Logo dell'UIC Logo TUV

Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere dei Ciechi

torna alla visualizzazione del numero 2 del Corriere dei Ciechi

Numero 2 del 2012

Titolo: LAVORO- Missione Lavoro

Autore: Laura Santi


Articolo:
Cinque storie per raccontare altre professioni

Quando la trentenne genovese Chiara Lercaro approdò all'ufficio della Direzione Aeroportuale Enac presso l'aeroporto della sua città, 5 anni fa, non per fare reclami ma per insediarsi nel suo posto di lavoro a tempo indeterminato vinto con concorso, il direttore dell'ufficio rimase di primo acchito spiazzato. Non sapeva che Chiara fosse cieca totale. Dopo una prima reazione disorientata di capo e colleghi, però, fu il direttore che parlò e disse "datemi 15 giorni per organizzarmi", pensando di trovare una collocazione giusta per Chiara. Gli studi giuridici e la consuetudine al PC della ragazza glielo permisero. E così, da allora, Chiara è stabilmente impiegata all'ufficio Enac dell'aeroporto genovese, dove ogni giorno si lavora sulle sanzioni per le infrazioni ai regolamenti UE sui diritti dei passeggeri. Arrivano, alla direzione aeropostuale Enac, tutti i tipi di reclami, più o meno fondati. Richieste di risarcimento per cancellazioni voli, ritardi, overbooking e così via. Il clima fra colleghi è costruttivo. Solo i primi 9 mesi, ricorda Chiara, c'era stata una certa fatica da parte sua, perché le mancavano gli ausilii e i software per la sintesi vocale, tanto che - ricorda - "lavoravo con le demo e tutto il giorno dovevo riavviare il PC ogni 40 minuti, una lentezza". Superati i primi scogli, e soprattutto tranquillizzati capo e colleghi, il nuovo lavoro si è rivelato un bell'ambiente. E Chiara è consapevole di essere stata fortunata, a dispetto della fatica a scuola ancora da ipovedente, a dispetto della pratica da avvocato che non è mai riuscita ad intraprendere, anche per i pregiudizi degli avvocati. Oggi, a 35 anni, la Carta dei Diritti del Passeggero è pane quotidiano per lei. È stata fortunata anche perché il concorso era per legge 68/99, "in fondo la mia disabilità mi ha creato una occasione". Ma di vera fortuna si tratta? Forse, più che di fortuna, o meglio oltre a questa (innegabile), anche la consapevolezza che oggi, i lavori tradizionali per i non vedenti non esistono quasi più. Tramontata l'era del centralinista, massofisioterapista e simili, tramontata l'era dei lavori protetti - e visto poi che nessuno lo è più nell'Italia della recessione - tanto vale buttarsi. E provare. E alla fine, constatare che un altro lavoro è possibile. Ne è fermamente convinto il 31enne romano Alessandro Latini, cieco assoluto che di mestiere fa l'insegnante, mestiere che storicamente è appartenuto alla categoria, ma che Alessandro ha riempito di contenuti nuovi. A parte il curriculum chilometrico, a parte gli svariati corsi di formazione, basta sentirlo raccontare la sua esperienza, a oggi in gran parte con le persone con disabilità. Alessandro infatti è docente di sostegno (di ruolo) all'Istituto Gelasio Caetani, ed è in procinto di passare alle materie per cui è abilitato, le scienze umane (filosofia, psicologia, scienze dell'educazione). Nel frattempo, è in dirittura d'arrivo la tesina di un Master in counseling socioeducativo, iniziato mentre già lavorava alla sua Roma TRE. Alessandro viene da 4 anni di tutoraggio, sempre a Roma TRE, con 250 disabili gravi di diversa natura. Si è specializzato nella relazione d'aiuto e nel seguire i disabili in esami, percorso di studi, relazioni umane, tutto quanto. Conosce bene non solo le disabilità visive, ma quelle motorie e quelle uditive ("ho aiutato una persona sorda a prendere 30 ad un esame" dice orgoglioso, e se si pensa a che mondi distanti siano le due disabilità, c'è da capirlo). Il Master attuale viene quindi al culmine di svariate esperienze nel campo. Al Gelasio Caetani, oggi Alessandro segue per 18 ore a settimana un 15enne cieco, dopo aver seguito una ragazza ipovedente; sulla materia ha una sua precisa idea, che vuole concretizzare in una tesi di intervento didattico per docenti, insegnanti e tiflologi che seguono l'allievo non vedente. Insomma non propriamente l'ultimo arrivato. Eppure, Alessandro vuole arrivare a insegnare le "sue" materie, scienze umane. Non perché il sostegno non gli piaccia. Ma perché vuole mettersi in gioco fino in fondo. Mettersi in gioco, la frase che più ricorre nei suoi discorsi. "Ma ci devono dare la possibilità, di metterci in gioco", polemizza. "Abbandoniamo sì i lavori protetti, ma devono darcela, la possibilità di costruirci una vita normale", sferza contro la politica e il disinteresse per i giovani. Non piangersi addosso e cercare una propria vocazione, qualsiasi essa sia, è anche il motto di Antonino Cotroneo, 26enne di Reggio Calabria. E sì che c'è poco da piangersi addosso, se si è musicisti classici e si vuole vivere di musica. Antonino ci sta provando, è ancora agli inizi e pragmaticamente non disdegna una carriera che sia sostenuta dalla didattica, su cui già ora è attivo: non si vive di soli concerti, in Italia. "Ma questo non offusca i miei obiettivi". Una famiglia appassionata di musica, un amico di famiglia violoncellista nell'infanzia, un buon background insomma, poi l'iscrizione al Conservatorio e Antonino sperimenta che gli spartiti, da ipovedente, riesce a leggerseli da solo o al più con ingranditore apposito. Pianista classico, oggi Antonino, memore degli sforzi fatti da giovanissimo, si è montato il monitor di un pc sopra la tastiera e gli spartiti se li vede in pdf, invertendo i colori. Naturalmente l'iPad è nelle sue prossime mire di acquisti. Antonino da concertista classico è tuttora emergente, ma conta già all'attivo parecchi concorsi vinti (primo premio al Concorso Internazionale di Santa Maria di Leuca nel 2005, primo premio al festival di Barcellona Pozzo di Gotto, Messina, nel 2006, vinto con la Seconda Ballata di Chopin in sol maggiore). Si fa apprezzare già in concerti per piano solo importanti, come il festival "Le Altre Note" a Bormio, il Mozarteum di Salisburgo, più tappe in varie città e conservatori. Oggi, studiando composizione, Tonino si apre alla musica moderna, con un progetto per duo piano-basso tuba e un repertorio originale. E soprattutto, fa molta didattica come docente privato, con lezioni individuali (anche ad allievi non vedenti) e imminenti gruppi di didattica mista piano-percussioni. Di carne al fuoco ce n'è parecchia, anche se ancora, mantenersi è dura. "Consigli ai miei coetanei non vedenti? Seguire le proprie esigenze interiori. Farsi condizionare dai percorsi obbligati ti limita, e ti limita ancor più se sei disabile". Non si è certo posto dei limiti il 41enne genovese Matteo Bagnara, cieco totale da 19 anni, impiegato nel settore "Investor Relations" del gruppo Erg Spa. Semmai i limiti - ai percorsi di carriera, alla mobilità verticale - li pone un Paese ancora troppo distante dall'Europa quanto a pari opportunità, lamenta. Un Paese dove le leggi anti-discriminazione, di fatto, non sono applicate. C'è qualcuno però che, come in tutte le realtà, aziende comprese, dimostra più coraggio degli altri. E quel qualcuno fu il direttore delle HR di Erg Italia, quando Matteo - studi brillanti da economista, inserito nell'Albo promotori finanziari dopo aver superato, tra i pochissimi non vedenti, l'esame Consob richiesto - fu da lui contattato per gestire in Erg le relazioni con investitori e analisti finanziari. Dopo due contratti a tempo determinato, oggi Matteo è a tempo indeterminato nella Spa: undici anni a gestire piccoli e grandi investitori, consulenze e pubbliche relazioni con gli analisti finanziari. Pochi sanno che Matteo è cieco assoluto, ma solo perché il suo lavoro è fatto moltissimo di relazioni non visuali, a distanza. Gli analisti finanziari che lo incontrano all'"Investor Day" a Milano, invece, lo sanno eccome. Problemi di comunicazione non esistono, dato che Matteo ha sempre con sè l'auricolare per la sintesi vocale, perlopiù poi in inglese fluente. Problemi di pregiudizi nemmeno, in un settore, quello della finanza, dove la competenza tecnica e relazionale conta più di tutto. "Mi piace, il mio lavoro, e devo ringraziare quel direttore delle HR che 11 anni fa credette in me". La strada è comunque lastricata di molti sforzi per conquistare la fiducia del gruppo, e poca mobilità verticale. Ma il bilancio è nettamente positivo. Percorsi di vita diversi, dove la disabilità visiva è stata un componente in un mix di fortuna, contesto familiare e sociale, incontri, occasioni, mercato del lavoro, abilità personali. Per esempio, il 37enne Fabio Baldoni deve moltissimo, sono le sue parole, al fatto di essere nato in un piccolo paese, Castel Ritaldi (vicino a Spoleto, in Umbria). "Il senso di normalità che ho vissuto nel mio paese, anche se sono cieco dalla nascita, mi ha sempre accompagnato. La dimensione umana, la serenità, l'andare sul motorino seduto dietro agli amici senza che nessuno ti dica nulla, e la gente che ti saluta. Nessuno della famiglia per questo mi ha mai spinto verso i lavori cosiddetti protetti". E così Fabio ha coltivato studi e passioni. Senza una sola volta ricorrere alle quote di riserva, Fabio in meno di dieci anni ha fatto carriera nella pubblica amministrazione. E oggi è Viceprefetto aggiunto della Provincia di Perugia. Studi giuridici e pratica forense, fatta già pensando che l'avvocatura non sarebbe stata la sua professione, la carriera in magistratura o prefettizia era il suo vero obiettivo. Il primo concorso all'Agenzia delle Entrate, come funzionario locale a Spoleto, nel 2003. Il lavoro svolto con la pazienza certosina di passare tutte le pratiche a scanner, mai e poi mai chiedendo un'assistenza. Vari concorsi vinti per incarichi di rilievo, finché Fabio non entra in graduatoria per la carriera prefettizia e viene chiamato a Roma dalla Scuola Superiore del Ministero dell'Interno. A Roma Fabio sperimenta la fatica della sua cecità: il caos, le strade, la metropoli, anche se impara ad orientarsi nei corridoi-giungla del Ministero dell'Interno. Dopo due anni intensi, arriva la promozione, poi si libera un posto a Perugia e Fabio rientra da Roma. Oggi ci sono pochi minuti a piedi per lui da percorrere in Piazza Italia, da casa fino al palazzo della Prefettura, mentre anni fa c'era Roma. E per un incarico del suo livello, "qualsiasi pregiudizio, che pure ci può essere, si neutralizza con l'intelligenza e con la pratica, solo operando nei contesti di lavoro, giorno dopo giorno, non chiedendo di essere assistiti, dando tempo alle persone di superare le loro paure". Può sembrare un caso eccezionale, ma non lo è. Ci pensa Fabio, che da Castel Ritaldi al Ministero dell'Interno non ha perso la sua umiltà, a dare un consiglio ai giovani molto 'normale' e pragmatico: "Percorrere la via che ci si sente di percorrere. Cercare di capire quello che si vuole prima di tutto, e poi buttarsi. Il tutto sempre condito da un sano realismo, questo sì".



Torna alla pagina iniziale della consultazione delle riviste

Oppure effettua una ricerca per:


Scelta Rapida