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Il Progresso

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Numero 11-12 del 2010

Titolo: Ambiente- 2050: la nostra data di scadenza

Autore: di Paolo C. Conti


Articolo:
(da «Focus» n. 217-2010)
Entro 40 anni dobbiamo limitare i nostri consumi e adottare uno stile di vita sostenibile. Dopo sarà tardi
Jared Diamond insegna geografia alla University of California. Un mestiere fuori moda, in un'epoca in cui molti sono convinti di conoscere il pianeta. Ma questa convinzione sparisce in pochi minuti conversando con questo signore di 73 anni, che studia il collasso delle civiltà del passato per trovare il modo di evitare il nostro. Un collasso che, a suo dire, è una possibilità molto concreta. Sta imparando l'italiano, la sua sesta lingua. E parlando in italiano ci ha dedicato un'ora del suo tempo.
D. L'umanità sta crescendo, tanto in termini demografici quanto nei consumi. Sappiamo che questo è un problema. Ma è anche un fatto naturale, non le pare?
R. E’ vero. Crescere è un fatto normale per la maggior parte delle civiltà. Ma la nostra, per la prima volta, si trova di fronte a una situazione nuova: le risorse a cui facciamo appello si stanno esaurendo. La nostra civilizzazione, così come agisce oggi, ha una scadenza. Se entro i prossimi 40 anni non saremo stati capaci di limitare i nostri consumi, finiremo per oltrepassare le possibilità di sostentamento che il pianeta ci offre. Per esempio: se continueremo ad abbattere le foreste tropicali con il ritmo attuale, saranno tutte scomparse entro il 2030, salvo quelle in Amazzonia e nel Congo. E un discorso analogo vale per acqua, suolo, petrolio.
D. Ma come abbiamo fatto ad arrivare a questo punto? Ci sono troppi di noi che svolgono un'attività che non è direttamente legata al nostro sostentamento?
R. Questo non è un problema fondamentale, perché con il passare degli anni la produttività dell'agricoltura è cresciuta notevolmente. Nell'antico Egitto un agricoltore poteva nutrire 4 persone oltre a se stesso. Fra i Maya, 2 mila anni prima di Cristo, 2 agricoltori riuscivano a produrre cibo per le loro famiglie e per un'altra persona. Oggi un agricoltore americano riesce a produrre cibo per sé e per altre 100 persone ed è probabile che il miglioramento tecnologico incrementerà ulteriormente questo rapporto in futuro. Il vero problema non è nel modo in cui ci relazioniamo con l'ambiente.
D. Per evitare il collasso della nostra civiltà dovremo ridurre il nostro tasso di crescita, oppure usare la tecnologia e la scienza per aiutarci a mantenere il nostro ritmo attuale riducendo il nostro impatto sull'ambiente?
R. Non dobbiamo smettere di crescere, ma modificare il modo in cui lo facciamo. Tuttavia, come scrisse anni fa un economista non convenzionale, in un mondo di risorse limitate ci sono solo 2 tipi di persone che credono nel mito della crescita illimitata: i pazzi e gli economisti. L'idea che l'umanità possa crescere senza limiti col modello attuale è priva di fondamento. Abbiamo ormai quasi raggiunto il nostro limite in termini di risorse utilizzabili e dobbiamo agire al più presto per preservarle, il che comporta un cambiamento nel nostro modo di vivere. Trent'anni fa credevamo che il problema più rilevante della nostra civiltà fosse la sovrappopolazione. Siamo cresciuti da 1,5 miliardi a 6,5 miliardi in poco più di un secolo e questo ci ha spaventati.
Oggi sappiamo però che la questione cruciale non è, almeno adesso, il numero di persone che abitano la Terra, ma la quantità di risorse che ognuna di queste persone consuma. Il quadro cambia in modo radicale, perché il tasso di consumo non è uguale per tutti gli esseri umani. Un africano consuma un volume di risorse 32 volte inferiore rispetto a un americano. Quindi, visto in una prospettiva ambientale, un americano è 32 volte più pericoloso di un kenyano. Oggi pare che il tasso di crescita della popolazione stia rallentando e si pensa che in 30 anni il numero di individui che popolano la Terra sarà pari a «solo» 9 miliardi. Il che sarebbe una buona notizia, visto che teoricamente il nostro pianeta è in grado di sostenere questo numero di persone. Il problema è che chi abita nel Terzo mondo desidera raggiungere il livello di consumi di chi appartiene al mondo civilizzato e questo, se dovesse avvenire, renderebbe insostenibile la vita sulla Terra.
D. Eppure il Primo mondo continua a promettere al Terzo mondo che il suo livello di consumo crescerà...
R. E’ un inganno crudele. Ci ostiniamo a illudere i Paesi in via di sviluppo che, se sapranno adottare le politiche economiche che suggeriamo loro tramite il Fondo Monetario Internazionale e la pressione dei nostri governi, riusciranno a raggiungere il nostro livello di benessere materiale. Ma è impossibile. Perché se tutti consumassero come nel Primo mondo avremmo già esaurito le risorse del pianeta. Quale può essere la soluzione? Recuperare un equilibrio, facendo in modo che i Paesi più sviluppati riducano i propri consumi e consentendo a quelli in via di sviluppo di incrementare i propri. Avvicinare questi 2 mondi è l'unica via possibile per garantire alla nostra civiltà la sostenibilità di cui ha bisogno



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