previsto, per i titolari di queste prestazioni, la possibilità di farsele versare su un apposito conto corrente postale che volessero eventualmente farsi intestare a tale scopo. Pare peraltro che soltanto pochi invalidi abbiano voluto servirsi di tale possibilità. Gli interessi derivanti dai conti correnti postali non invogliavano i beneficiari di queste prestazioni.

Ora poi è intervenuto il Decreto del Ministero del Tesoro in data 28 novembre 1996 che prevede la possibilità di accreditamento delle prestazioni in questione su conto corrente bancario, come precisato dalla circolare del Ministero dell'Interno in data 29 gennaio 1997 n. 6. Da essa risulta tra l'altro che entro la fine di ogni anno si deve presentare la dichiarazione di esistenza in vita del titolare del conto. Con la diminuzione degli interessi bancari può darsi che ora anche l'accredito in conto corrente postale possa diventare competitivo.

Certo i pagamenti in conto corrente postale e rispettivamente in conto corrente bancario eliminano la necessità di fare delle code per riscuotere le prestazioni. Con ciò evitano anche disagio per l'invalido e persino qualche rischio, legato alla riscossione presso gli sportelli dell'ufficio postale.

4.8) Pratiche per arretrati ad eredi:

Infine l'aiuto dell'Unione potrà giungere fino a favorire gli eredi dei titolari delle prestazioni, che avessero diritto ad arretrati già spettanti al privo della vista e dal medesimo non riscossi. E' opportuno che per questo le Sezioni dispongano dell'elenco dei documenti che vanno allegati a tali domande di arretrati (certificato di morte, dichiarazione attestante gli eredi, delega degli eredi ad uno di essi, eventuale certificato dell'avvenuta denuncia di successione e pagamento delle relative tasse sul Modello 240 dell'Ufficio del Registro per chi non sia parente in linea diretta). Sarà poi facile preparare un fac-simile di domanda per gli eredi indirizzata all'ente erogatore, che potrà essere di volta in volta compilata coi dati del caso. Come è noto poi gli arretrati agli eredi vengono pagati all'erede delegato con procedura dell'ente erogatore al di fuori dei ratei bimestrali e non più dietro presentazione del libretto di pensione, che anzi va riconsegnato all'ente erogatore insieme alla pratica per gli eredi.

4.9) Delega all'Unione Italiana Ciechi per la riscossione della quota sociale mediante trattenuta sulle prestazioni economiche:

Nella Legge n. 641 del 21 ottobre 1978, nel quadro delle norme riguardanti tra l'altro la privatizzazione delle Associazioni nazionali rappresentative di categoria, all'articolo 1 undecies, comma terzo, fu prevista per queste associazioni la possibilità di meglio garantirsi la continuità dell'incasso delle quote associative. Serve per questo una apposita delega sottoscritta dagli interessati in modo da permettere la percezione nel tempo delle quote stesse grazie ad una apposita trattenuta sulle rate della prestazione economica spettante. La trattenuta viene effettuata dall'ente erogatore, che poi provvede a versarla alla associazione di destinazione.

Confidando che l'applicazione di tale norma sia destinata a continuare anche quando l'ente erogatore sarà mutato, è necessario che le Sezioni dell'Unione, a coronamento della tutela offerta agli interessati anche per il buon esito delle loro pratiche, li invitino a firmare la delega in parola, in modo da non dover rinnovare ogni anno la loro iscrizione col pagamento della quota associativa.

4.10) Deroghe al requisito della cittadinanza:

Vi è ancora una avvertenza da dare. Normalmente per avere le prestazioni economiche erogate dal Ministero dell'Interno ai ciechi civili, invalidi civili e sordomuti, è necessario possedere, oltre ai requisiti di minorazione ed al requisito del bisogno economico per le pensioni, anche la residenza in Italia e la cittadinanza italiana.

Per quanto riguarda però tale ultimo requisito occorre notare che le suddette prestazioni del Ministero dell'Interno spettano anche ai cittadini stranieri, di uno stato membro della Comunità Economica europea, purché risiedano su territorio italiano ed esercitino o abbiano esercitato in Italia attività lavorativa subordinata o autonoma o siano famigliari in linea diretta di lavoratori comunitari (coniuge, figli minori o comunque a carico, ascendenti a carico). Tutto ciò è contenuto nella circolare in data 25 novembre 1977 n. 25285/8/25.8810 del Ministero dell'Interno alle Prefetture. La disposizione in parola è riferita al Regolamento Comunitario n. 1612/68 del 15 ottobre 1968 sulla libera circolazione della manodopera (articolo 7, comma 2, sull'uguaglianza dei trattamenti in materia di vantaggi sociali). Ciò comporta naturalmente che i benefici pensionistici della legge italiana non possono essere estesi ai cittadini italiani residenti all'estero.

La circolare del Ministero dell'Interno in data 23 settembre 1996 n. 10 richiamava poi i regolamenti della Comunità Economica europea, rispettivamente del 1971, nonché modifiche approvate nel 1992. In detti regolamenti era stato esteso ai cittadini europei che abbiano lavorato in Italia o anche in altri paesi europei, nonché alle persone a loro carico, il diritto alle prestazioni assistenziali, ed in particolare a quelle riferite ai minorati civili.

In proposito peraltro è più recentemente intervenuta la disciplina della Legge 6 marzo 1998 n. 40, che all'articolo 39 precisa che "ai cittadini stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno non inferiore a 1 anno, e ai minori" iscritti in uno di tali documenti, è espressamente esteso il diritto a varie prestazioni assistenziali, tra cui appunto quelle destinate ai minorati civili.

Quelli sopra indicati sono i consigli di carattere generale, ai quali nei singoli casi andrebbero aggiunti i suggerimenti specifici che le particolari fattispecie possono richiedere.

5) PARTE QUINTA: SVILUPPI DELLA SITUAZIONE E PROSPETTIVE

5.1) Sviluppi

Dopo la storia della pensionistica, che abbiamo tracciato nella "parte prima", ci affacciamo ora sull'attualità, se non anche sul futuribile delle provvidenze in questione.

Dal 1997, dopo anni di discussioni, ha poi cominciato a muoversi la macchina della "riforma dello Stato Sociale", che gradualmente tende ad investire anche questa materia.

Tralasciando l'esame dei molteplici progetti di legge presentati, si può dire che la tendenza generale sia quella di includere le prestazioni economiche in questione in un ampio orizzonte di aiuti a privi di reddito, con la prospettiva (non si sa quanto realistica) di assicurare anche servizi.

L'Unione ha fatto presente in tutti i modi ed in tutte le sedi che è comunque necessario salvare le attuali prestazioni anche per l'avvenire ed in particolare conservare il principio delle indennità al solo titolo della minorazione. Ciò anche nei confronti degli anziani colpiti dalle diverse minorazioni.

Il primo gruppo di norme della "riforma" si è concretizzato nel Decreto Legislativo 31 marzo 1998 n. 112. Quanto riguarda le prestazioni economiche è contenuto negli articoli da 128 a 134.

Anzitutto si noti la lettera "n" dell'articolo 128. Per essa è di competenza dello Stato "la revisione delle pensioni, assegni ed indennità spettanti agli invalidi civili e la verifica dei requisiti sanitari che hanno dato luogo a benefici economici di invalidità civile". Mentre l'espressione "invalidi civili" è genericamente indicata a ricomprendere tutti i minorati per cause civili, resta da chiarire la portata della parola "revisione".

L'articolo 130 al comma 1 afferma che, dopo 120 giorni dall'entrata in vigore del Decreto, la "erogazione" delle prestazioni agli "invalidi civili" è trasferita all'I.N.P.S.. Per il comma 2 dello stesso articolo 130 invece, "la concessione dei nuovi trattamenti economici" agli "invalidi civili" è trasferita alle Regioni. Il comma 4 del suddetto articolo prevede che i ricorsi amministrativi vengano effettuati "secondo la normativa vigente in materia di pensione sociale".

Per l'articolo 132 le Regioni entro 6 mesi dall'emanazione del Decreto Legislativo adottano le leggi di individuazione delle funzioni trasferite o delegate agli enti locali, oppure mantenute da esse regioni. Non è chiaro se vi rientrino le funzioni di concessione delle prestazioni di cui al comma 2 dell'articolo 130. Proseguendo lo stesso comma 1 dell'articolo 132 afferma: "in particolare la legge regionale conferisce ai comuni ed agli altri enti locali le funzioni ed i compiti amministrativi concernenti i servizi sociali relativi a: .... e) i portatori di handicap, i non vedenti e gli audiolesi; .... g) gli invalidi civili, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 130". Peraltro i servizi sociali di cui si tratta dovrebbero riguardare materie diverse da quelle che sono oggetto del nostro esame: dovrebbe trattarsi della istruzione per appartenenti alle tre categorie suddette.

L'articolo 134 dello stesso decreto legislativo prevede la soppressione del "servizio di assistenza economica alle categorie protette" presso la Direzione Generale dei Servizi Civili del Ministero dell'Interno, appunto in conseguenza del trasferimento delle competenze all'INPS e alle Regioni previsto all'articolo 130.

Dopo tale testo di legge vi è stata una circolare telegrafica del Ministero dell'Interno in data 1 luglio, nonché una circolare n. 192 dell'I.N.P.S. in data 20 agosto, relative entrambe alle indicazioni circa il graduale passaggio dei pagamenti dal Ministero dell'Interno all'I.N.P.S.. E' da notare tra l'altro che l'I.N.P.S. erogherà le prestazioni in questione mensilmente, e non più bimestralmente.

Ulteriori notizie circa la gestione delle provvidenze economiche ai minorati per cause civili sono contenute pure nella circolare n. 223 in data 23 ottobre 1998.

5.2) Prospettive

Il Governo ha redatto uno Schema di Disegno di Legge datato 7 maggio 1998 per l'adozione di un "sistema integrato di servizi ed interventi per le situazioni di povertà e disabilità". In tale progetto interessa particolarmente il nostro argomento l'articolo 16.

Nel comma 1 vi si prevede che entro un anno dall'entrata in vigore della legge in progetto il Governo sia delegato ad emanare un Decreto legislativo per il riordino degli assegni ed indennità riferiti a tutte le leggi sulla pensionistica dei minorati per cause civili. La lettera "a" dello stesso primo comma prevede la "riclassificazione" delle prestazioni in parola "e dei relativi importi, che non comporti una riduzione degli attuali trattamenti", né "oneri aggiuntivi". Ciò dovrebbe costituire una garanzia per il futuro, almeno per i titolari delle prestazioni già assegnate. Nel corso della medesima lettera "a" la prestazione indicata al punto "a1" ("reddito minimo per l'invalidità totale") dovrebbe potersi identificare nelle attuali pensioni per gli invalidi civili totali, per i ciechi e per i sordomuti (anche se la definizione di "invalidità totale" lascia perplessi).

Venendo al punto "a2" ("reddito minimo per l'invalidità parziale") vi si potrebbe identificare la pensione per invalidi civili parziali.

Alla lettera "a3" si fa esplicito riferimento alle indennità di accompagnamento e di comunicazione, che vi sono previste al titolo della minorazione.

Nel successivo punto "a4" si tratta della "indennità assistenziale per i soggetti anziani non autosufficienti". Essa è espressamente dichiarata "non cumulabile con l'indennità di cui al punto a3" (cioè con le indennità di accompagnamento e di comunicazione). Il carattere, che si direbbe "sostitutivo", della indennità per gli anziani può comportare preoccupazioni. Qualche riformatore infatti potrebbe avere una concezione particolare della disabilità degli anziani; potrebbe cioè voler considerare le disabilità insorte negli anziani semplicemente come un portato dell'età. Il concetto è semplicistico e vorrebbe non tenere conto delle situazioni reali. Per esemplificare: un cieco anziano è altrettanto ed allo stesso modo cieco, con tutte le conseguenze che tale stato comporta, come ogni altro privo di vista. Inoltre è praticamente impossibile distinguere chi sia divenuto cieco "per senilità". Ciò in quanto tutti sono divenuti ciechi a causa di determinate forme morbose o di incidenti o altro, potendo sempre essere indicata una specifica origine, una diagnosi che può essere senz'altro uguale a quella riferita ad un cieco più giovane. E come sarebbe mai possibile discriminare distinguendo le situazioni di due ciechi, magari entrambi affetti da glaucoma, per il solo fatto che uno dei due ha presentato domanda prima di compiere i 65 anni, mentre l'altro la presenta dopo averli compiuti, pure se, forse, ne avrebbe avuto titolo anche prima? Si noti poi che la discriminazione si riferirebbe praticamente alle indennità, che per definizione sono concesse e vengono confermate "al titolo della minorazione". Si aggiunga che dette indennità non sono riferibili alla capacità o incapacità di lavoro, bensì agli oneri derivanti dalla minorazione, che negli anziani non sono certo minori, a parità della minorazione stessa.

E' quindi assolutamente necessario che le indennità rimangano anche ai ciechi ed agli altri minorati civili anziani al solo titolo della minorazione. E' necessario che venga scongiurato questo pericolo, che attualmente sembra essere il più grave. E' infatti facile immaginare che il Governo pensi di sottoporre l'indennità "assistenziale" di cui al punto "a4" a limiti di reddito. Ciò sarebbe estremamente negativo anche e specialmente per i ciechi e per l'Unione. Si pensi infatti che la grande maggioranza dei privi di vista che aderiscono all'Unione è formata proprio da ciechi anziani.

Nella lettera "b" del medesimo comma 1 si tratta della definizione delle "condizioni reddituali individuali per l'accesso agli emolumenti di cui alle lettere a1) e a2)". Ivi si fa riferimento al Decreto Legislativo n. 109 dello stesso 31 marzo 1998. In tale Decreto è richiamato tra l'altro l'I.S.E. (Indicatore della Situazione Economica), che altro non è se non il famoso "redditometro". A tale proposito però è necessario che le associazioni rappresentative, a cominciare dall'Unione, ricordino alle autorità competenti che in un documento firmato dal Ministro per gli Affari Sociali e confermato dal Presidente del Consiglio, datato 10 marzo 1998, si è escluso il ricorso al "redditometro" per quanto riguarda le provvidenze agli invalidi e che tale impegno vale nei confronti della Federazione delle Associazioni degli Invalidi.

Alla successiva lettera "c" si accenna alla disciplina del "regime transitorio", tra la situazione attuale e la futura concessione delle prestazioni "ridefinite". Vi si dichiarano "salvi i diritti acquisiti anche in riferimento all'entità del beneficio, per coloro che già fruiscono dei preesistenti trattamenti economici". Anche questa dovrebbe essere una ulteriore garanzia.

Alla lettera "d" si riconoscono le "misure economiche anche ai disabili o anziani ospitati in strutture residenziali". Peraltro vi si prevede l'utilizzo di parte degli emolumenti come partecipazione alla spesa "ferma restando la conservazione di una quota a diretto beneficio" dell'interessato. E qui sarà necessario far bene attenzione ai dettagli che il legislatore intenderà praticamente inserire nella norma.

Alla lettera "e" si prevede la "revisione" delle commissioni sanitarie di accertamento "dell'invalidità civile", nonché la "semplificazione delle procedure di accertamento". L'espressione "invalidità civile" vale qui per tutte le diverse minorazioni per cause civili. Sarà necessario stare ben attenti che gli accertamenti per quanto riguarda la cecità ed anche l'altra minorazione sensoriale, cioè il sordomutismo, siano ben distinti dagli accertamenti della "invalidità civile" in senso stretto. Essi dovranno essere affidati ai relativi specialisti (oculisti o otorinolaringoiatri) ed essere effettuati da Commissioni su base provinciale, come già si è chiarito al paragrafo n. 4 della "parte terza" del presente lavoro, dove si è illustrata la possibilità offerta in questo senso dal Decreto del Ministero del Tesoro 5 agosto 1991 n. 387, al comma 4 dell'articolo 1. Quanto alla "semplificazione delle procedure di accertamento" sanitario, sarà efficace se condurrà ad una maggiore serietà ed efficienza. Ciò in particolare per quanto riguarda le "revisioni e le verifiche", che vanno effettuate esclusivamente da specialisti, e non, come dal Ministero del Tesoro attraverso sanitari non competenti nelle specifiche minorazioni, per non parlare del sistema delle autodichiarazioni degli interessati circa le proprie minorazioni.

Nel comma 2 dell'articolo 16 del Disegno di Legge in esame si afferma che "Il Governo .... adotta forme di consultazione con le associazioni dei disabili". E' sperabile che tali consultazioni siano sufficienti, per numero e per qualità, non aperte a plutoni di associazioni quasi prive di aderenti, bensì riservate alle Associazioni che per legge rappresentano gli invalidi.

L'articolo 17 "(Criteri per l'accertamento delle condizioni reddituali)", nel comma 1 torna a riferirsi al Decreto Legislativo 31 marzo 1998 n. 109. Come si è detto sopra, le nuove norme non dovranno riferirsi al "redditometro" presente nel Decreto in parola. Si aggiunge qui che, al comma 2 del medesimo articolo, si fa riferimento alla "composizione del nucleo familiare". Ciò mentre alla lettera "b" dell'articolo 16, comma 1, si indicano espressamente le sole "condizioni reddituali individuali per l'accesso agli emolumenti". Sarebbe dunque sperabile che l'articolo 17 non si riferisse alle prestazioni cui il presente lavoro è dedicato.

5.3) Ulteriore ipotesi

Il Comitato ristretto della Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati ha a sua volta redatto uno schema di proposta di legge avente come titolo: "Disposizioni per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali", il cui testo porta la data del 16 settembre 1998. Esso rappresenta una rielaborazione dello schema già visto e datato 7 maggio 1998. Per quanto riguarda la nostra materia è soprattutto importante osservare l'articolo 25, che può essere opportunamente confrontato con l'articolo 16 del testo di cui al paragrafo n. 2 della presente "parte quinta".

Occorre qui di seguito individuare ed esaminare i punti in cui l'articolo 25 si allontana da quel suo precedente o anche ne diverge:

Al successivo articolo 26 si tratta delle verifiche delle condizioni reddituali. A tale scopo vien fatto nuovamente riferimento al Decreto legislativo n. 109 del 31 marzo 1998. Questa reiterazione ci costringe a ripetere le riserve già avanzate ricordando l'impegno governativo a non applicare il "redditometro" nei confronti dei disabili.

Al comma 2 dello stesso articolo 26 sulle verifiche delle condizioni reddituali, come già nell'articolo 17 dello schema del 7 maggio, si torna a fare riferimento alla "composizione del nucleo familiare". Anche su tale argomento si ripetono le riserve già formulate nel corso del paragrafo 2 ("Sviluppi") della presente "parte quinta".

L'articolo finale dello schema del 16 settembre (articolo 31) è dedicato alle abrogazioni. Nel corso del comma 2 si afferma che alla data di entrata in vigore della legge di delega di cui all'articolo 25, comma 1, sarebbero abrogate tutte le leggi ora vigenti e riguardanti le prestazioni economiche per ciechi civili, invalidi civili e sordomuti. Ciò sarebbe gravissimo ed anzi disastroso per le tre categorie interessate, in quanto metterebbe nelle mani del Governo tutta la materia in questione. E ciò senza avere alcuna garanzia, perché lo schema sopra descritto non è né chiaro, né esauriente, né soddisfacente, né in definitiva accettabile. La pura e semplice abrogazione di quelle leggi infatti, non solo toglierebbe di mezzo le norme di dettaglio, che spesso evidenziano differenze motivate e significative, ma nemmeno salverebbe i principi fondamentali sui quali si regge tutto il sistema e che non possono essere ignorati o rimossi da chi in particolare non ha al proprio attivo alcuna esperienza e si muove esclusivamente su premesse ideologiche, che spesso rischiano di essere irreali, oltre che del tutto discutibili nel merito.

E' evidente che, rispetto allo schema in data 7 maggio 1998 analizzato nel corso del paragrafo 2 di questa parte quinta, lo schema qui richiamato presenta pesanti deformazioni negative e peggioramenti del tutto inaccettabili da chiunque conosca i presupposti e lo sviluppo storico delle conquiste dei disabili in tale campo.

5.4) Atteggiamenti conseguenti dell'Unione

Quelle sopra riportate erano le prospettive principali all'inizio dell'autunno 1998, che si è stati costretti ad esaminare analiticamente per cercare di scoprire il senso e le implicazioni delle norme previste. Poiché l'impostazione politica era già nota, almeno nelle linee essenziali, circa un anno prima che fossero resi noti i testi sopra richiamati, ci sembra opportuno ricordare le indicazioni date in proposito dagli organi dell'Unione Italiana Ciechi, circa gli atteggiamenti da prendere. Il 6 e 7 settembre 1997 l'Assemblea Nazionale dei Quadri Dirigenti e rispettivamente il Consiglio Nazionale si sono pronunciati in modo inequivocabile ed a grande maggioranza per difendere ad oltranza le conquiste associative in materia pensionistica. Ciò, in particolar modo, in riferimento alla necessità di escludere e respingere ogni tentativo di limitare la concessione dei benefici economici al titolo della minorazione ai soli ciechi che non abbiano compiuto i 65 anni. Alle medesime conclusioni è giunto il Congresso Nazionale dell'Unione svoltosi esattamente 2 mesi più tardi. Analoghe decisioni sono state ribadite dall'Assemblea Nazionale dei Quadri Dirigenti il 6 giugno 1998, dopo che il medesimo avviso era stato espresso il giorno precedente dalla competente Commissione nazionale per i problemi pensionistici.

Certo i contenuti dello schema del 16 settembre 1998, sopra descritto al paragrafo 3 della presente "parte quinta" rendono anche più pesante la situazione. Tra l'altro si dovranno tenere in conto gli sviluppi dopo la crisi di Governo e le successive fasi politiche.

In ogni modo le suddette precedenti prese di posizione rendono del tutto evidente quale potrà e dovrà necessariamente essere l'atteggiamento ed il conseguente comportamento dell'Unione in proposito in occasione del prossimo evolversi della situazione.

Non sarebbe infatti in alcun modo possibile ammettere una sostanziale sovversione del patrimonio di conquiste ottenute in alcuni decenni di impegno dell'Unione e che verrebbe messo in forse da chi sembra avere presenti i problemi della povertà più che le difficoltà e gli oneri derivanti dalle minorazioni per cause civili.

6) PARTE SESTA: PROVVIDENZE INTEGRATIVE LOCALI

Negli scorsi decenni le varie Regioni a statuto speciale, esclusa la Sardegna, su richiesta dei locali Consigli Regionali e degli altri organi periferici dell'Unione competenti per territorio, hanno emanato leggi regionali con le quali hanno concesso ai ciechi civili provvidenze integrative rispetto a quelle disposte dallo Stato. A tutt'oggi tali provvidenze sono rimaste in vigore solo nella Regione autonoma Valle d'Aosta e nella Regione "Trentino-Alto Adige". Tale ultima Regione era stata la prima a promuovere una iniziativa legislativa per la concessione di un assegno regionale ai ciechi civili (Legge Regionale 25 agosto 1962 n. 14). Dopo il 1972 la competenza legislativa regionale in tale materia è stata poi ereditata dalle Provincie Autonome di Trento e di Bolzano, che l'hanno esercitata distintamente.

Nella Valle d'Aosta vi è una indennità integrativa di entità piuttosto notevole, soprattutto per i ciechi assoluti.

Nelle due Provincie Autonome menzionate vi sono assegni integrativi, anch'essi di entità diversa per i ciechi assoluti e rispettivamente per i ventesimisti.

In tutti e tre gli ambiti territoriali di cui sopra gli assegni sono concessi al solo titolo della cecità.

E' interessante poi rilevare che la Provincia Autonoma di Bolzano, valendosi di norme dello Statuto speciale di autonomia, ha altresì emanato proprie leggi riguardanti l'intera disciplina delle pensioni ed indennità per ciechi civili, sordomuti ed invalidi civili.

La prima legge in tal senso fu emanata nel 1978 (Legge provinciale di Bolzano n. 46 del 21 agosto 1978). Si trattò di un lavoro piuttosto imponente, che riordinava tutta la normativa statale in materia. L'Unione, che anche in tale occasione ha offerto all'Ente pubblico una collaborazione determinante, ha potuto ivi ottenere anche alcune disposizioni di maggior favore rispetto a quelle praticate dallo Stato (ad esempio pensione di entità unica e superiore, tredicesima mensilità anche sulle indennità). E ciò naturalmente anche a vantaggio dei sordomuti e degli invalidi civili.

Quanto alla Provincia Autonoma di Trento, oltre alle leggi sull'assegno integrativo anzidetto, ha emanato anche una legge provinciale sugli accertamenti sanitari, proprio nell'anno 1988, riuscendo così a sottrarre i ciechi e gli altri invalidi trentini agli inconvenienti della "legge Amato" ed anche a quelli delle successive "Commissioni calderone".

Naturalmente quello stesso risultato si è potuto ottenere anche a Bolzano, dove la legge citata del 1978 ha pure disciplinato gli accertamenti delle varie invalidità, mantenendo anche qui distinte le Commissioni specialistiche per i ciechi, i sordomuti, gli invalidi civili.

Infine anche la Provincia Autonoma di Trento, dopo oltre quattro anni di defatiganti trattative con le associazioni di categoria (prima tra tutte l'Unione) ha legiferato per recepire e riordinare tutte le norme statali vigenti in materia. Si tratta della Legge Provinciale di Trento in data 15 giugno 1998 n. 7.

In tale legge l'Unione ha ottenuto non solo di salvare le commissioni specialistiche provinciali per gli accertamenti sanitari delle minorazioni sensoriali, ma anche di conservare la partecipazione delle associazioni agli organi collegiali competenti per la decisione amministrativa sulle pratiche, in prima ed in seconda istanza. Come è avvenuto anche a Bolzano, la legge di riordino delle norme statali ha incluso anche le norme sugli assegni provinciali integrativi, che sono stati conservati.

7) PARTE SETTIMA: CONCLUSIONI

Nelle linee che si sono venute tracciando in questo testo, si è cercato di articolare il riassunto dell'intero quadro delle prestazioni economiche esistenti nel nostro Paese per i ciechi civili. Nello stesso tempo si è cercato di dare qualche minimo necessario riferimento alle normative concernenti le altre categorie, ottenute da queste ultime in analogia a quanto era stato pionieristicamente conquistato dall'Unione. Se il complesso di queste norme risulterà pesante e complicato, ciò non sarà da addebitare a nostra colpa, derivando piuttosto dalla molteplicità poco ordinata degli interventi legislativi e da qualche presa di posizione confusa da parte della burocrazia.

Si è dovuto limitare l'esame alle sole prestazioni assistenziali del Ministero dell'Interno, senza poterlo estendere anche alle prestazioni degli Enti Previdenziali. Per queste ultime necessiterebbe uno studio a parte, a cominciare dalle norme di favore ottenute nel campo delle disposizioni sulle pensioni erogate dall'I.N.P.S.. In tale settore meritano particolare menzione:

Si tratta comunque di una materia da approfondire a parte, anche perché resa più complessa dalle disposizioni legislative generali, specialmente sulle "pensioni di anzianità", quali si sono succedute dal 1995 al 1998.

I dirigenti dell'Unione nelle sue articolazioni territoriali, i dipendenti ed i collaboratori dell'Associazione, ed in modo particolare le persone alle quali presso le singole sezioni è affidato il compito di occuparsi della pratiche di pensione, potranno sperabilmente giovarsi nel loro impegno delle notizie e dei suggerimenti contenuti nel presente lavoro.

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