Logo dell'UIC Logo TUV

Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere dei Ciechi

torna alla visualizzazione del numero 2 del Corriere dei Ciechi

Numero 2 del 2012

Titolo: ITALIA- V Giornata Nazionale del Braille

Autore: Tommaso Daniele


Articolo:
Lettera al Presidente del Consiglio e ad altre Autorità di Governo e della Politica

Sono Tommaso Daniele, Presidente Nazionale dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, un universo di circa due milioni di persone minorate della vista. Un disabile visivo, Simone Salvagnin, porterà la Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle persone con disabilità sulla cima del vulcano Ojos del Salado in Cile a 6.891 mt. e poi in tandem fino alla Terra del Fuoco. Questa iniziativa è piaciuta molto alla nostra base associativa che mi ha invitato a portare la Convenzione delle Nazioni Unite nei luoghi della politica affinché venga onorata la firma e la ratifica. Ho il dovere di rappresentarvi la rabbia e la indignazione dei ciechi e degli ipovedenti italiani che da un po' di tempo a questa parte vedono crollare, l'uno dopo l'altro, i diritti conquistati al prezzo di duri sacrifici e tutto questo mentre le Nazioni Unite hanno approvato il più alto documento di civiltà giuridica riguardante i diritti dei disabili. In particolare i ciechi e gli ipovedenti, come del resto gli altri disabili italiani, sono arrabbiati ed indignati per la campagna mediatica contro i falsi ciechi ed i falsi invalidi che sembra organizzata per combattere i ciechi veri ed i disabili veri. I ciechi e gli altri disabili gravi sono arrabbiati ed indignati per il contenuto dell'art. 5 della legge 214 del 2011 c. d. manovra «Salva Italia» che mette in discussione l'indennità di accompagnamento al titolo della minorazione, una delle più belle pagine della civiltà giuridica. I ciechi e gli ipovedenti italiani sono arrabbiati ed indignati per la cancellazione del contributo concesso all'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti con Legge 24 del 1996, finalizzato all'erogazione di servizi essenziali per la qualità della loro vita. La cecità rappresenta una minorazione gravissima, i cui condizionamenti si sono accresciuti con l'avvento della civiltà delle immagini, (l'83% delle informazioni che arrivano al cervello passano attraverso il canale visivo) che incide non soltanto sulla mobilità della persona cieca, ma su tutti gli aspetti della vita: l'istruzione, la formazione professionale, il lavoro, l'informazione, la cultura, la prevenzione della cecità, la riabilitazione, l'accesso ai beni culturali, alle attività sportive ed al tempo libero. La cancellazione del contributo, prevista dal comma 17 dell'art. 4 della Legge di stabilità 2012, costringe la nostra organizzazione a sospendere l'erogazione dei servizi con gravissimo pregiudizio dell'integrazione sociale dei ciechi e degli ipovedenti italiani. Il 13 dicembre 2011 i ciechi e gli ipovedenti italiani hanno incontrato i Prefetti delle diverse province italiane portando un documento che i Prefetti hanno inviato alla Presidenza del Consiglio ed al Ministro dell'Interno. Quel documento è rimasto senza risposta; ancora una volta, alle sacrosante rivendicazioni dei ciechi e degli ipovedenti si risponde con la noncuranza, con il muro del silenzio. A nome dei ciechi e degli ipovedenti italiani voglio dire grazie per l'impegno che il Governo sta profondendo per portare il nostro Paese fuori dalle secche della crisi economica che attraversa l'intero pianeta. I ciechi e gli ipovedenti intendono fare sino in fondo la loro parte, ma non possono pagare due volte: come cittadini e come disabili. I ciechi e gli ipovedenti italiani mi invitano con grande determinazione, ad organizzare una manifestazione di protesta. Noi non abbiamo le bombe carta dei pescatori né i tir degli autotrasportatori, ma anche se li avessimo non vorremmo mai usarli perché siamo contro la violenza e crediamo nello stato di diritto. I ciechi e gli ipovedenti rivendicano solo il diritto di esigere concretamente quei diritti che l'art. 3 della nostra Costituzione riconosce a tutti i cittadini, in nome della uguaglianza, e quelli che la Convenzione delle Nazioni Unite riconosce in particolare ai disabili. Mettiamo fiduciosi nelle vostre mani la Convenzione delle Nazioni Unite affinché il Governo, nella sua interezza, ne faccia buon uso. Auspico che i rappresentanti del Governo possano trovare, anche per i ciechi e gli ipovedenti, qualche minuto del loro prezioso tempo per conoscere da vicino almeno qualcuna delle nostre più urgenti problematiche. In attesa, saluto con rispetto e fiducia. Tommaso Daniele

Al fine di sensibilizzare gli utenti della rete sulle nostre indennità di accompagnamento, la sezione dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Roma ha realizzato un documento sotto forma di lettera aperta al Presidente Monti, qui di seguito: Lettera aperta al Presidente Monti Illustrissimo Presidente, sarà capitato anche a Lei di lasciar vagare la mente in quelle regioni nebbiose nelle quali è gradevole avventurarsi senza limiti di spazio o di tempo. Poi, senza sapere né come né perché, improvvisamente scoprire un sentiero che si fa vieppiù nitido e seguirlo. Signor Presidente, Le ho appena descritto come è nata in me l'idea di questo scritto. Ho pensato che mi sarebbe piaciuto parlare con Lei e che, in tal caso, Le avrei parlato delle difficoltà che un disabile incontra nella propria giornata quotidianamente. Se potessi, Le direi che "quotidianamente", per un disabile, significa dover programmare non solo giorno per giorno, ma ora per ora, minuto per minuto, secondo per secondo - e non in circostanze episodiche - tutte le azioni della propria vita. Le parlerei delle difficoltà di un disabile visivo - non perché quelle degli altri disabili siano meno pesanti - ma perché sono quelle che meglio conosco. Le racconterei ad esempio che, fin dal mattino, al risveglio, inizia il suo esercizio di memoria, dovendo ricordare gli abbinamenti dei colori da fare per non andare in giro con accostamenti ridicoli. Le direi che deve dipendere costantemente dagli altri, anche per le cose più banali: risalire ad uno scontrino che si ritrova nelle tasche, sapere cosa sia quel foglietto trovato per terra nel salotto di casa, leggere una lettera appena arrivata, conoscere il contenuto di un avviso affisso nell'androne del proprio condominio, capire su quale canale è sintonizzato il televisore, seguire un film in cui le scene si susseguano senza dialogo. Vede Presidente, sono azioni banali, ma provi Lei a pensare di doversi confrontare con esse per tutti gli istanti della sua vita! Le direi che, essendo un essere umano, anche il disabile ha bisogno di nutrirsi! Allora si organizza per andare in un supermercato a fare provviste. Anche in questo caso, si fa presto a dirlo, ma poi, metterlo in atto è tutt'altra cosa. Deve raggiungerlo, il supermercato, con le auto parcheggiate sui marciapiedi, deve superare ostacoli mobili e fissi che l'imprevidenza altrui dissemina sul suo cammino. Le descriverei l'impossibilità di muoversi all'interno del grande magazzino, l'impossibilità di trovare autonomamente i prodotti desiderati, l'ardua impresa di riportarli da solo a casa. Le parlerei ancora dell'impossibilità di compilare autonomamente un documento, in casa o in un ufficio pubblico; della necessità di preordinare, con un accompagnatore - se lo trova - un qualunque spostamento fuori dal suo ambiente ristretto; di dover rinunciare ad una occasione di divertimento - come ad esempio uno spettacolo teatrale o cinematografico - senza un accompagnatore o se questi, all'ultimo momento, è indisponibile; ma anche a necessità più importanti come sottoporsi ad una visita medica o ad un esame di laboratorio, dovendo dipendere dagli altri per incastrare tempi e date della sanità pubblica con i propri e con quelli di chi dovrà accompagnarlo. Le direi, Signor Presidente... l'elenco potrebbe continuare per pagine e pagine e, mi creda, non si tratta di un'iperbole!; ma lo interrompo perché certamente avrà già compreso il senso del mio dire, anche se un conto è sentirsi raccontare certe cose, un altro è viverle in prima persona. Ora, Signor Presidente, con il decreto cosiddetto "salva Italia", il Suo Governo vuole mettere in discussione quelle provvidenze che, frutto di lotte e sacrifici, costituiscono il mezzo per fronteggiare le difficoltà che sopra Le ho rappresentato, sia pur in minima parte. Tale Decreto vuole mettere in discussione la loro indispensabilità condizionandole a criteri di carattere reddituale e patrimoniale (ISEE) familiare, quando la famiglia già subisce gravi disagi dallo stato di disabilità del congiunto, negandone così la concessione al solo titolo della minorazione, come attualmente avviene. Le direi che mi è difficile credere che Lei possa pensare - o solo avallare - una tale iniquità, che porterebbe due cittadini, o due famiglie di pari reddito a subire trattamenti diversi, dovendo, quella che ha al suo interno un disabile, far fronte alle ulteriori spese per i servizi ad esso destinati. Le direi, inoltre, che ciò implicherebbe la volontà perversa dello Stato di negare ai disabili la possibilità di emancipazione e di crescita privandoli, insieme alle loro famiglie, di un supporto economico indispensabile. Si tratta di provvidenze di alto profilo morale e civile - come ad esempio l'indennità di accompagnamento - che hanno portato il nostro Paese all'avanguardia nel mondo in tema di diritti civili. Non possiamo permetterci di distruggerle di fatto, portando così indietro di oltre mezzo secolo le lancette della storia, a quando cioè la disabilità era un macigno che pesava interamente sulle spalle delle famiglie! Il Paese attraversa una grave crisi economica, i disabili, come cittadini, sono pronti a fare la loro parte di sacrifici, purché ripartiti equamente; ma non possono fare il doppio dei sacrifici richiesti agli altri! Sì, Signor Presidente, il doppio, perché verrebbero a pagare sia come cittadini, sia come disabili, vedendosi privare di quei mezzi economici attraverso i quali oggi possono tentare di far fronte a molte delle difficoltà di cui Le ho parlato. Si tratta di "benefici" che non hanno un valore reddituale, ma tendono a supplire i servizi carenti o inesistenti, in ossequio a quanto sancito dalla Costituzione. Descriverei correttamente l'indennità di accompagnamento come il mezzo che permette in parte la sostenibilità di tanti disagi per un disabile in questa società, e non certo come un benefit. Tutto questo, ed altro, Le direi, Signor Presidente, ma purtroppo non ho modo di farlo. Non mi resta che sperare nella possibilità che Lei, per qualche arcana via della rete, possa leggere questo mio scritto e che, insieme a Lei, lo leggano tanti cittadini i quali, comprendendone a pieno lo spirito, si facciano portavoce verso di Lei ed il Suo Governo, chiedendoLe di non perpetrare quella che sarebbe una grave ingiustizia in una moderna società civile.



Torna alla pagina iniziale della consultazione delle riviste

Oppure effettua una ricerca per:


Scelta Rapida