Numero 6 del 2002
Titolo: I racconti del mistero
Autore: Redazionale
Articolo:
La cornamusa di Kirk McCormick
L'idea era nata in una di quelle giornate calde estive che si trascorrono all'ombra di una frondosa quercia, chiacchierando del più e del meno con gli amici. Per la precisione l'aveva lanciata Roberto, che a un tratto aveva detto: «Perché stasera non andiamo a visitare la villa abbandonata dei McCormick?».
Daniela era stata la prima ad accettare con entusiasmo, spalleggiata dalla sorella minore Tina. E il resto della «banda dei cinque», Giovanni e la sorella Ivana, si era dichiarata d'accordo.
Per la verità la mamma di Daniela e Tina aveva sollevato qualche obiezione all'idea che le due ragazze uscissero dopo cena, ma dopo tutto Villardone era un tranquillo paese di campagna dove non c'erano i pericoli della città e alla fine il sospirato permesso era stato concesso.
Ovviamente nessuno aveva accennato, però, per prudenza, alla progettata spedizione.
Alle 9 e un quarto la banda dei cinque era ferma davanti alla cancellata arrugginita della villa, in un punto in cui una sbarra divelta permetteva di passare nel giardino.
«Sono almeno dieci anni che non viene più nessuno» disse Giovanni, mentre si infilava tra le sbarre. Chissà come mai. La gente del paese ricordava che il proprietario, Kirk McCormick, era un omaccione dai capelli rossi che amava suonare sempre la cornamusa dopo il tramonto.
Il giardino si era trasformato, per l'incuria, in una giungla, una giungla che grazie alla luce della luna proiettava paurose sagome nere. I cinque avanzavano per i vialetti stando molto vicini, come per farsi coraggio. Ma se qualcuno aveva paura non l'avrebbe certo ammesso.
«E se provassimo a vedere se la porta d'ingresso è aperta?» sbottò a un tratto Giovanni: e senza attendere risposta salì la gradinata del frontone e provò a spingere il pesante portone di legno.
«Uh, non si muove» esclamò deluso.
«Ma questa porticina sì» disse Roberto, che si era allontanato di tre o quattro metri sulla destra e aveva provato a spingere una porticina di servizio.
«Non sta bene entrare in casa d'altri» disse Tina, ma neanche lei era troppo convinta di quello che stava dicendo.
Giovanni fu il primo ad avanzare e portarsi vicino a Roberto. «Bè, in fondo diamo solo un'occhiatina. Non facciamo niente di male. Basta non toccare nulla».
Dalla porticina si apriva uno strettissimo corridoio, che dopo qualche metro svoltò a destra e si immise in una grande sala rivestita di pannelli di legno. Al centro c'era un'enorme tavola fratina con una trentina di sedie e sulla sinistra una grande scalinata portava a un loggiato che la luce delle torce elettriche non riusciva a raggiungere.
«Sembra proprio la villa degli spettri...» dichiarò Ivana con voce incerta. E in quel momento dal loggiato si udì provenire un suono... una musica... Daniela si sentì balzare il cuore in gola. Era un pezzo per cornamusa, l'Orso Nero, un classico della musica scozzese.
«Uau!» fece Giovanna e la torcia elettrica le sfuggì di mano infrangendosi per terra. «Ho paura!»
Nessun altro lo disse così apertamente, ma un istante dopo «la banda dei cinque» aveva infilato di corsa il corridoio ed era tornata all'aperto inseguita dalle note incalzanti dell'Orso Nero.
Quando furono fuori tirarono un sospiro di sollievo e si guardarono in viso, sconvolti. Da lì. Il suono della cornamusa non si udiva più.
«Forse il signor McCormick è tornato» disse Tina, che tutto sommato sembrava la meno spaventata.
Ma Ivana stava tirando per la manica il fratello verso il varco della cancellata. «O forse è il suo fantasma!» esclamò. «Andiamocene via, io qui non ci resto».
Fu allora che Roberto scoppiò in una risata e tirò fuori di tasca una scatoletta nera. «Calma, gente» disse, soffocando le risa. «E' stato tutto uno scherzo. Ieri ho collocato un registratore nel loggiato con incisa la musica dell'Orso Nero e stasera quando siamo entrati l'ho fatto partire con questo telecomando». L'elettronica era sempre stata il suo forte. «Mi sembra che lo scherzo sia riuscito bene, vero?».
Gli altri gli lanciarono un'occhiata tale che Roberto fece un passo indietro, preoccupato. «Ehi, gente, calma! Era solo uno scherzo...».
In quel momento un improvviso soffio di vento spazzò il giardino e dalla sommità del tetto, dove sorgeva una piccola torretta quadrata, si levò sonoro il suono di una cornamusa, un suono triste e delicato.
Ma la «banda dei cinque» non stette ad ascoltare e si infilò di corsa nel varco della recinzione. «Questa volta io non c'entro!» gridava Roberto. «Non guardate me!».
Forse lo spirito del signor Kirk McCormick era tornato nella sua casa prediletta...
83px,auto,auto,483px);}