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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere dei Ciechi

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Numero 10 del 2012

Titolo: SPORT- Sei storie dal villaggio

Autore: Eduardo Lubrano


Articolo:
L’importante è che ora che le luci della Paralimpiade di Londra si sono spente, non venga meno anche l'attenzione sugli atleti, i veri protagonisti delle due settimane di sport. L'Italia in particolare che da questa Paralimpiade ha riportato grandi successi, deve fare in modo che non restino casi isolati. Delle 28 medaglie vinte a Londra dalla spedizione azzurra ne dobbiamo ascrivere otto agli atleti non vedenti: partiti in sei per la capitale inglese sono tornati a casa con 4 medaglie d'oro, 1 d'argento e 3 di bronzo, più un quinto ed un decimo posto. Un racconto del genere non può che cominciare con l'atleta che ha vinto quattro medaglie: Cecilia Camellini, 2 ori e 2 bronzi nel nuoto. 20 anni, di Formigine, un paese della provincia di Modena, cieca dalla nascita: "Da bambina - dice Cecilia - volevo fare le stesse cose che facevano gli altri, a costo di ammazzarmi. Poi ho realizzato qualcosa ed ho costretto i miei genitori a leggermi favole su favole, e un po' alla volta ho trovato il mio equilibrio grazie anche all'acqua, al nuoto. All'inizio per me era un gioco, un modo di esprimere le mie emozioni, di stare con gli amici. Poi crescendo è diventato tutt'altro, voglia di vincere, di mettersi in competizione. Adesso la soddisfazione è grande perché dopo i tanti sacrifici, gli allenamenti di tutti i giorni, le medaglie mi restituiscono la gioia di esprimere me stessa. Certo, da piccola sentivo anche la rabbia perché pensavo dentro di me che i non vedenti non hanno idee. È un rischio, ti chiudi, non parli con nessuno. Lo sport invece mi ha aiutato a evitarlo, io voglio conoscere gli altri, ed è anche per questo che mi sono iscritta a psicologia. Voglio rimestare nella testa degli altri e un giorno vorrei essere io ad aiutare gli atleti che attraversano periodi bui". La foto della sua estate paralimpica? È quella che le hanno scattato alla stazione della metro londinese di Stratford dove lei spinge la carrozzina del suo fidanzato Francesco Bettella, nuotatore paraplegico pluriprimatista italiano. E quando parla delle sue quattro medaglie attribuisce "la colpa" a Michael Phelps: perché è lui che mi ha abituata all'idea che tutto si può fare. Ed i record del mondo sono arrivati perché io in acqua sono aggressiva e non voglio che nessuno mi superi e quando sento un'avversaria vicina raddoppio gli sforzi". Poi c'è la storia di Ivano Pizzi, nato in Canada da una famiglia abruzzese che si era trasferita laggiù in cerca di fortuna. Un soffio gli nega l'oro, nel ciclismo in tandem col fratello, nella gara a cronometro, per due secondi gli tocca l'argento, ma nella gara su strada arriva l'oro. "E questa medaglia ci ripaga di tutta la sfortuna che abbiamo avuto sia nella gara precedente che in altre che stavamo per vincere e poi abbiamo perso per un dettaglio" grida prima di salire sul podio Ivano. "La testardaggine tutta abruzzese ci ha portato a questa vittoria nonostante avessimo bucato pure oggi. Sono troppo contento, l'oro paralimpico è la più grande soddisfazione di tutta la mia carriera". E ci sono le storie delle due predestinate. La prima, solo per l'ordine alfabetico imposto dal cognome, è quella di Assunta Legnante, e che può essere introdotta da una sua battuta, tipica dello spirito napoletano che lei incarna perfettamente: "Non ho mai visto una gara di atleti non vedenti. E credo che non ne vedrò mai una". Dopo l'ottavo posto nella gara del lancio del disco a Londra, parlando della sua gara, quella del lancio del peso, ha gridato: "Se non vinco l'oro nel peso faccio un casino...". E conquista il primato. I bookmaker avevano ritirato le scommesse su di lei tanto erano tutti sicuri della vittoria. Ma quel record mondiale annesso, no, non se l'aspettava nessuno. "Quest'oro lo devo a tante persone - ha detto la Legnante dopo la vittoria - alla mia famiglia, al mio compagno, al mio allenatore ed a mia mamma scomparsa da poco, alla quale avevo promesso di vincere. Devo ancora scoprire cosa il mio corpo mi consente di fare, quella di oggi è una nuova Assunta". L'altra predestinata è Annalisa Minetti. Almeno secondo il medico del reparto di neonatologia dell'ospedale di Rho dove è nata nel 1976: disse alla mamma che quella bambina sarebbe sicuramente diventata una cantante di successo perché lui non aveva mai sentito una neonata strillare così forte. Mai predizione fu più veritiera. Certo la vita ha chiesto ad Annalisa una grande prova di carattere ma le ha dato tante soddisfazioni. Se si pensa che nel 1996 le diagnosticano una retinite pigmentosa e una degenerazione maculare che progressivamente l'hanno resa ipovedente, si può capire come gli ostacoli l'abbiano fortificata invece di avvilirla. Annalisa è una donna bellissima: ha partecipato a Miss Italia nel 1997, dove vinse il riconoscimento per le gambe più belle del concorso. E con la sua voce ha vinto il Festival di Sanremo nel 1998 sia nella categoria nuove proposte sia tra i big ed ha al suo attivo tante tournèe e tante canzoni di successo. E poi si è dedicata all'atletica leggera. Gli 800 metri sono la sua vera passione ma non fanno parte del programma paralimpico, così a Londra ha corso i 1500 metri: terza in assoluto, medaglia di bronzo, ma prima tra i non vedenti con record del mondo della categoria. "È stato molto bello. Voglio dire che tutto è possibile ed io in parte ne sono la dimostrazione. In questi mesi, come in tutta la mia vita, ho avuto una compagna che si chiama sofferenza. Ma la gioia di partecipare ad una Paralimpiade e di vincere una medaglia l'hanno fatta passare in secondo piano. È una medaglia che ricorderò per tutta la vita e che racconterò ai miei figli (ne ha già uno, Fabio, ndr) ed ai miei nipoti". Infine le storie dei due atleti che pur non avendo vinto medaglie hanno comunque fatto una Paralimpiade di livello. Magari non proprio come si aspettava Andrea Cionna, marchigiano di Osimo, classe 1968, cieco dall'età di 21 anni, due bronzi ad Atene nel 2004 e già campione del mondo di Maratona nel 2002, ed ancora primatista mondiale sulla distanza nella categoria non vedenti: a Londra è arrivato decimo. Era partito Andrea per giocarsi la vittoria insieme ad altri 5 o 6 atleti. "Ma devo aver sbagliato qualcosa nella preparazione perché ho fatto fatica da subito e mi sono trovato immediatamente fuori dal gruppo di testa. Peccato, ma ho quattro anni per prepararmi per Rio de Janeiro, voglio esserci, voglio fare la mia quarta Paralimpiade. Perché per me l'atletica è tutto, attraverso lo sport si riescono a superare disabilità gravi come la mia". Per chiudere in bellezza, il quinto posto nel canottaggio, 4 con, di Florinda Trombetta, milanese di 32 anni. Approdata alle gare di canottaggio solo da due anni, Florinda, che è cieca da quando aveva 20 anni, è diventata subito una delle atlete di punta della nostra squadra dell'adaptive rowing come si chiama il canottaggio paralimpico. "Per me "sentire" la barca scivolare nell'acqua è unica. Sono arrivata ai remi dopo aver fatto tanti altri sport e ne sono rimasta subito conquistata. Nella mia vita, per superare gli ostacoli che la mia disabilità mi crea cerco di usare creatività, inventiva, forza fisica e chiedo aiuto agli altri". Alla fine vien voglia di chiedersi: ma cos'è la disabilità nello sport?



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