Logo dell'UIC Logo TUV

Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Scheda formativa sulle problematiche dei pluriminorati

01.Premessa generale

La presente scheda formativa si propone di fornire ai Dirigenti ed ai Rappresentanti dell'Unione Italiana Ciechi per le problematiche dei minorati della vista con difficoltà di apprendimento, di conoscenza e di relazione, ai tre livelli, nazionale, regionale e provinciale, nonché agli operatori delle istituzioni educative, riabilitative e sociali del settore, valide indicazioni per un approccio concreto, coerente e significativo alle molteplici e complesse problematiche socio-psico-pedagogiche, medico-riabilitative, professionali ed occupazionali dei non vedenti pluriminorati.

Per non suscitare facili entusiasmi, riteniamo doveroso precisare che le indicazioni teoriche e le proposte operative contenute nella presente scheda formativa non possono considerarsi esaustive di un problema dalle molteplici sfaccettature ed implicazioni, che richiederebbero un'indagine ben più complessa e conoscenze certamente più approfondite ed articolate che coinvolgono esperti e specialisti di una molteplicità di settori.

Occorre, inoltre, sottolineare che si tratta di un approccio a situazioni alquanto complesse e variegate per il combinarsi ed il sovrapporsi di deficit di varia natura ed entità che comportano interventi e programmi educativi e riabilitativi individualizzati e soggetti a sperimentazione e verifiche pressoché quotidiane.

Riteniamo, tuttavia, che la presente scheda offra elementi sufficientemente validi per un primo qualificato approccio con i soggetti non vedenti pluriminorati e per l'individuazione delle strutture più idonee all'attuazione di qualificati ed efficaci programmi educativi e riabilitativi che ne promuovano il recupero totale o parziale mediante la piena valorizzazione di tutte le potenzialità presenti in ciascun individuo.

1. Parte prima

1.1 Cenni storici

Fino all'inizio degli anni settanta, la storia dei soggetti non vedenti con difficoltà di apprendimento, di conoscenza e di relazione e' storia di sofferenze, di precarietà economiche, di indigenza igienico-sanitaria, di emarginazione sociale e familiare, di abbandono e di isolamento pressoché totali.

Sul piano economico, la loro storia si e' sviluppata in stretta sintonia con quella dei privi della vista cosiddetti normodotati.

Il miglioramento della loro condizione economica è coinciso con la graduale evoluzione del trattamento pensionistico della categoria dei minorati della vista.

Esso, dunque, è il portato dell'azione di rivendicazione promossa e sviluppata con grande determinazione, coerenza e continuità, fin dalle sue origini, dall'Unione Italiana Ciechi, la quale, soprattutto negli ultimi anni, consapevole della maggiore entità qualitativa e quantitativa dei bisogni vecchi ed emergenti dei ciechi pluriminorati, ha fortemente accentuato la propria pressione sul Governo e sul Parlamento per ottenere, per tale categoria di soggetti, benefici economici più consistenti ed estesi anche ai minori in relazione alle loro maggiori necessità di natura sociale ed assistenziale, nonché alla situazione di precarietà economica in cui, il più delle volte, versano le loro famiglie.

Tale azione è stata ampiamente coronata da successo, anche se l'entità dei bisogni dei soggetti non vedenti pluriminorati esige ben altri impegni finanziari per poter assicurare ad essi supporti adeguati ed una vita dignitosa.

Ai buoni risultati conseguiti in campo economico non hanno fatto, però, riscontro successi di rilievo in campo educativo, riabilitativo, della formazione professionale e dell'inserimento nel tessuto produttivo.

Fino all'inizio degli anni settanta, infatti, i ciechi pluriminorati medio-gravi, gravi e gravissimi venivano considerati, tranne qualche rarissima eccezione, irrecuperabili.

Essi, pertanto, ove la famiglia non fosse stata disponibile a mantenerli nel proprio ambito (e ciò si verificava nella stragrande maggioranza delle situazioni), venivano ricoverati in istituti o in ospizi a carattere meramente custodialistico ed assistenzialistico.

Ed in vero, fino all'inizio degli anni settanta, la stessa Unione Italiana Ciechi si occupava di tali soggetti soltanto in quanto minorati della vista, ma non anche perché portatori di altri deficit neurosensoriali o fisici.

Gli Istituti speciali per ciechi, anche quando la normativa statutaria li avrebbe obbligati ad occuparsi dei ciechi pluriminorati, preferivano rivolgere il proprio impegno educativo verso i minorati della vista cosiddetti normodotati, accogliendo, tutt'al più, non vedenti pluriminorati con lievi deficit intellettivi o fisici, i quali, conseguita la licenza elementare, venivano ammessi alla frequenza dell'avviamento professionale, soprattutto per essere avviati ad attività manuali semplici di intreccio e di impagliatura.

Era forte in tutti, infatti, il convincimento che per i soggetti non vedenti pluriminorati gravi e gravissimi non vi fossero oggettive possibilità di recupero neppure parziale.

L'Istituto Romagnoli, nella seconda metà degli anni sessanta, cominciò ad occuparsi dell'educazione dei soggetti non vedenti pluriminorati, organizzando a questo proposito una sezione clinico-pedagogica all'interno della scuola elementare. Questa prima esperienza evidenziò la complessità del problema ma anche il suo grande significato educativo e sociale.

A cominciare dall'inizio degli anni settanta è esploso l'interesse per le problematiche di tali soggetti, soprattutto da parte degli Istituti speciali per ciechi, messi in crisi dalle contestazioni sessantottesche e dalla tendenza divenuta, a seguito di ciò, prevalente all'inserimento dei ciechi normodotati nelle scuole comuni.

Il rischio di svuotamento e di chiusura degli Istituti indusse dirigenti ed operatori ad intraprendere nuove strade, ancorché più tortuose e difficili, per evitare la perdita del posto di lavoro o trasferimenti in sedi più lontane e scomode.

Che questa preoccupazione fosse alla base delle nuove scelte è provato dal fatto che, almeno per un quinquennio, il dibattito intorno alle problematiche dei soggetti pluriminorati, più che su questioni sostanziali, verteva su argomenti di natura nominalistica.

Si discuteva, cioè, sul come definire tali soggetti (handicappati, svantaggiati, minorati, pluriminorati, plurihandicappati, etc.) senza, peraltro, pervenire a conclusioni univoche e senza addentrarsi nella natura e nella complessità dei problemi per ricercarne le soluzioni.

Tutto ciò evidenziava lo stato di disagio, di disorientamento e di scarsa conoscenza dei dirigenti e degli operatori delle istituzioni educative, posti di fronte a situazioni nuove e ben più impegnative dei compiti svolti in precedenza.

Fra le prime iniziative occorre ricordare il lavoro di Sabina Santilli che, ancor prima degli anni settanta, aveva portato avanti, ad Osimo, delle iniziative per soggetti cieco-sordi.

I presupposti pedagogici, metodologici, sociologici e medico- riabilitativi per l'avvio di un serio programma di interventi a favore dei ciechi pluriminorati, furono posti nel Convegno organizzato nel gennaio del 1975 dall'Istituto Serafico di Assisi, il quale, con tale iniziativa, avviava un processo di riorganizzazione delle proprie strutture ed attività psicopedagogiche e medico-riabilitative su base sperimentale, data la scarsità di elementi conoscitivi disponibili.

Tale scelta venne sancita definitivamente con D.M.P.I. 12-10- 1978, la cui attuazione, tuttavia, incontro' resistenze burocratiche ed anche reticenze da parte degli operatori non facilmente disponibili ad un radicale mutamento di mentalità e di metodi operativi.

Ne seguirono situazioni di conflittualità consistenti nella rivendicazione di spazi di autonomia, dietro la quale, sovente, si celava una forte riluttanza ad operare con soggetti difficili ed imprevedibili.

Il Convegno Internazionale organizzato ancora in Assisi dall'Istituto Serafico nell'ottobre 1981 con la partecipazione dei più qualificati esperti nazionali ed internazionali del settore, contribuì ad un serio approfondimento di tutte le tematiche aperte, attraverso un interessante e costruttivo interscambio di esperienze e di conoscenze.

Sono da menzionare anche i Convegni tenuti ad Osimo nel 1981 e a Numana nel 1987 nei quali si è evidenziato il problema del cieco pluriminorato sia per le problematiche di tipo educativo, sia nel versante lavorativo. L'UIC, a seguito del Convegno di Numana, ha elaborato appositi Quaderni tuttora reperibili.

In parallelo con l'esperienza dell'Istituto Serafico si sviluppavano altre iniziative in varie parti d'Italia: Trieste (Istituto Rittmeyer), Cannero (Fondazione Holmann), Trento (Servizio di Consulenza), Napoli (Istituto Martuscelli), Roma (Centro Regionale per ciechi).

Nel 1980 anche l'Istituto di Palermo ha promosso l'apertura di una sezione per pluriminorati con modalità sperimentali per colmare le pressanti richieste dell'utenza nel territorio siciliano.

1.2 Le iniziative più recenti

Il Centro Regionale per ciechi S. Alessio-Margherita di Savoia, di Roma, nel settembre 1991 ha aperto una sezione diurna per soggetti pluriminorati nell'età post-scolastica. L'accoglienza è riservata a 15 soggetti.

La Fondazione Hollman dagli inizi degli anni novanta opera anche con una struttura riabilitativa-educativa a Padova.

L’Istituto di Palermo dopo l’entusiasmo iniziale degli anni Ottanta, ha registrato una lunga pausa di inattività operativa ma dal 1996 ha ripreso con impegno e apprezzabile profitto il discorso riabilitativo educativo per soggetti pluriminorati provenienti prevalentemente dalla regione siciliana.

A San Giovanni Rotondo (FG) è sorto un Centro di consulenza e riabilitazione per le famiglie e i soggetti pluriminorati denominato "Gli Angeli di Padre Pio". L’azione educativa e riabilitativa di questo Centro si fonda su criteri metodologici moderni che prediligono, il recupero della funzione visiva in soggetti da 0 a 3 anni. L’intervento di consulenza e il progetto di recupero si realizzano attraverso l’accoglienza periodica del soggetto pluriminorato e della sua famiglia.

Fondamentale importanza assumono i Seminari organizzati dall’UIC Nazionale, si ricorda in particolar modo quello organizzato nel marzo 1997 presso il Martuscelli di Napoli, e i molti corsi di aggiornamento che l’Irifor nazionale organizza per gli insegnanti di sostegno che operano con soggetti ciechi pluriminorati al fine di rendere maggiormente professionale l’intervento educativo e riabilitativo dei ciechi pluriminorati inseriti nelle scuole comuni.

Dal 1998, per favorire una maggiore sensibilità e conoscenza delle problematiche inerenti la pluriminorazione, l’Unione Italiana Ciechi si rivolge all’opinione pubblica, alle amministrazioni locali e alla classe politica ad ogni livello, attraverso l’organizzazione della Giornata Nazionale del cieco pluriminorato e mediante anche un opuscolo illustrativo delle tipologie e delle specificità delle pluriminorazioni.

E’ allo studio di un’apposita commissione nominata dalla Direzione Nazionale dell’UIC, un progetto, denominato "Mercurio", che tende a favorire l’accesso alla comunicazione e quindi alla cultura dei soggetti cieco-sordi mediante ausili informatici.

L’Unione Italiana Ciechi riserva particolare attenzione alla sensibilizzazione delle famiglie, alle quali vengono offerti supporti finalizzati alla creazione delle condizioni per un coinvolgimento del nucleo familiare nel cui ambito il soggetto, totalmente o parzialmente recuperato, dovrà tornare a vivere, nei processi educativi e riabilitativi.

1.3 Il ruolo dei rappresentanti dell'Unione Italiana Ciechi

Alla luce di quanto fin qui esposto, possiamo far discendere i compiti e le competenze dei rappresentanti dell'Unione Italiana Ciechi per le problematiche dei non vedenti pluriminorati ai tre livelli: nazionale, regionale e provinciale.

E' opportuno chiarire preliminarmente che essi hanno compiti consultivi e funzioni tecniche che, tuttavia, assumono grande rilevanza per la vitalità degli organi associativi deliberanti dei quali sono diretta emanazione.

Si precisa che il loro ruolo è organizzativo e di coordinamento di tutte le varie attività.

2. Parte seconda

2.1 Il ruolo dell'Unione Italiana Ciechi

Nel concetto di pluriminorazione è sottintesa l'associazione di due o più deficit sia sensoriali che del sistema nervoso centrale.

Quest'ultimo, a sua volta, si può esprimere come danno prevalentemente neuromotorio o prevalentemente cognitivo, associato o meno a minorazioni fisiche o ad un disturbo della personalità.

L'Unione Italiana Ciechi, fino ad oggi, si è essenzialmente preoccupata di risolvere gli aspetti economici del problema, conseguendo, indubbiamente, risultati alquanto significativi, anche se ancora insufficienti rispetto alla natura ed all'entità dei bisogni dei soggetti pluriminorati non vedenti.

Ora, però, pur senza trascurare tale aspetto certamente rilevante, l'Unione Italiana Ciechi si pone, con maggiore forza, l’obiettivo prioritario del recupero educativo, riabilitativo, sociale ed occupazionale dei soggetti non vedenti pluriminorati mediante la valorizzazione di tutte le potenzialità presenti in ciascuno di essi.

Ciò sarà tanto più possibile, quanto più precoce e globale sarà l'intervento delle strutture e dei servizi psicopedagogici e medico-riabilitativi specializzati.

Si pone, pertanto, la necessità di studiare e di attivare sollecitamente meccanismi capillari ed efficaci mirati all'individuazione dei soggetti non vedenti pluriminorati o, comunque, a rischio per avviarli tempestivamente al trattamento terapeutico ed educativo ritenuto più idoneo in relazione alla natura ed alla gravità del danno.

In tale ottica, appare fondamentale stabilire rapporti di collaborazione attiva con le strutture materno-infantili, oculistiche e di assistenza sociale, con i medici di base e di distretti socio-sanitari, con i parroci per ottenere, pur nel rispetto della riservatezza, informazioni utili all'individuazione dei ciechi pluriminorati, aggirando, in tal modo, le reticenze, le resistenze e le vischiosità frapposte, non di rado, dalle famiglie.

Nel contempo, è indispensabile individuare, almeno su scala regionale, ma meglio sarebbe provinciale, strutture disponibili a farsi carico delle problematiche riabilitative, educative, sociali e della formazione professionale dei soggetti non vedenti pluriminorati, senza escludere la possibilità di intervenire anche su altre patologie che non presentino deficit visivi.

Tutto ciò si rivela ancor più valido nella prospettiva della costituzione dei centri regionali come previsti dalla legge 284 dell’agosto 1997. Per meglio collegarsi con essa si rende indispensabile l'organizzazione di seminari finalizzati alla formazione di quadri dirigenti capaci di stabilire approcci positivi con i ciechi pluriminorati, con le loro famiglie, con le loro problematiche e con le strutture socio-psico-pedagogiche e medico-riabilitative che operano nel territorio.

L'organizzazione più capillare possibile sul territorio nazionale di una rete di esperti sulle problematiche dei non vedenti pluriminorati e' essenziale e preliminare all'assunzione, da parte dell'Unione Italiana Ciechi, di iniziative mirate all'individuazione di tali soggetti ed al loro recupero sociale.

Muovendo da tali considerazioni, riteniamo doveroso sintetizzare i compiti, le competenze e le modalità operative rispettive secondo la tabella appresso riportata.

2.1.1 Commissione Nazionale per le problematiche dei ciechi pluriminorati

2.1.2 Rappresentanti regionali UIC

2.1.3 Rappresentanti UIC provinciali

Si sottolinea l'esigenza di non affidare il doppio incarico di rappresentante della Commissione Istruzione e della Commissione Pluriminorati per rendere più fluido il proprio apporto partecipativo.

Le attività della Commissione nazionale e delle Commissioni consultive e dei Comitati tecnici regionali e provinciali dovranno svolgersi in sintonia con le direttive degli organi statutari decisionali dell'Associazione dei quali sono diretta emanazione.

L'UIC studierà le modalità per il finanziamento dell'équipe nazionale e provinciale.

3. Parte terza

3.1 Il concetto di pluriminorazione

3.1.1 Il ruolo della famiglia, della scuola e della riabilitazione

Il soggetto pluriminorato con compromissione totale o parziale della funzione visiva presenta vari tipi di handicap associati per lo più in rapporto ad una cerebropatia di varia entità. Possono riscontrarsi, in concomitanza, sul piano sensoriale minorazioni visive/uditive; sul piano motorio disturbi del tono, delle posture, del movimento; sul piano affettivo-relazionale, difficoltà di interazione con l'altro, asocialità, chiusure autistiche. A tutto ciò vanno aggiunti poi i deficit intellettivi. Possono essere compromesse tutte le funzioni relative alle condotte di base: deambulazione, alimentazione, igiene della persona, controllo sfinterico. La pluriminorazione non è quindi un evento definito o definibile, ma può identificarsi con un'associazione di più patologie. Il quadro presentato dal soggetto è evolutivo, sia in positivo che in negativo. Di conseguenza si ipotizza che l'intervento debba essere precoce, dinamico, centrato sulla globalità disfunzionale e mirante all'obiettivo della autonomia, rivolto al soggetto come appartenente al nucleo familiare e sociale. Una volta attuata la rete di informazioni di cui alla parte seconda, il rappresentante UIC dovrà coordinare tutte le iniziative per aiutare la famiglia nel proprio ruolo educativo al fine di far comprendere che è molto importante offrire esperienza di vita emozionale, effetto di un rapporto affettivo positivo. La famiglia di fronte all'evento ha, o può avere, reazioni di rifiuto o di ipostimolazione; a volte si preferisce attendere la maturazione psicofisica di un bambino senza intervenire. Si rimanda il problema, e ciò è gravemente compromettente per il futuro del soggetto.

3.1.2 Necessità di una diagnosi

Di solito, purtroppo, la diagnosi non precoce (primo trimestre di vita) è limitata ad alcuni aspetti (danno visivo - danno motorio) e induce verso interventi parziali o settoriali. In molti casi gli aspetti educativi generali passano in second'ordine e, purtroppo, si attribuiscono al danno visivo gli ulteriori deficit di tipo psicomotorio, o cognitivo, o riferiti all'autonomia personale. In questo modo si perde del tempo prezioso. Se il rappresentante UIC viene a conoscenza di una situazione di pluriminorazione in età neonatale, comprenda che l'intervento precoce può portare ad ottimi miglioramenti e, quindi, non rinvii ogni forma di trattamento al secondo anno di vita. L'intervento precoce dovrà essere indirizzato a:

Sarà opportuno evitare per quanto possibile la medicalizzazione del caso poiché il termine medico è associato a terapia e guarigione, eventi che possono risultare impossibili.

Sarà invece consigliabile il parlare di interventi educativi realizzabili da più figure specialistiche, che agiscono sulla persona del bambino.

Il rappresentante UIC potrà motivare ogni forma di precocità di intervento adducendo la ragione che le disfunzioni sono la conseguenza di non attivazione delle strutture cerebrali e che vi è rischio di un peggioramento delle prestazioni del soggetto se non si crea un ambiente di vita familiare adeguato.

Qualora possibile, inviare un operatore specializzato a domicilio, per aiutare le relazioni madre-figlio, per suggerire strategie educative e per consigliare su come stimolare la sensibilità residua.

In sintesi si dovrà attuare una rete di collegamenti e di collaborazioni attraverso le quali la famiglia si senta seguita, compresa ed aiutata. Non si ritiene utile caricare di responsabilità operative i genitori né di far assumere loro ruoli squisitamente tecnici, invece sarà opportuno agire affinché possano offrire ugualmente le cure, le attenzioni, le forme di giuoco e di scambio di cui il figlio ha bisogno. In termini pratici bisogna far comprendere come sia più importante riacquisire la funzione di essere genitori.

3.1.3 La fase della scuola materna

E' sempre consigliabile la frequenza della scuola materna che spesso è evasa dal soggetto pluriminorato.

Il rappresentante dell'UIC dovrà consigliarne la frequenza ai genitori, attuando una serie di strategie:

Le richieste di intervento riabilitativo alle famiglie devono, invece, inquadrarsi nelle effettive possibilità delle stesse, senza trascenderle e deviarle su forme inattuabili e, perciò stesso, inaccettabili.

L'aiuto della famiglia al bambino pluriminorato deve essere offerto in modo sistematico, continuativo e finalizzato, non condizionato dalla richiesta di gratificazione immediata e non deve decadere nell'atto ripetitorio ed abituale, deprivato di stimolazioni autentiche e di significato affettivo.

Questa fase educativa può caratterizzarsi in tre aspetti:

3.1.4 Il ruolo della scuola

Nell'affrontare il ruolo della scuola nell'atto educativo e riabilitativo dei non vedenti pluriminorati, è prioritariamente necessario precisare se ci si riferisce alla scuola speciale, a quella struttura, cioè, che specificatamente si occupa del trattamento riabilitativo connesso con una specifica tipologia di pluriminorazioni, che si avvale in toto di tecniche apposite, che opera interamente con personale specializzato, o se, invece, ci si riferisce alla scuola comune, ossia a quella che la società predispone per tutti e che si fa carico di accogliere anche gli alunni pluriminorati, adeguando i propri ritmi e le proprie tecniche alla presenza di questi.

L'antitesi tra scuola speciale e scuola comune, che, ancor oggi, travaglia la società italiana, a nostro parere, è più apparente che reale, più di forma che di sostanza.

Si potrebbe, infatti, liquidare facilmente il problema, sciogliendo il dilemma che vi sta alla base con una chiara affermazione di principio, per la quale ciò che maggiormente interessa è la scelta della tecnica metodologica per la riabilitazione educativa, della capacità di elaborare un piano di intervento che abbia le caratteristiche dell'oggettività, della continuità e della finalizzazione, che disponga delle strutture di integrazione specialistiche necessarie per il trattamento, a tutti i livelli, degli effetti primari e secondari derivanti dalla pluriminorazione.

Definite le tecniche metodologiche e precisati i contenuti del piano di intervento, assume una importanza secondaria l'ubicazione dell'intervento stesso nella scuola speciale o in quella ordinaria.

Riconsiderando, poi, gli aspetti essenziali della questione in una dimensione pedagogica, che precede la considerazione sociologica, si potrebbe affermare che la contrapposizione tra scuola speciale e scuola ordinaria non sussista, essendo le due realtà un diverso modo di prospettarsi della scuola considerata come entità sociale operatrice di educazione e portatrice di valori universali.

In molti casi la struttura della scuola ordinaria è ancorata agli stereotipi di trasmissione del sapere ed al ruolo degli insegnanti e, tranne alcuni rari casi, ancor oggi, non è scuola dove non vi siano banchi ben allineati, libri di testo, insegnanti colti ed alunni attenti e disciplinati.

In una scuola così strutturata ed organizzata, difficilmente è possibile rinvenire spazi idonei per il bambino non vedente pluriminorato.

Tra i banchi allineati, egli ci sta stretto, non riesce a muoversi agevolmente, non trova e non scopre la propria identità.

I libri di testo non hanno per lui alcun significato e sono inutili suppellettili, ai quali si accosta con diffidenza e con disinteresse.

Gli insegnanti colti hanno un linguaggio incomprensibile che accentua la sua incomunicabilità, la difficoltà, dell'adeguamento alla disciplina.

Lo sforzo di apprendere per apprendere esula dalle sue tensioni psicologiche volte a realizzare una sorta di biotipo nuovo e diverso.

Si individuano, allora, nel contesto della scuola comune piccoli spazi pedagogici fatti su misura per il tipo delle minorazioni e si inventano figure nuove di docenti nel nostro ordinamento scolastico, che operano con una coscienza professionale ancora crepuscolare tra l'attività custodialistica ed assistenzialistica e l'intervento nobilitativo e quotidianamente sperimentale.

I piccoli spazi pedagogici, che giovano più alla tranquillità, degli altri alunni normali che alla riabilitazione dei soggetti pluriminorati, non sono, però, sufficienti, di per sé, a far nascere i piani di intervento con le caratteristiche precedentemente evidenziate.

Si pensa, allora, allo spazio pedagogico appositamente attrezzato e dotato del necessario materiale riabilitativo, disciplinato da orari e da ritmi di intervento specifici con la presenza di docenti specializzati e disponibili ad operare lo specifico intervento e ad assumere i nuovi ruoli che la scuola richiede.

Rinasce, così, nella scuola comune la scuola speciale, che diviene tale proprio perché si impone ad essa di attuare tecniche metodologiche diverse, appositamente studiate per il trattamento degli effetti della minorazione e per il conseguimento di obiettivi che sostanzialmente si differenziano dalla scuola, la quale si allontana sempre più, divenendo indifferente ed estranea alla presenza dei soggetti pluriminorati.

Ma, pur con questi limiti, gli spazi pedagogici all'interno della scuola comune devono essere, senza dubbio, preferiti rispetto alla concentrazione dei soggetti non vedenti pluriminorati in complessi unitari appositamente costituiti per il trattamento educativo e riabilitativo di specifiche tipologie di pluriminorazione. Esso, infatti, risponde almeno a due esigenze socialmente primarie: assicurare la continuità della collaborazione del nucleo familiare alla riabilitazione educativa dei soggetti pluriminorati e tenere socchiusa la porta dell'aula di tutti anche a questi alunni.

Vi è, inoltre, l'affermazione di un principio non secondario che assicura l'alternatività della scelta, che consente di prevedere, sulla base della definizione di oggettive tecniche metodologiche e di chiari piani di intervento, di fornire risposte sempre adeguate ed a portata delle diverse condizioni socio-economiche, familiari ed ambientali in cui la scuola si colloca.

Se la socializzazione dei soggetti non vedenti pluriminorati costituisce l'obiettivo finale della congiunta opera della scuola e della famiglia, essa deve passare attraverso l'acquisizione delle fondamentali capacita' di partecipazione.

Il rappresentante dell'UIC dovrà agire da mediatore del processo di inserimento coordinando il discorso educativo e pedagogico attuato dalla famiglia e dagli insegnanti.

La sua funzione non dovrà limitarsi quindi a fornire il materiale e i sussidi, ma dovrà stimolare gli operatori scolastici sulla reale coscienza del loro agire chiedendo di poter verificare assieme alla famiglia il progetto di lavoro attuato, gli obiettivi raggiunti, o non raggiunti, per dimensionare meglio le aspettative. Nel caso vi sia un rigetto, anche non palese, dell'alunno, dovrà far comprendere che il tempo scolastico è di per sé un'esperienza senz'altro migliore del tempo che passerebbe restando nella famiglia, e come la frequenza della struttura scolastica possa aiutare la famiglia stessa nella sua opera educativa, difficile e priva di grosse gratificazioni.

Il rappresentante dell'UIC potrà anche offrire alla scuola la consulenza di operatori specializzati che affianchino le figure docenti e, laddove carenti, offrano anche risposte per la stesura della diagnosi funzionale.

Recenti disposizioni ministeriali hanno permesso l'attuazione del P.E.I. (piano educativo individualizzato) che deve essere fatto in collaborazione fra la famiglia, i docenti, il personale medico e riabilitativo. La normativa prevede che la famiglia possa far presenziare alle riunioni esperti di propria fiducia; in questa ottica il rappresentante UIC potrà partecipare o potrà delegare gli operatori specializzati nel partecipare alle riunioni, nelle quali si elaborerà il progetto verificando se gli specialisti nel formulare la diagnosi funzionale e il profilo dinamico-funzionale tengano conto, oltre che della cecità, anche delle altre minorazioni aggiuntive o parallele.

Riguardo alla figura dell'insegnante di sostegno è opportuno richiedere, quando possibile, la continuità didattica, al fine di evitare, all'alunno pluriminorato, gli effetti continui di un frastornamento relazionale e psicologico.

3.1.5 La riabilitazione - I centri di riabilitazione

Per la tipologia del danno da cui sono affetti, per molti soggetti pluriminorati è richiesto l'intervento di figure specialistiche, a livello motorio, a livello di terapia occupazionale, di recupero del linguaggio, che svolgono la loro funzione, o a domicilio, o nei centri convenzionati o privati.

Parliamo quindi di esperti o di terapisti. Obiettivo e metodo di lavoro preminente del terapista deve essere una presa in carico, il più possibile globale e precoce, dei disturbi affrontati, utilizzando metodiche ed associazioni di metodiche finalizzate, che procedano concentricamente per anelli funzionali integrati.

Non esiste, infatti, nel bambino possibilità di evoluzione neuropsichica stabile, che sia solo settoriale.

La sfera neurodinamica cognitiva e quella emotiva devono poter maturare parallelamente per garantire al bambino una crescita armonica, pur nel difetto di base.

Fondamentale è che l'approccio riabilitativo tenga conto non solo della pluridimensionalità dell'intervento, ma anche dei rischi che un trattamento troppo specifico comporta.

La precocità dell'intervento assume particolare importanza per una serie di ragioni che possiamo sintetizzare nei seguenti punti:

Tutta una serie di studi e di esperienze dimostrano come sistema psichico e sistema neurodinamico siano due poli ad influenza reciproca e come lo sviluppo delle relazioni oggettuali, da un lato, funga da motore per lo sviluppo della motilità e dall'altro ne sia il risultato.

La possibilità di organizzare tecniche di intervento rispettose di questo principio e facilmente trasmissibili ai genitori ed agli altri operatori consente, dunque, più facilmente la rottura di schemi abnormi sia di carattere motorio che mentale prima che essi si stabilizzino definitivamente, rendendo più problematica la ricostruzione di nuovi modelli di adattamento.

L'anticipazione della salute ottenuta con tali metodiche non è importante soltanto per il bambino, ma anche per i genitori.

E' necessario, pertanto, sviluppare il massimo di impegno per far sì che i genitori comprendano il significato della malattia del figlio ed accettino in modo consapevole la terapia.

Ciò significa fornire ad essi informazioni esaurienti sulla patologia presentata dal figlio, sulla probabile etiologia, sugli aspetti neurofunzionali della stessa in relazione allo sviluppo, sullo scopo del trattamento e sulla difficoltà di formulare precise previsioni prognostiche anche relativamente alla sua durata, poiché questo aspetto si rivela estremamente dipendente da fattori legati alla sfera emotivo-affettiva del bambino, che viene sempre valorizzata.

Richiedere ai genitori un ruolo attivo nella riabilitazione del figlio, pur comportando qualche comprensibile difficoltà iniziale, contribuisce a ridurre l'ansia ed i sentimenti di colpa nei riguardi della malattia del bambino.

Bisogna evitare, però, di incorrere nell'errore di ridurre il loro ruolo a quello di tecnici deputati a mere sollecitazioni motorie e sensoriali.

4. Parte quarta

4.1 Il ruolo delle istituzioni

Appare indispensabile prevedere, accanto al sostegno diretto assicurato dagli operatori specialisti con ruoli e con compiti ben definiti, una specifica forma di sostegno attuato da strutture che estendano e consolidino l'opera di socializzazione del bambino non vedente pluriminorato non agevolmente attuabile nel limitato nucleo familiare.

Ci riferiamo a centri territoriali aperti e sensibili alla presenza di soggetti non vedenti pluriminorati, ad associazioni o gruppi autonomi che non si pongano come scopo principale dello stare insieme quello di assistere o di sostenere con interventi saltuari e sporadici l'opera delle famiglie e dei tecnici, ma realizzino un modello di società privo di barriere psicologiche e sociali.

In questi modelli dovrebbe incentrarsi l'azione più ampia di sensibilizzazione della società.

Concluso l'iter scolastico, occorre provvedere alla formazione professionale di tutti quei soggetti non vedenti pluriminorati, i quali, recuperati parzialmente o totalmente, siano ritenuti idonei all'espletamento di attività lavorative, ancorché semplici, e predisporre laboratori protetti nei quali avviare tali soggetti ad attività occupazionali, avendo presente non tanto il fine produttivistico in senso stretto, quanto, piuttosto, quello di offrire ad essi una ragione di vita, facendoli sentire, in qualche misura, utili a se stessi, alla famiglia ed alla società.

In tali strutture, ciascuno di essi produrrà in rapporto alle proprie potenzialità operative.

Le Regioni e gli Enti locali dovranno promuovere ed agevolare la loro formazione professionale ed incentivare la costituzione di laboratori protetti, anche misti, per evitare che la permanenza continua in famiglia, senza un minimo di attività e di interessi diversi, provochi nuove situazioni di emarginazione.

Le pubbliche istituzioni dovranno, altresì, assicurare la necessaria assistenza domiciliare e momenti di animazione sociale e culturale a tutti i soggetti pluriminorati che, per la natura e l'entità delle minorazioni, non abbiano conseguito l'autonomia personale.

L'Unione Italiana Ciechi, in tale ottica, deve svolgere un'intensa ed incisiva azione promozionale e di stimolo, mettendo a disposizione delle strutture educative e riabilitative degli enti ed istituzioni pubbliche e private il portato della propria esperienza ultrasettantennale, collaborando nella progettazione e nell'organizzazione dei servizi nazionali, regionali e locali.

4.2 Il ruolo della ricerca

Molteplici sono le cause che determinano gravi difficoltà e carenze nell'azione di recupero educativo, riabilitativo e sociale dei soggetti non vedenti pluriminorati: tardiva presa di coscienza delle loro problematiche socio-psico-pedagogiche e medico-riabilitative, assenza pressoché totale di supporti di varia natura alle famiglie, mancanza di personale veramente specializzato e disponibile, carenza quasi assoluta di strutture educative e riabilitative veramente qualificate, grave assenza di servizi sociali pubblici, scarsa sensibilità ed interesse da parte delle istituzioni pubbliche e della società, etc.

Ma una delle cause fondamentali è certamente rappresentata dalle gravi carenze che si registrano nel settore della ricerca scientifica, medica, riabilitativa, protesica, educativa, pedagogica, psicologica, didattica e metodologica, abbandonata alla sensibilità ed all'inventiva di pochi ricercatori, senza alcun coordinamento e con grande scarsità di risorse umane, materiali e finanziarie.

Tale stato di cose costringe gli operatori della riabilitazione educativa e funzionale dei soggetti pluriminorati ad agire con larghi margini di estemporaneità e di improvvisazione.

I risultati o sono deludenti o tardano notevolmente a manifestarsi.

Gli articoli 1 e 2 del D.P.R. 31 maggio 1974, n. 419, prevedono, per gli Istituti e le Scuole che operano con soggetti pluriminorati, la possibilità di attivare forme di sperimentazione psicopedagogica, medico-riabilitativa, educativa, metodologica e degli ordinamenti scolastici allo scopo di individuare modelli di strutture e metodologie di intervento idonei al recupero globale di tali soggetti.

Ma le autorità scolastiche hanno frapposto tutta una serie di formalità e di difficoltà di natura burocratica, le quali, unitamente all'assenza quasi totale di supporti finanziari, di fatto, hanno reso inapplicabili le disposizioni contenute negli articoli di legge sopra citati, vanificando, in concreto, le buone intenzioni degli operatori e delle scuole ed istituzioni che avevano manifestato la disponibilità all'attuazione di forme di sperimentazione in sintonia con le previsioni del D.P.R. 31- 05-1974, n. 419, che, peraltro, costituivano la premessa indispensabile per il buon esito dei contenuti della legge n. 517/77.

La legge 15 marzo 1997 n. 59, meglio conosciuta come legge sull’autonomia scolastica, all’articolo 21, indica come l’autonomia organizzativa sia finalizzata alla realizzazione della flessibilità, della diversificazione, dell’efficacia e dell’efficienza del servizio scolastico all’integrazione ed al miglior utilizzo delle risorse e delle strutture. Con l’emanazione del D.M. n. 765 del 27/11/1997, ogni singola scuola potrà deliberare forme di sperimentazione che superino il vincolo della unitarietà del gruppo-classe e si aprano alla realizzazione di una flessibilità dell’orario, anche nel rispetto del principio dell’integrazione scolastica degli alunni con handicap. Inoltre si prevede l’attuazione di iniziative di recupero e la realizzazione di attività gestite in collaborazione con soggetti esterni, operanti nel territorio per l’integrazione.

Particolare attenzione deve essere posta alla legge 104/92, che ha ridisegnato il quadro degli interventi di assistenza e di educazione riferiti alla persona handicappata.

Da tutto ciò consegue la necessità di promuovere, stimolare ed incentivare, con ogni mezzo, la ricerca nei settori precedentemente indicati, coinvolgendo istituzioni scolastiche comuni e speciali, le Università, il C.N.R., le strutture medico-riabilitative pubbliche e private, le industrie operanti nei settori dell'informatica e, più in generale, della ricerca protesica, etc., poiché dai risultati della ricerca dipende, in larga misura, la possibilità concreta di allargare gradualmente e con esiti positivi gli orizzonti di recupero educativo, riabilitativo, sociale ed occupazionale dei soggetti non vedenti pluriminorati.

Le pubbliche istituzioni statali, regionali e locali dovranno essere indotte a mettere a disposizione della ricerca nei settori indicati le risorse finanziarie necessarie e ad eliminare gli ostacoli di natura burocratica che si frappongono, insidiosi e vischiosi, allo sviluppo di tali attività.

5. Assistenza economica

Si è già accennato al fatto che i risultati raggiunti in materia sono senz'altro apprezzabili. Qui di seguito si cerca di riassumere la situazione delle prestazioni economiche del Ministero dell'Interno quale si presenta dopo l'emanazione della legge 31 dicembre 1991 n. 429:

Per informazioni più precise e dettagliate sulle prestazioni di assistenza economica si fa rinvio alla scheda formativa sulla pensionistica, ed in particolare alla parte seconda di tale documento, nonché al n. 7 della parte quarta.

E' evidente che la prospettiva della presentazione di pratiche di assistenza economica può costituire un utile strumento per il prezioso censimento dei pluriminorati, che altrimenti presenterebbe maggiori difficoltà.

Inoltre l'acquisizione dei referti (verbali di visita delle Commissioni sanitarie) potrà servire agli operatori per formulare proposte di massima salvo restando il successivo approfondimento da svolgere in vista delle idonee forme di riabilitazione che evidentemente costituiscono lo scopo fondamentale di tutti gli interventi.

6. Riferimenti legislativi a livello nazionale

Per quanto riguarda la previdenza con il beneficio dei 4 mesi per ogni anno di servizio svolto, ai ciechi pluriminorati si applicano le stesse disposizioni previste per i lavoratori non vedenti.

Lo stesso dicasi per quanto riguardo le norme relative all’assunzione obbligatoria.

Scelta Rapida