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Corriere dei Ciechi

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Numero 9 del 2012

Titolo: ITALIA- I mercati non ci salveranno

Autore: Redazionale


Articolo:
Equità, responsabilità e solidarietà per un altro sviluppo. L'appello del Forum del Terzo Settore
La crisi economica, sociale e culturale che stiamo attraversando, ben lungi dal terminare, sta oggi facendoci conoscere una recrudescenza che chiarisce meglio di ogni analisi teorica la connotazione strutturale del passaggio che stiamo vivendo. Non solo non ripartono i consumi, né si riduce il rischio per la tenuta di imprese e persino di stati sovrani, ma aumenta ogni giorno l'insicurezza, la paura del domani, talvolta persino la disperazione di chi non vede la via d'uscita dalla situazione drammatica in cui è piombato. Non solo i tagli alla spesa pubblica e gli aumenti nel prelievo fiscale, ma anche e soprattutto l'incapacità di scorgere un obiettivo comune, rendono sempre più debole la politica nell'affrontare le sue responsabilità. In questo quadro da quattro anni - cioè dall'inizio della crisi - governo e forze politiche, non solo in Italia ma in tutta l'Unione Europea, hanno puntato con decisione alla sola riduzione della spesa pubblica, ma senza avere l'ambizione e il coraggio di prospettare una vera uscita dai problemi. Anzi, si è avuta la netta impressione che ci si illuda di poter uscire dalla crisi uguali a come ci si è entrati, ancora con un modello economico iperliberista, forse solo un poco più controllato dagli Stati. La coesione sociale, lo sviluppo dei territori, la cura dei beni comuni, la ripresa della partecipazione dei cittadini sono obiettivi percorribili che non sono stati presi in considerazione. La società italiana e le persone più deboli ne pagano le conseguenze, così come anche il Terzo Settore, fino al punto di non poter più garantire il suo apporto. Basti pensare a cosa è stato fatto - o non fatto - in questi anni: - Il taglio ai fondi per le Politiche sociali, passate da oltre 2,5 mld€ del 2008 ai soli 179 mln€ nel 2011, unica vera risorsa per il welfare sussidiario; - Il taglio ai fondi per l'assistenza, l'integrazione degli immigrati, l'infanzia, il servizio civile (per citarne solo alcuni) piccole ma strategiche risorse per mantenere la coesione sociale in tempi di impoverimento delle famiglie; - La continua crescita della tassazione sulle persone fisiche e sul lavoro, senza un equivalente o maggiore aggravio sui redditi da capitale, con conseguente ulteriore allargamento della forbice della ricchezza nel Paese; - La chiusura dell'Agenzia per il Terzo Settore, unico soggetto istituzionale che aveva nella propria mission la promozione dell'associazionismo, del volontariato, della cooperazione sociale; - Il mancato sostegno all'impresa sociale - vera possibilità di rinnovamento dell'economia - e la contestuale riduzione di agevolazioni alla cooperazione; - La mancata stabilizzazione del 5X1000, unico strumento di sussidiarietà fiscale, e l'assenza di alcun provvedimento per garantire il Terzo Settore a fronte delle gravi inadempienze nel saldare il dovuto da parte delle PA. Sono solo alcuni aspetti che ci indicano che equità, solidarietà e responsabilità (intesa come impegno per la sussidiarietà e la partecipazione) non sono stati considerati importanti per il futuro del Paese. Eppure l'Italia ha risorse per uscire dalla crisi: la coesione sociale presente nei differenti territori, la disponibilità all'impegno solidale e gratuito dell'azione volontaria di milioni di cittadini organizzati in migliaia di associazioni; la forza innovativa di giovani, donne, famiglie che oggi continuano a scommettere sul futuro. Sono tutti fattori che creano fiducia, precondizione per ogni sviluppo. Qui il Terzo Settore gioca la sua parte svolgendo il ruolo di "cemento" della società. È qui che occorre investire. È giunto il momento di chiedere una svolta. Non saranno i mercati, né le banche a salvarci, ma la nostra capacità di costruire un nuovo modello di sviluppo ambientalmente sostenibile, basato sulla crescita qualitativa piuttosto che quantitativa, ancorato ai territori, fondato sulla responsabilità diffusa di istituzioni, imprese e cittadini. Per questo chiediamo al governo e alle forze politiche di impegnarsi per un nuovo Patto sociale per: - Ridurre la povertà e la disuguaglianza che oggi lacerano il Paese e mettono a repentaglio la sua unità. L'equità, giustamente evocata nei mesi scorsi, deve tradursi in provvedimenti coerenti e coraggiosi, capaci di ridare speranza e risorse ai cittadini e spingere nuovamente all'investimento sul lavoro e l'innovazione. - Riformare e non smantellare il welfare, che non può più essere inteso come strumento accessorio degli Stati, ma fine cui tendere per garantire ai cittadini benessere e mettere ciascuno nella condizione di essere autenticamente protagonista del proprio percorso di vita, come vuole la nostra Costituzione all'art. 3, 2° comma. - Attuare il principio di sussidiarietà, promuovendo in ogni modo la partecipazione dei cittadini, singoli e associati, nella determinazione e costruzione di nuove modalità di impegno civico, nella prospettiva non di una riduzione, ma di un allargamento dello "spazio" pubblico, attraverso il concorso di soggetti privati al perseguimento di fini di interesse generale, come prevede la Costituzione all'art. 118, ultimo comma. Il Terzo Settore è pronto a fare la sua parte in questo disegno, a promuovere cittadinanza e a sviluppare innovazione e buona occupazione - come ha fatto in questi anni - ma attende segnali politici che non possono più tardare. Si abbia coraggio, si dia fiducia all'Italia e agli italiani.



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