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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere dei Ciechi

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Numero 9 del 2012

Titolo: RUBRICHE- Sibemolle

Autore: a cura di Flavio Vezzosi


Articolo:
Festival che passione!
Dall'Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno... (per dirla con il poeta) durante l'estate è tutto un fiorire di festival. Non c'è piazza o cortile, paese o borgo che non si presti ad accogliere qual si voglia spettacolo, recital, concerto, performance, video-installazione o altro, che non sia ascrivibile ad un festival. Teatro, danza, musica, cinema, poesia, tutto è buono purché si faccia un festival. Rassegne e sagre, mostre e pubbliche esibizioni possono essere inglobate in uno standard non meglio definito chiamato festival. L'obiettivo dichiarato è quello di esibire arte e artisti per richiamare pubblico; ma forse si potrebbe essere più onesti se si dicesse che è piuttosto la voglia di inventarsi una scusa per attrarre gente e quindi di muovere un po' di turismo, che il più delle volte è molto occasionale. Il risultato più frequentemente raggiunto è quello di confondere lo spettatore con mille proposte, tra le quali è spesso difficilissimo isolare e scegliere quella più originale, meno vista e degna dunque di essere apprezzata. Il senso originario del concetto di festival doveva essere la creazione di un contesto di spettacolo, costituito in prevalenza da eventi inediti, non visti fino a quel momento. In Italia nel campo del teatro, della musica, del cinema e della danza possiamo vantare una lunga storia di festival unici, che attraevano grandi pubblici di appassionati. Tra i più noti: il Festival dei Due Mondi di Spoleto, il Festival del Cinema di Venezia, la Biennale d'Arte di Venezia, Umbria Jazz, solo per citarne alcuni. Poi è scoppiata la grande moda festivaliera e, soprattutto negli anni Novanta, tutti, (istituzioni locali, associazioni e proloco) si sono cimentati nell'avventura spesso improvvisata di organizzare appunto un festival. Festival ad ogni costo! Nel vero senso della parola; cioè senza alcun pudore, qualsiasi ipotesi era sembrata percorribile e realizzabile, magari nella piazza del paese per un paio di sere d'estate. E adesso? Come si fa se c'è la crisi? Niente soldi, niente festival. Non è proprio così. Forse ora il motto più azzeccato potrebbe essere: "si salvi chi può!". Chi riesce ancora a trovare le risorse economiche ed umane può continuare ad organizzare il suo festival. Scatta dunque una sorta di selezione naturale, anche se a questo punto il criterio discriminante per la fattibilità o meno di un festival non è necessariamente il valore artistico-culturale, ma quello economico. Ovvero: se trovi i soldi, allora puoi riuscire ad organizzare il tuo festival. E il pubblico come si regola? La gente è confusa. Ancora la spesa può fare la differenza; cioè se l'ingresso è libero, il pubblico è quasi sempre assicurato. Con buona pace degli amanti dell'arte di qualità. Ad onor del vero bisogna registrare la tenuta dei grandi festival del calibro di quelli sopra citati, che continuano ad avere successo e fanno quasi sempre il tutto esaurito. Tempi bui anche per l'arte e per gli artisti che storicamente non sono mai stati (ed ora meno che mai lo sono) una categoria di lavoratori pienamente riconosciuti ed apprezzati, tanto da essere tutelati. Andiamo pure a goderci qualche bella serata estiva sotto le stelle, magari assistendo ad una bella rappresentazione, evitando, se possibile le inutili enfatizzazioni di chi non sa resistere alla "voglia di festival".



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